28 luglio, la Giornata mondiale delle epatiti
28 Luglio 2020In questi ultimi mesi per fronteggiare il Covid-19 sono state lasciate indietro terapie e prevenzione di tante patologie, mettendo anche in discussione quanto fatto dall’Italia nell’eliminazione dell’Epatite C.
Oggi, 28 luglio, come ogni anno, si celebra la Giornata mondiale delle epatiti promossa dall’Oms. Un’occasione importante per fare il punto sulla lotta a questi altri virus, ben conosciuti da oltre 30 anni e potenzialmente curabili. Quest’anno il contesto è mutato e gran parte dell’umanità è impegnata nella lotta alla pandemia da Sars-Cov-2.
L’attenzione dei clinici è come sempre rivolta alle Epatiti B e C che possono avere effetti particolarmente gravi, talvolta letali, e vengono considerate una minaccia per la salute pubblica, in quanto se cronicizzano, provocano complicanze nel tempo anche fatali come la cirrosi e il tumore epatico. Tuttavia, l’epatite B può essere prevenuta con il vaccino e l’epatite C curata con farmaci efficaci e risolutivi. Per questo l’Oms ha fissato l’obiettivo di eliminazione dell’Epatite C entro il 2030, un risultato forse ancora possibile soprattutto grazie all’innovazione garantita dai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAA), che permettono di eradicare il virus in maniera definitiva, in tempi rapidi e senza effetti collaterali.
Gli sforzi di questi ultimi mesi per fronteggiare il Covid-19 hanno lasciato indietro terapie, prevenzione e diagnostica di tante patologie, mettendo anche in discussione quanto fatto dall’Italia nell’eliminazione dell’Epatite C. Per recuperare l’attenzione sul tema, in occasione della Giornata Mondiale delle Epatiti, istituzioni, società scientifiche, specialisti, associazioni dei pazienti, mondo dell’impresa hanno organizzato una Tavola Rotonda, organizzata da Aristea, con il contributo non condizionato di Gilead Sciences, dal titolo “HBV e HCV. Quale ruolo potrà ricoprire l’Italia? Tra cronaca, attualità e aggiornamento, ipotesi e aspettative concrete di politica sanitaria e ricerca medico scientifica”, che sarà trasmessa in diretta streaming lunedì 27 luglio dalle 11 alle 13. Parteciperanno, assieme a diversi giornalisti d settore, l’onorevole Fabio Massimo Castaldo – vicepresidente Parlamento Europeo; il senatore Pierpaolo Sileri – vice ministro salute; il professor Giovanni Rezza – direttore Prevenzione Ministero Salute; la dottoressa Loreta Kondili – ricercatore medico, Centro Nazionale per la Salute Globale, Istituto Superiore di Sanità; il professor Massimo Andreoni – direttore scientifico Simit, professore ordinario di Malattie Infettive, Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”; il professor Sergio Babudieri, direttore scientifico SIMSPe; il professor Antonio Craxì – professore ordinario Gastroenterologia, Università degli Studi di Palermo; il professor Massimo Galli – past president Simit, professore ordinario Malattie Infettive, Università degli Studi di Milano, Asst Fatebenefratelli Sacco, Milano; il dottor Ignazio Grattagliano – coordinatore Simg Puglia; il dottor Ivan Gardini – presidente EpaC Onlus; modera il dottor Daniel Della Seta – giornalista scientifico.
Prima del lockdown, l’Italia aveva discrete possibilità di perseguire l’obiettivo posto dall’Oms di eliminazione dell’Epatite C entro il 2030, pur avendo già un serio problema, rappresentato dalla riduzione di accessi alla terapia con farmaci ad azione diretta dovuta alla mancata azione per l’emersione del “sommerso”, valutato ancora in centinaia di migliaia di persone, a cui si aggiungono i soggetti che, pur consapevoli del loro stato infetto, non hanno ancora potuto o voluto accedere alle terapie. “Riprendere il processo di eradicazione dell’Epatite C significa non solo riprendere l’attività di assistenza, ma anche l’impegno volto a favorire l’emersione del sommerso e la veicolazione al trattamento delle persone con infezione attiva da HCV – sottolinea il professor Massimo Galli – dopo una riduzione di oltre il 90% durante il lockdown, i trattamenti stentano ancora a riprendere con il ritmo precedente, nonostante siano passati quasi 3 mesi dal 4 maggio, considerato l’inizio della Fase 2. Inoltre, la stagione estiva non è favorevole a una rapida ripresa: il personale sanitario è molto provato da quanto accaduto in questi mesi e, in previsione anche di un autunno non facile, dovrà pure prendersi una pausa. Bisogna lavorare affinché si riparta in autunno, abbinando anche un’azione incisiva per la ricerca del sommerso”.
“L’obiettivo dell’Oms è ancora raggiungibile – dichiara il viceministro della salute Pierpaolo Sileri – l’Italia è tra i Paesi che finora ha fatto meglio e siamo anche diventati un esempio per altri. Dobbiamo perseguire un importante margine di miglioramento: l’applicazione di una diagnostica più ampia per trovare il sommerso. Solo così potremo diventare un modello d’eccellenza e un vero e proprio faro per gli altri”.
“L’epatite C è un classico esempio di come la ricerca abbia potuto fare tantissimo per sconfiggere una piaga cronica – ha aggiunto il professor Giovanni Rezza – per far emergere il “sommerso” dobbiamo studiare a fondo le cosiddette Key Populations, le popolazioni speciali, quali detenuti, tossicodipendenti, migranti, che risultano maggiormente colpite. Il 2030 è vicino e la recente emergenza ha rallentato i progressi realizzati, ma stiamo lavorando affinché gli impegni avviati vengano presto ripresi”.
La Giornata del 28 luglio fornisce lo spunto per affrontare anche la situazione relativa alle altre epatiti. La pandemia, infatti, ha colpito ogni ambito e ha reso meno efficienti anche gli interventi di trattamento e, forse, l’estensione delle procedure vaccinali per l’Epatite B. Per combattere questa malattia è disponibile anzitutto un efficace vaccino, a cui si aggiungono discreti strumenti terapeutici. “Bisogna continuare a garantire un’ampia copertura vaccinale, risollevando gli interventi dopo il colpo subito dal sistema sanitario con la pandemia – spiega il professor Galli – e riallacciare i rapporti con i pazienti, che spesso sono in terapia cronica con antivirali, garantendo il mantenimento in cura”.
Se HCV e HBV rappresentano minacce incombenti e su cui è necessario un impegno profondo e immediato, gli specialisti mantengono alta l’attenzione anche sulle Epatiti A ed E. Dal 1 gennaio al 31 dicembre 2019 il Seieva – il Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute coordinato dall’Istituto superiore di sanità – ha registrato una riduzione dell’incidenza dell’epatite A rispetto al 2018. Anche i primi approcci di quest’anno rilevano l’assenza di recrudescenza per questa malattia, che, peraltro, non cronicizza mai.
Anche l’Epatite E è una malattia virale acuta, generalmente autolimitante e molto raramente soggetta a cronicizzazione, con caratteristiche cliniche simili a quelle dell’epatite A. Si stima che 1/3 della popolazione mondiale sia stata esposta al virus e che ogni anno 20 milioni di persone acquisiscano l’infezione, con almeno 600 mila decessi ogni anno. In Italia, negli anni 2007-2018 si è assistito ad un trend in continuo aumento dei casi di epatite E segnalati al Seieva. Nel corso del 2019 si è raggiunto un vero e proprio picco con un numero di casi raddoppiato rispetto all’anno precedente (98 casi rispetto ai 49 del 2018). Questo incremento costituisce un campanello d’allarme e impone un monitoraggio attento dell’andamento nei prossimi mesi. “Il virus dell’Epatite E sta acquisendo nuova importanza: è esagerato definirla una minaccia, ma la malattia si sta dimostrando meritevole di attenzione. Recentemente un ceppo di questo virus tipico dei ratti si è dimostrato in grado di causare almeno una decina di infezioni nell’uomo in Hong Kong, un ulteriore segnale, come se ne mancassero, che lo scrigno di Pandora è sempre colmo e pronto a riservar sorprese”, conclude il professor Galli.