Alla clinica San Michele, la cardiochirurgia d’eccellenza
2 Giugno 2020La riduzione della migrazione sanitaria verso il Nord a causa dell’emergenza determinata dal Covid19 ha permesso di apprezzare ancora di più la sanità campana.
Interventi in mininvasiva, trattamenti all’avanguardia, metodiche innovative soprattutto quando non è possibile intervenire mediante le procedure tradizionali. È quanto avviene nell’Unità Operativa di Cardiologia e Cardiochirurgia della Casa di Cura “San Michele” di Maddaloni (CE), tra i pochi Centri italiani con la qualifica di Alta Specialità del Cuore e dei Vasi. Per approfondire le novità in questo ambito e conoscere le tecniche che danno maggiore sicurezza sotto l’aspetto dell’invasività e del rischio per il paziente, abbiamo intervistato il dottor Antonio De Bellis, responsabile del reparto di Cardiochirurgia della Casa di Cura maddalonese.
In ambito cardiochirurgico, l’Alta specialità del cuore e dei vasi della “San Michele” è centro di riferimento per la diagnosi, cura e ricerca nel campo delle malattiecardiologiche e cardiochirurgiche. Qual è la ricetta per ottenere tutto ciò?
Credo che occorra riferirsi alle best practices, all’investimento in risorse umane e tecnologiche ma anche alla competenza e la professionalità di tutti gli operatori sanitari. Questo significa curare le persone e non solo la malattia. La ricerca continua di pratiche chirurgiche meno traumatiche migliora sicuramente la qualità di vita del paziente nel pre e nel post operatorio.
Sul piano dei risultati, l’Alta specialità del cuore e dei vasi della Clinica maddalonese rimane tra i centri con bassi indici di mortalità a trenta giorni…
È così, ed è un dato clinico che ci rende orgogliosi, soprattutto, se si considera che molte procedure vengono effettuate in regime di urgenza o emergenza.
Per tutte le patologie mitraliche, aortiche e coronariche i cardiochirurghi della Clinica da lei coordinati sono in grado di effettuare questi interventi in mininvasiva. Cosa vuol dire in particolare?
La chirurgia mininvasiva è una tecnica che permette di effettuare interventi chirurgici praticando un accesso di piccole dimensioni e con l’ausilio di telecamere e strumentario dedicato, arrivare al cuore evitando la sternotomia. La mininvasività ha la medesima finalità degli interventi chirurgici tradizionali, ma è molto meno cruenta. Ne consegue una riduzione del sanguinamento, un minor rischio delle infezioni, una netta diminuzione del dolore postoperatorio e dei tempi di recupero del paziente.
Quale impatto ha avuto la sala ibrida nella pratica quotidiana?
Ha permesso di avere un approccio multidisciplinare e multifunzionale, di integrare le diverse figure professionali e di farle lavorare sullo stesso paziente contemporaneamente. Ci permette di eseguire interventi cardiovascolari d’avanguardia e di integrare interventi di chirurgia tradizionale e/o di chirurgia mininvasiva con metodiche di emodinamica all’interno dello stesso ambiente operatorio.
Esportare tecnologie cardiochirurgiche e anestesiologiche: l’anno scorso c’è stato uno scambio tra specialisti della San Michele e del Montenegro. Come è andata a finire questa collaborazione professionale internazionale?
Si è trattato di un importantissimo progetto internazionale di scambio tra professionisti del settore medico messo in atto con l’intento di esportare nel Paese balcanico il know-how e l’innovazione a 360° della “San Michele” e di costruire un ponte che potesse far collaborare da vicino i professori montenegrini con quelli della Casa di Cura di Maddaloni, per il miglioramento del livello di sanità pubblica in Montenegro. Presso il nostro centro pratichiamo tutti gli interventi di Cardiochirurgia in particolare, fiore all’occhiello, è la mini invasiva mitralica videoassistita e la rivascolarizzazione miocardica a cuore battente. Quest’ultima permette di confezionare il by pass aorto-coronarico senza l’ausilio della circolazione extracorporea. Queste metodiche chirurgiche, ormai consolidate presso il nostro Centro, hanno spinto il dr. Aleksandar Mugoša (presidente dell’Ordine Medici del Montenegro e primario del reparto di Cardiochirurgia del Centro clinico di Podgorica) a trascorrere un periodo di formazione e crescita professionale con la finalità di introdurre nel Paese balcanico le innovazioni acquisite.
Oggi stiamo convivendo con il Covid-19. Cosa ha comportato questa malattia virale di così estremo impatto sull’attività ordinaria?
Si è verificata una netta riduzione dei casi da trattare per il timore dei pazienti stessi di accettare qualsiasi forma di ricovero in strutture ospedaliere in genere. Dal nostro punto di vista abbiamo immediatamente creato dei percorsi e aree di ricovero suddivisi al fine dipoter operare in sicurezza i pazienti con più immediata necessità. È innegabile, inoltre, che la netta riduzione della migrazione sanitaria verso le regioni del nord ha permesso a molti pazienti di apprezzare la sanità campana. Di questo triste periodo però bisogna anche dire che senza dubbio alla mortalità da Covid-19 si deve aggiungere quella dei pazienti non trattati, perché non hanno voluto per lungo tempo accedere alle strutture ospedaliere.