Ammessi non ammessi, sfogliando la margherita del concorso al “Vanvitelli”
23 Luglio 2022A detta dei soliti bene informati, di cose strane (si può dire turche? O saremo accusati di razzismo?) ne succedono nei concorsi pubblici. A volte capita persino di ritrovarsi dirigenti sulla base di certificazioni ardite e bypassando le normali prassi concorsuali. Impossibile? Sarà, ma c’è chi giura che queste cose sono capitate e capiteranno ancora. Basta “mettere bene a posto le carte” ed il gioco è fatto.
Noi, tuttavia, restiamo perplessi. Non vogliamo credere a questi chiacchiericci, anche perché siamo troppo ancorati alla prassi consolidata che consente l’ingresso nella Pubblica amministrazione solo attraverso regolari procedure concorsuali. Per la serie: sarà ma non ci credo.
Certo, le anomale eccezioni esistono. Come quelle, ad esempio, per cui tanti figli di vincono concorsi nelle stesse amministrazioni nelle quali possono vantare “nobili genitori”. Embè? Mica si può vietare per legge che i figli di partecipino e magari vincano concorsi nelle stesse amministrazioni dove gli illustri genitori o amanti (qui poi la cosa diventa ancora più difficile da correlare) esercitano non in ruoli secondari?
Eppure, nonostante certe “consuetudini” che in taluni ambienti sembrano sfociare in prassi consolidate, non possiamo non stupirci di fronte a quanto accaduto al concorso bandito dal Policlinico Vanvitelli – è storia dei nostri giorni – dove ben dieci candidati “regolarmente ammessi” e dopo aver sostenuto finanche la prova scritta e quella orale, si sono visti “espulsi” per mancanza di requisiti.
La curiosità, si sa, non è da Dio ma questo peccatuccio di voler conoscere i retroscena che hanno ingenerato la singolare prassi noi vogliamo correre il rischio di commetterlo. Cosa è successo? Domanda: ha controllato male prima chi ha ammesso quella decina (svista amministrativa?) o c’è stata una inspiegabile folgorazione interpretativa della norma in corso d’opera?