La storia, un susseguirsi di inaudite violenze
16 Dicembre 2023Mi chiedo se questo secolo sia un tempo meno ingannevole e violento di quello che lo ha preceduto e se la radice di tanta violenza trovi la giustificazione nel male che alberga, in tutti noi, in quell’inconscio profondo e misterioso che trasuda e tenta di superare buonsenso e coscienza. Un peccato d’origine esiliò Adamo ed Eva dall’Eden e diventò parte nel nostro Dna.
La storia è un susseguirsi di inaudite violenze. Eppure, credevamo che una società consapevole e inorridita da tanto male, da tante guerre e persecuzioni avrebbe sviluppato gli anticorpi necessari per evitare o, per lo meno, contenere storie drammatiche, fatti di cronaca che strisciano come un vento malefico sotto le porte delle nostre case.
Sociologi, psicologi, giornalisti, attori e moralisti, politici e lacchè, tuttologi discutono sul palcoscenico multimediale in un vortice di interpretazioni e soluzioni che si intrecciano, si sovrappongono, s’incazzano ma alla fine l’uomo è materia fragile e il cervello è il labirinto di Cnosso dove tutti siamo alla ricerca del filo di Arianna per raggiungere la via d’uscita, la conoscenza di noi (γνῶθι σαυτόν). L’alterità, la diversità, la vulnerabilità sono occasioni, molto spesso, di assassinio, negazione, una lotta all’ultimo coltello con un nemico reale o immaginario secondo stagioni e convenienze. Gli ebrei furono deportati su carri bestiame per un viaggio senza ritorno, Sacco e Vanzetti, italiani emigrati, furono giustiziati contro ogni giustizia, gli armeni perseguitati, i palestinesi e gli ebrei figli di una terra senza pace mentre, in casa nostra, si sussegue il martirologio di genere.
È la storia che si ripete.
La violenza è un fenomeno senza giustificazione. La carie che sega le buone intenzioni. Fa della via diritta, la curva di un campo di calcio, zona franca dove vedi il crepuscolo della civiltà e dove è supportato l’odio verbale e fisico: Vesuvio lavali tu! Lo stadio di Heysel fu testimone della morte di 39 persone e 600 feriti travolti in una danza macabra dagli hooligans inglesi. Di violenza vive la fragilità di una buona parte dei nostri giovani, un fascino attrattivo da postare sulle pagine del web come un modello, una trasgressione, una bandiera in cerca di proseliti. Comportamenti estremi oltre ogni regola, oltre il dover preservare la propria vita e quella degli altri: opportunità mutilata… La violenza trae istinto da facili compromessi, da un cerimoniale che con espressione di circostanza è succube delle regole dell’audience e della spettacolarizzazione. Diluisce in mille rivoli e opinioni la gravità del fenomeno proiettato come generiche bravate, di un “io non io” perché alcolizzato e drogato, figlio di una società malata, infermità mentali, responsabilità genitoriali.
Il relativismo accredita tutto ciò che è debole, senza morale o logica. Se sul crinale dei “lumi” non c’è Dio (nel senso non strettamente confessionale) tutto è permesso come afferma Dostoevskij.