Alimentazione e tumore del colon
19 Giugno 2019“Abbiamo bruciato in circa un decennio il grosso vantaggio in termini di minore incidenza che avevamo rispetto agli italiani del Nord, proprio per il tumori del tratto gastro-intestinale”.
L’articolo pubblicato su questa stessa testata, dal titolo “In aumento il cancro del colon fra gli under 50”, mette in risalto una dato tristemente noto ai pazienti oncologici campani: una mortalità più elevata della media nazionale, a fronte di una incidenza di patologia simile o anche più bassa.
Per affrontare con giudizio ed equilibrio questo delicato argomento, dovremmo innanzitutto riconoscere quanto sono cambiati negli ultimi 40 anni i nostri stili di vita. Nel 1980 l’aspettativa di vita di un italiano alla nascita era di 73,94 anni, nel 2016 di 82,54. Abbiamo guadagnato circa 10 anni di vita in più in meno di 40 anni. Questa importante “conquista” è legata a diversi fattori, tra cui molti progressi nel campo della ricerca farmacologica e clinica, sia per quanto riguarda la cura, che la prevenzione, in aggiunta ad un più diffuso ed equamente distribuito benessere socio-economico. Ciò non di meno, di pari passo, si sono diffusi stili di vita non propriamente virtuosi, accentuando pratiche di sedentarietà ed alimentazione sbilanciata.
“Cosa e come mangiamo” è certo un punto molto dolente per noi campani. Benché possessori del grande patrimonio culturale e culinario, rappresentato dalla cosiddetta “dieta mediterranea”, abbiamo bruciato in circa un decennio il grosso vantaggio in termini di minore incidenza che avevamo rispetto agli italiani del Nord, proprio per il tumori del tratto gastro-intestinale. Purtroppo abbiamo introdotto nella nostra dieta ed in quella dei nostri figli, cibi e bevande del tutto estranei alle nostre tradizioni, ricchi di grassi, zuccheri ed additivi di incerta salubrità. Tutto ciò è impietosamente dimostrato dal primato di bambini obesi, e dall’incremento eccessivo delle diverse forme di diabete, che possediamo in Campania. Ricerche recenti “mostrano” come il rischio di ammalarsi di cancro aumenti molto sensibilmente, nelle persone affette da diabete o inclini al sovrappeso.
Nella nostra regione, insistono purtroppo diverse criticità di “sistema” socio-sanitario, con pesanti conseguenze sugli out-come di sopravvivenza e qualità della vita per i cittadini. Dati inequivocabili sulle cause “antropiche” di insorgenza di molte patologie, non li abbiamo, e forse non li avremo mai.
Abbiamo però una sanità regionale il cui divario con quella di alcune regioni del centro-nord, aumenta inesorabilmente, ed un insano progetto Nazionale di remunerare i Servizi sanitari regionali, non per quelli che sono i bisogni oggettivi delle persone, ma premiando visioni imprenditoriali più orientate al profitto che al benessere collettivo. Come delegato regionale di FAVO (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia), preferisco lanciare un appello a tutti coloro che responsabilmente si impegnano nel quotidiano, per rendere meno dolorosa la vita dei malati di cancro. Fino ad oggi abbiamo in tanti, perseguito un identico obiettivo, ma percorrendo strade diverse, a volte molto distanti tra loro. Per risalire la china dobbiamo imparare invece ad essere membri di un net-work, ognuno portatore della sua esperienza e competenza, senza presunzioni di possedere, chi più chi meno, verità assolute o superiorità accademiche. Portare la percentuale delle persone guarite dal cancro dall’attuale 28%, al 70%, è una battaglia che possiamo vincere solo lavorando insieme.
*Delegato regionale FAVO