Alzheimer, 700mila malati e 15mld l’anno di costi
17 Luglio 2023Sono circa 700mila le persone in Italia affette da Alzheimer, una forma di demenza che costa circa 15,6 miliardi di euro l’anno, l’80% dei quali sostenuti direttamente dai pazienti e dalle loro famiglie. Sono questi alcuni dei dati emersi nel corso del convegno ‘Alzheimer e neuroscienze: una priorità per il Paese’, presso la Camera dei deputati. L’incontro segue la nascita dell’Intergruppo Parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer. “L’obiettivo principale è accendere una luce su queste patologie, non solo per l’incremento che si è registrato come conseguenza dell’aumento dell’età demografica nel nostro Paese, ma per tutti gli effetti che comportano queste patologie non solo sul paziente ma anche sui familiari”, ha affermato Annarita Patriarca, deputata e co-promotrice dell’Intergruppo parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer, a margine dell’evento. “Cercheremo di intervenire sull’organizzazione delle reti territoriali, sull’organizzazione della diagnostica, sulla formazione di un sistema regolatorio che sia in grado di sostenere l’impatto dei nuovi farmaci che arriveranno, sulla formare dei medici di medicina generale che devono essere coloro che ci permettono di arrivare ai pazienti quando la malattia è in stadio precoce”, ha aggiunto Beatrice Lorenzin, senatrice e co-promotrice dell’Intergruppo parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer.
In Italia, si stimano oggi circa 1.200.000 casi di demenza, con un aumento di quasi 150 mila diagnosi ogni anno e con un tasso di crescita destinato ad aumentare significativamente a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. L’ Alzheimer rappresenta la terza causa di morte tra gli over 65 in Europa occidentale a seguito di complicanze legate allo sviluppo della malattia e una delle principali cause di disabilità nella popolazione over 60 a livello mondiale. Questi dati impongono la necessità urgente di promuovere una forte sinergia tra i principali attori coinvolti: clinici, pazienti, istituzioni e industria. È necessario favorire una migliore presa in carico del paziente, a partire dalla diagnosi precoce della malattia, seguita da un approccio personalizzato e il rafforzamento di una rete integrata di assistenza sanitaria presente sul territorio, che faciliti l’accesso alle prestazioni, alla continuità assistenziale, e allo sviluppo di percorsi clinici e di ricerca comuni. “Servono 7 miliardi in più, in modo strutturale, per il Fondo sanitario nazionale, per portarlo stabilmente sopra il 7% del Pil”, afferma Lorenzin. “Il ministro ha detto che mancano 3 miliardi. Io penso che ne servano 7 per fare qualcosa di più coraggioso sui contratti e mantenere attrattivo il nostro sistema e poi per avere anche le risorse per riformare il sistema di programmazione e prevenzione. Infine, bisogna capire che esiste un tema relativo all’accesso alle nuove terapie che dobbiamo essere in grado di erogare nello stesso modo su tutto al territorio nazionale”, ha concluso la senatrice.
“È fondamentale che avvenga una forte presa di coscienza da parte delle Istituzioni circa la necessità di considerare queste patologie come un problema primario di sanità pubblica, affrontando i temi più critici in modo strutturale. Ci concentreremo quindi – prosegue Patriarca – sull’interlocuzione con le istituzioni nazionali e regionali, il mondo accademico e scientifico, al fine di promuovere soluzioni normative e regolatorie per garantire una diagnosi precoce e accurata, un’assistenza efficace e integrata dei pazienti affetti da Alzheimer e da altre patologie neurodegenerative e neuroimmunologiche, e per supportare la ricerca nell’ambito delle Neuroscienze in Italia”. Anche per l’Alzheimer, come già avvenuto per il cancro, più che un farmaco risolutivo è probabile che in futuro si disporrà di un cocktail di farmaci per controllare la malattia. È l’ipotesi del presidente eletto della Società Italiana di Neurologia Alessandro Padovani, a margine del convegno. “Da trent’anni si lavora su farmaci anti-amiloide e negli ultimi anni è più evidente che lavorare su questo meccanismo può essere una strada per rallentare o stoppare malattia, se presa molto in anticipo”, spiega Padovani. Uno di questi farmaci nei giorni scorsi ha ricevuto l’approvazione definitiva da parte della Fda americana. “Io, però, non credo che sarà solo questa la terapia per l’Alzheimer”, ha aggiunto il neurologo. “Bisogna tenere conto che ci sono molte persone che non sono curabili con questi farmaci, ma vi sono tante sperimentazioni in atto che mi fanno credere che in futuro ci sarà un cocktail di farmaci che, come avvenuto per il cancro, permetterà di controllare la malattia”. In attesa di nuove terapie efficaci, è importante “non aspettare: ai primi sintomi bisogna sottoporsi a una visita da un geriatra o da un neurologo, per giungere prima possibile a una diagnosi”, ha sottolineato Padovani. “Alla politica, invece, chiediamo che ci sostengano nella realizzazione di una rete assistenziale e sociale che non lasci queste persone a cercare soluzioni che spesso non riescono a trovare”, ha concluso.