Al Cardarelli il Centro nazionale talassemici
23 Giugno 2019Anemia Mediterranea: nel nosocomio collinare viene attivato il primo centro campano della rete nazionale Miot (Myocardial Iron Overload in Thalassemia).
Un freno tangibile al nomadismo sanitario. Ai pazienti campani talassemici, infatti, viene offerta la possibilità di completare il Percorso diagnostico terapeutico assistenziale con prestazioni di qualità. Per il commissario straordinario del Cardarelli, Anna Iervolino si tratta di «una risposta concreta ai nostri pazienti che si traduce anche in un risparmio per la Regione Campania di 100.000 euro l’anno».
Un risparmio per le casse pubbliche di 100.000 euro l’anno, ma soprattutto la fine della migrazione sanitaria per i pazienti talassemici troppo spesso costretti ad andare fuori regione – in strutture specializzate – per essere inseriti in programmi di valutazione dei depositi di ferro negli organi. Disagi oggi cancellati grazie al lavoro del primo centro di Risonanza Magnetica in Campania della rete Miot per la diagnosi e la cura dei soggetti affetti da Anemia Mediterranea. Il centro fa parte della struttura Complessa di Radiologia Generale e di PS, diretta da Luigia Romano. L’Unita operativa semplice dipartimentale Malattie rare del globulo rosso (diretta da Aldo Filosa) segue 200 pazienti talassemici dipendenti da trasfusioni continue, 140 pazienti con talassemia intermedia e 40 pazienti con drepanocitosi o microdrepanocitosi.
«L’impegno del Cardarelli e dei professionisti che animano quest’azienda è massimo in tutti i campi», dice il Commissario Anna Iervolino. «L’apertura del centro Miot al Cardarelli è stata possibile grazie ad un finanziamento regionale (obiettivi di piano 2018-2019) che ha permesso di sostenere i costi della validazione del centro e dei periodici controlli di qualità, nonché i costi per la formazione del Team dei Radiologi e dei Tecnici di Radiologia. «Sono fiera di ricordare che il Cardarelli – conclude Iervolino – è un punto di riferimento per molti pazienti affetti da Anemia Mediterranea, pazienti che per vivere hanno bisogno di continue trasfusioni di sangue. A questi pazienti, in linea con la ferma intenzione del presidente Vincenzo De Luca di realizzare una sanità che sia sempre più votata all’eccellenza, noi offriamo una risposta vera e completa. Una risposta che si traduce in qualità di vita per i pazienti e per le loro famiglie e in un risparmio».
Le trasfusioni necessarie a chi soffre di Anemia Mediterranea hanno infatti come effetto collaterale l’accumulo di ferro nel cuore e in altri organi come il fegato ed il pancreas con conseguenti complicanze quali problemi cardiaci (prima causa di morte delle persone adulte affette da questa patologia). Fino ai primi anni 2000 la quantità del ferro nel cuore non poteva essere quantificata e quindi i farmaci specifici per la chelazione del ferro venivano somministrati sulla base di parametri indiretti quali la ferritina sierica, dimostratasi oggi non correlare con l’accumulo di ferro nel cuore.