104, il dipendente “infingardo” va licenziato
17 Marzo 2019Cassazione: chi usa per scopi personali i permessi retribuiti contemplati nella vigente normativa può andare incontro alla perdita del posto di lavoro.
La Suprema Corte con Ordinanza recante numero 4670 del 18 febbraio 2019 ha affrontato il tema del licenziamento di un dipendente che invece di impiegare i permessi di cui alla legge 104, al fine di assistere un familiare malato, li impiegava per svolgere attività strettamente personali, confermando, in tal modo, il principio che una simile condotta sia idonea a ledere definitivamente il vincolo fiduciario, indispensabile alla prosecuzione del rapporto di lavoro.
In pratica, la Corte ha ritenuto legittimo il controllo operato da parte del datore di lavoro durante i periodi di sospensione del rapporto, al fine di consentire allo stesso di prendere conoscenza di comportamenti del lavoratore che siano rilevanti sotto il profilo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto stesso, che permane nonostante la sospensione.
Nello specifico, la Corte ha ritenuto che i controlli demandati dal datore di lavoro ad agenzie investigative, riguardanti l’attività lavorativa del prestatore, svolta anche al di fuori dei locali aziendali, non sono preclusi ai sensi degli articoli 2 e 3 dello Statuto dei lavoratori, laddove non riguardino l’adempimento della prestazione lavorativa, ma siano finalizzati a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti o integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo.
Si è precisato che le agenzie investigative, per operare lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata, dall’articolo 3 della Statuto dei lavoratori, direttamente al datore di lavoro ed ai suoi collaboratori, restando giustificato l’intervento in questione non solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche, in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione.
A tale attività da parte del datore di lavoro non osta né il principio di buona fede né tanto meno il divieto di cui all’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, ben potendo esso decidere autonomamente come e quando compiere il controllo, anche occulto, essendo il prestatore d’opera tenuto ad operare diligentemente per tutto il corso del rapporto di lavoro.
La Corte di Cassazione, in particolare, ha ritenuto legittimo tale controllo durante i periodi di sospensione del rapporto al fine di consentire al datore di lavoro di prendere conoscenza dei comportamenti del lavoratore, che, pur estranei allo svolgimento dell’attività lavorativa, siano rilevanti sotto il profilo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro, che permane nonostante la sospensione.
Sulla base di tali principi, pertanto, la Corte ha ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che aveva utilizzato i permessi di cui alla legge 104 non per accudire il proprio familiare malato bensì per svolgere attività personali.