Andrea Bettucchi, durante questa pandemia è fondamentale preservare lo sport
18 Gennaio 2022La pallavolo è stata ideata come un gioco che potesse essere praticato ,per divertimento ,da tutti e in qualsiasi ambiente . Ancora oggi ,nonostante la pallavolo sia giunta ad essere uno sport olimpico ,spettacolare ,atletico , rimane gioco ricreativo da cortile e da spiaggia ;gioco formativo scolastico ;gioco integrante per la preparazione atletica di tutti gli sportivi .
Oggi parliamo di Covid, sport e salute con un pallavolista che ha giocato nelle massime serie italiane: Andrea Bettucchi.
Cresce nelle giovanili dell’Olympia voltri, approda ad Albisola in serie C e poi B2. Per diverse stagioni gira diverse squadre tra la serie B2 e la serie B. Nella stagione a Novi, giocando da vero protagonista, sfiora la promozione in A2 arrivando ai playoff.
Dopo la ripresa dei campionati si sposta in Piemonte nella Pallavolo La Bollente Acqui, dove gioca tutt’ora e dove ha raggiunto i playoff per la serie A3 lo scorso campionato e il primo posto a fine girone di andata quest’anno.
Come hai vissuto e come affronti la paura della pandemia e il disagio legato alle notevoli misure restrittive che si presentano indispensabili?
Ho vissuto di recente la malattia, fortunatamente in maniera asintomatica. La sensazione attuale di “paura” è sicuramente diversa rispetto ad inizio pandemia: prima, non conoscendone il decorso, si temeva per la salute di ognuno, adesso c’è, forse, più timore di non sapere per quanto ancora dovremo affrontare questa situazione. Indubbiamente, il Covid sta portando tanti disagi sia nella quotidianità, che a livello burocratico e organizzativo.
Le limitazioni che ci vengono imposte, dal banale uso costante della mascherina, al divieto di viaggiare, andare al ristorante, o svolgere liberamente uno sport, stanno provocando stress elevati nella società, alimentati anche dai risvolti in ambito lavorativo che sta avendo la pandemia, soprattutto per le persone che hanno dovuto sospendere o chiudere le proprie attività.
A questo, si aggiunge una grande e generale confusione sulle procedure da attuare in caso di malattia-guarigione e – mi permetto di dire – una cattiva gestione degli enti responsabili.
Personalmente, ho avuto non pochi problemi per comunicare la mia positività, e successivamente ottenere un certificato di guarigione per poter tornare a lavorare, a giocare e a riprendere la mia vita in quella che è “l’attuale normalità”.
Anche nello sport, per chi ha contratto il Covid, sono richieste certificazioni mediche aggiuntive per poter tornare in palestra. Da un lato trovo che sia giusto, vista la malattia, condurre analisi più approfondite sulla ripresa fisica dopo il contagio; dall’altro, la possibilità di scendere in campo dopo pochi giorni è concessa solo a chi può permettersi questo tipo di visite, decisamente più costose di quelle tradizionali.
Giocatori e sportivi di livello agonistico, appartenenti a categorie non professionistiche, o non disposti a spendere tali cifre, dovranno aspettare un mese prima di poter ripetere la visita medica sportiva, sospesa nel momento di segnalata positività, e quindi ottenere nuovamente la certificazione necessaria alla “riabilitazione”. In questo panorama, sicuramente critico, credo comunque che molte limitazioni siano ancora necessarie a preservare la salute di tutti e, in particolare, dei soggetti più a rischio.
La speranza è che, con l’esperienza maturata in questi due anni di pandemia e con l’efficacia dei vaccini, si possa arrivare finalmente ad una soluzione.
Credo che la differenza la faccia il buonsenso di ognuno: se tutti fossero disposti a sacrificare qualcosa rispetto alla vita condotta prima della pandemia, sicuramente la strada verso la risoluzione del problema sarebbe più semplice.
Quanti danni sono stati causati allo sport in generale e nello specifico nel volley le chiusure prima citate e la confusa gestione politica?
Lo sport, come tutti gli altri ambiti, ha subito parecchi cambiamenti a causa del Covid, con danni sia a livello economico per le società, che personale per ogni atleta. L’interruzione dei campionati e degli allenamenti, il non sapere se ci sarà una ripresa, sono tra le cose più difficili che uno sportivo possa affrontare. Ad ogni inizio stagione ci si prepara, fisicamente e psicologicamente, ad affrontare tanti mesi di sacrifici per raggiungere degli obiettivi che, negli ultimi anni, sono stati vanificati da partite cancellate e sospensioni continue. Dopo il primo lockdown, nulla è stato come prima: le tante misure di sicurezza prese, i palazzetti vuoti, il non poter interagire con gli avversari e soprattutto con i compagni, se non sul campo da gioco, hanno trasformato il modo di vivere lo sport di squadra, facendone perdere il vero significato di unione e condivisione.
È proprio quello spirito di sacrificio comune, che tiene unita una squadra, ad insegnarmi quanto sia importante, in questo momento, fare tutti un piccolo passo per tornare a vivere senza più limitazioni.
Credo che questa sia “la mentalità vincente” per trionfare in questa partita.
Quanto valore attribuisci al binomio sport-salute?
Ritengo che lo sport sia fondamentale per la salute fisica e soprattutto mentale.
Dall’inizio della pandemia i ritmi della vita sono cambiati, la sedentarietà è aumentata a causa di quarantene, smart working, coprifuoco e chiusure di locali e ristoranti. La gente, inevitabilmente, esce poco, anche solo per evitare un possibile contagio.
In questa situazione più che mai, penso che lo sport vada preservato, essendo una delle poche valvole di sfogo che ci sono concesse, se pur limitato.
Cosa ti ha dato il volley in termini di crescita personale, sociale e professionale?
Ho praticato sport diversi, sia di squadra, che individuali, e di imparare che ognuno dia emozioni e sensazioni diverse, ma che tutti siano utili per la crescita personale. Qualunque sport, specialmente se praticato fin da piccoli, trasmette dei valori indispensabili per vivere in una società; per citarne alcuni: l’impegno e la dedizione nel raggiungere un obiettivo, le capacità organizzative nel gestire le proprie attività, l’appassionarsi in qualcosa sentendo il bisogno di misurarsi con gli altri, acquisendo consapevolezza di sé, sia a livello fisico che emotivo. La pallavolo, in particolare, mi ha dato e insegnato tantissimo. Ho iniziato a 12 anni, seguendo le orme di mio padre e prendendolo come esempio. Ho avuto la fortuna di giocare e allenarmi con persone più grandi ed esperte, che mi hanno aiutato a crescere e a modellare il mio carattere. Grazie alla pallavolo, ho imparato lo spirito di squadra, a rialzarmi dopo una sconfitta, ma soprattutto la sensazione che dà essere in un gruppo di persone che, pur essendo molto diverse tra loro, collaborano e lottano per uno stesso fine. Ritengo che queste siano cose irrinunciabili e, visto il momento, mi auguro si possa tornare presto alla normalità per permettere ai bambini di oggi di poter crescere con gli stessi privilegi.