Alessia Ameri: “Amare ciò che si fa è il vero input per andare avanti”
19 Febbraio 2024La fase pandemica più acuta sembra essere ormai alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha vissuto, come vive, come ha affrontato e come affronta questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio ed il disagio legato alle severe misure restrittive?
Il COVID è stato come un fulmine a ciel sereno e ha colto tutti impreparati. Io nel 2020 giocavo in A1, la massima serie nazionale, e ricordo che c’era grande incertezza su come si poteva gestire la situazione finché poi non è precipitata nella prima settimana di Marzo. Noi fino all’ultimo abbiamo provato a giocare ed effettivamente la nostra ultima trasferta di una partita mai giocata fu proprio a Bergamo, epicentro della pandemia. Ricordo ancora che tornammo in un aereo semi deserto e giunta a destinazione provai un senso di paura e di sconforto perché stavo cominciando a realizzare quanto grave stesse diventando la situazione. Quando venne chiuso tutto ed anche lo sport si fermò ho vissuto mesi di perplessità e timori… il futuro sembrava non avere prospettive rosee. Ho continuato ad allenarmi in casa, cercando di non perdere la mia condizione fisica ma era molto complicato perché non avevi date certe a cui fare riferimento. Le 2 stagioni successive sono state condizionate dalla minaccia pandemica e ricordo le grandi restrizioni che hanno minato la serenità di tutti i campionati. Per le atlete il rischio infortuni è stato molto alto perché il Covid ti impediva continuità negli allenamenti e poi aveva effetti molto debilitanti. Io ero molto spaventata dal rischio contagio e ho cercato di usare tutte le accortezze del caso, uscendo di casa l’indispensabile ed evitando situazioni rischiose. Mettere continuamente la mascherina è stata dura ma imprescindibile, inoltre mi sono aiutata anche rafforzando il mio sistema immunitario con integratori e alimenti ad hoc, tipo quelli ricchi di vitamina C. In palestra ho aumentato gli esercizi preventivi per una maggiore serenità, garantendo al mio tono muscolare sempre le giuste sollecitazioni. Diciamo che questa pandemia mi ha spinto verso un regime più rigoroso dentro e fuori il campo. Solo così mi sono salvaguardata e ho potuto gestire meglio ogni forma di rischio.
Insieme alle restrizioni i tentennamenti del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto a quello, cosiddetto, minore. Cosa è successo, in particolare, nella sua disciplina?
Il problema principale che ho potuto riscontrare è stato un cambiamento continuo dei regolamenti, probabilmente non dipeso dalla sola volontà politica ma anche dai diversi scenari che andavano a delinearsi. La cosa triste è stata l’attenzione garantita quasi esclusivamente ai campionati di serie A, mentre per le categorie inferiori tutto lasciato troppo allo sbando ed alcuni campionati nemmeno fatti disputare. Per esempio il campionato di B1 si è giocato praticamente in soli 3 mesi sostanziali. Ancora peggio è andato al settore delle giovanili, lasciato completamente fermo e quindi creando poi dei gap in fatto di giocatori/giocatrici che non ci saranno come ricambio futuro per un paio di annate. Insomma una situazione troppo trascurata ai piani bassi che però avrà sicuramente conseguenze anche per le maggiori categorie. Dopotutto si parte dal basso per arrivare in alto.
Chi è stato a spingerla all’attività agonistica? O si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni?
La pallavolo, come dice mia madre, è qualcosa che probabilmente ho nel sangue. Da molto piccola mi sono ritrovata con un pallone fra le mani e ho cominciato a divertirmi colpendolo con i gesti tipici della pallavolo. Poi il famoso cartone animato giapponese, Mila & Shiro, ha fatto il resto perché mi ha appassionato ulteriormente ad un gioco che sarebbe diventato un punto fermo della mia vita. Curiosamente mi sono ritrovata a giocare per strada fino a quasi 17 anni proprio perché credevo che la pallavolo si limitasse ai soli contesti scolastici, successivamente mia sorella mi ha indirizzata verso una società sportiva vera e propria e da lì è stata una scalata che mi ha portata fino alla vetta più alta, la serie A1.
Al di là delle doti personali e delle attitudini, quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?
La mia esperienza personale credo sia l’emblema del valore che la forza di volontà possa avere nel raggiungimento dei propri traguardi sportivi. La determinazione e l’impegno costante mi hanno consentito di farmi largo in un contesto dove, molte volte, i destini sono già scritti. La mia fisicità, tra l’altro, non giocava a mio favore e ho dovuto lavorare maggiormente per arrivare ai livelli prefissati. Non mi sono mai arresa, anche dinanzi ad ostacoli apparentemente insormontabili. Credo che la voglia di realizzare un sogno abbinata ad una buona dose di talento (necessaria altrimenti non si avrebbero certi esiti) siano stati il connubio vincente per la mia carriera sportiva.
Se dovesse dare qualche “consiglio utile” ai ragazzi che si avvicinano alla sua specialità, cosa suggerirebbe?
In termini generali è difficile dare un consiglio secco e preciso. Una cosa è certa: amare molto quello che si fa è il vero input per andare avanti e riuscire a raggiungere obiettivi importanti. La pallavolo, come tutti gli sport, richiedono impegno e disciplina. Inoltre bisogna essere propensi al sacrificio perché ne verranno richiesti tanti. Non bisogna demordere dinanzi alle prime difficoltà ma cercare di trovare sempre il modo per superarle, anche facendo tesoro dei consigli di chi può aiutarci come un allenatore o un compagno/a di squadra con maggiore esperienza. Oggigiorno c’è poca umiltà, ecco direi che quella non andrebbe mai persa se si vuole avere un percorso sportivo longevo e di rilievo. Entrare in palestra con “tanta fame” di imparare e fare bene può portarci su livelli di gioco inaspettati e ci potrà fare togliere non poche soddisfazioni. Io ne sono un esempio.