Andrea Tarantino, la pandemia va vissuta con spirito di sereno adattamento
6 Marzo 2021Il 27 marzo 2021 potrebbero riaprire i cinema, i teatri e le sale da concerto. L’annuncio, che tanti aspettavano, l’ha dato il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini su Twitter, riportando il confronto con il comitato tecnico scientifico che, dunque, si è detto d’accordo sulla riapertura dei luoghi di cultura e spettacolo pur con due variabili: le “integrazioni ai protocolli di sicurezza” e trovarsi in zona gialla. Non è ancora nero su bianco ma, per la prima volta dall’inizio della pandemia Covid e quindi da oltre un anno, c’è una data.
La riapertura, che coincide con la Giornata mondiale del teatro istituita nel 1962 e celebrata ogni anno, dovrebbe riguardare, secondo quanto riferito da Franceschini, anche l’accesso ai musei, su prenotazione, durante i weekend. Tornando agli spettacoli, tra le misure integrative del protocollo potrebbero esserci i biglietti nominativi e prenotati online (per la certezza del tracciamento), le mascherine Ffp2 da indossare per tutta la durata dello spettacolo (almeno per gli addetti ai lavori, probabile che siano permesse le chirurgiche per gli spettatori), la sanificazione alla fine di ogni rappresentazione e un rigido orario di termine dell’ultimo spettacolo (probabilmente le 22). All’ingresso verrà misurata la temperatura a tutti e sarà vietato consumare cibi e bevande in sala (i “classici” pop corn al cinema) per evitare di abbassare la mascherina.
Di questa lieta prospettiva di riapertura parliamo con un validissimo Direttore d’Orchestra: Andrea Tarantino. Nasce a Siracusa nel 1976 e pochi anni dopo si trasferisce a Napoli. Comincia lo studio del violino a 8 anni, per capriccio praticamente, da bravo Ariete; voleva essere al passo a tutti i costi con sua sorella che studiava prima pianoforte e poi violino. Mai capriccio fu più azzeccato!
Dopo i primi anni un po’ scapestrati e ribelli la musica comincia ad essere il profondo amore della sua vita e assieme agli studi del violino (per un breve tempo in Conservatorio e poi sempre svolti privatamente) comincia lo studio della composizione con Luciano Tomei, al Conservatorio di Napoli. Lo fa perché già da ragazzino sente intimamente l’impulso alla direzione… spesso mette dischi e cd e con la bacchetta del ristorante cinese dà vita improvvisamente alla Royal Albert Hall !!
E, come ci sottolinea più volte, per lui lo studio della composizione è fondamentale per chi vuole intraprendere la carriera da direttore.
Si diploma in violino al Conservatorio di Salerno e nel frattempo comincia lo studio della Viola, amato strumento, conseguendo poco dopo il diploma al Conservatorio di Avellino. Ha la grande fortuna di perfezionarsi, in violino, con il grande Norbert Brainin alla scuola di Musica di Fiesole; l’incontro con un’anima immensa come la sua segna una grande svolta nella sua consapevolezza artistica.
Ben consapevole che un direttore deve conoscere l’orchestra dal suo interno decide di intraprendere la carriera di professore d’orchestra (avviata già dall’inizio con il senso del tempo determinato…) e nel frattempo avvia gli studi di direzione.
Risulta idoneo a molte audizioni sostenute e sino al 2009 ha vissuto in orchestre varie (in particolare quale violista) ultime delle quali la Sinfonica Siciliana di Palermo e l’Orchestra del Teatro Massimo, e Bellini di Catania, dove qualche anno dopo è tornato in veste di direttore.
Conclude intanto gli studi di direzione al Conservatorio di Napoli e si perfeziona a Madrid con George Pehlivanian; da subito spunta in lui l’amore sconfinato per l’Opera Lirica (nato con buona probabilità dall’essere cresciuto tra i vinili di Caruso e della Callas della sua famiglia) cui si dedica sin da subito e che gli regala in Donato Renzetti un incontro decisivo per la sua formazione.
I circa dieci anni di esperienza da professore d’orchestra lo spingono a sentire che è il momento di avviare la nuova strada e, subito dopo il perfezionamento, diviene Direttore Assistente all’Opera Royal de Wallonie di Liegi per una intera stagione.
Da lì poi comincia pian piano la sua carriera debuttando in Bulgaria con “Il Barbiere di Siviglia” e che lo vede dedicato sino ad oggi soprattutto all’opera lirica.
Nel 2017, con il grande bassobaritono Simone Alaimo, fonda a Linguaglossa, delizioso comune etneo, l’ETNAOPERAFESTIVAL che ambisce a essere trampolino di lancio per giovani e talentuosi cantanti e del quale è direttore musicale.
Tra i vari impegni è sino ad oggi stato ospite del Palais des Beaux Arts di Bruxelles, l’Opera Royal de Wallonie di Liegi, il Teatro dell’Opera di Stara Zagora, l’Orchestra Filarmonica di Sliven, Il teatro dell’Opera di Plovdiv e il Teatro Bellini di Catania.
Si è appassionatamente dedicato anche all’attività della composizione, scrivendo le musiche di scena di due lavori teatrali oltre a partiture da camera e sinfoniche, e alla didattica dell’Opera lirica per bambini. Per quest’ultima magnifica attività è responsabile musicale del progetto “Magia dell’Opera” la cui ideatrice, fondatrice e direttrice artistica è Cecilia Gobbi (si… figlia proprio di quel Gobbi!) .
Non ultimo, si è laureato in “Musica, Scienza e Tecnologie del Suono” con la tesi dal titolo “Musica, Scienza e Antroposofia; la realtà eterica degli eventi sensibili” nella quale si dedica allo studio della sostanza sonora come manifestazione para-materica e anti-materica della realtà spirituale dell’uomo.
Come ha vissuto e vive Andrea Tarantino la paura della pandemia ed il notevole disagio legato alle indispensabili misure restrittive?
Mi concedo di riformulare la domanda: come viviamo noi in genere le paure legate alla normale e strutturale fragilità dell’esistenza? In fondo credo che questa sia una domanda che risponde in automatico alla Sua. Il concetto di “paura” è relegato, nei tempi contemporanei, ad un fenomeno da demonizzare, da archiviare a tutti i costi. Ma in tutta sincerità viene da domandarmi perché dunque il Creato ci ha donato l’amigdala… strumento per reagire al pericolo. Il punto è che nell’avanzarsi sempre più dell’era del benessere, il pericolo ha smesso di essere un fattore oggettivo, reale, tangibile e pertanto affrontabile. E di conseguenza anche la paura ha smesso di essere una normale funzione strumentale volta all’affrontare (e sventare o risolvere) il detto pericolo, di qualunque natura esso sia.
Di fatto il nostro organismo ha bisogno costante del ciclo tensione/rilascio, come ben chiaramente descriveva W. Reich nei primi decenni del secolo scorso con “La Teoria dell’Orgasmo” e con la teoria dell’“energia orgonica”.
Ma per far si che questo ciclo abbia naturalmente spazio di sussistere, si presuppone che il soggetto viva in uno stato di consapevole percezione della realtà, ovvero che accolga gli eventi e i fenomeni del cammino quotidiano con la libertà di assumerli quali fatti reali ed elaborabili.
D’altronde, quando si salta dalla sedia perché mentre si scorre Facebook ci si ricorda di avere la pasta in cottura e si teme di averne superato i tempi di cottura, non è paura anche essa? Certo che si. Paura quale “rapporto tra un evento più o meno problematico e il nostro impulso al benessere”.
Quando invece il soggetto, o la comunità, strutturano una compulsiva costrizione al positivismo sfrenato (che a sua volta, ovviamente, genera un soggettivismo altrettanto sfrenato…) il dato reale e relativo al potenziale pericolo cessa di essere percepito come tale; ma l’inconscio, di tutto questo, non vuole saperne nulla, e invia messaggi dal profondo che a galla risultano essere esplosioni emotive mille volte superiori a quanto sarebbe stata la semplice emozione prodotta dallo stesso dato reale.
E dunque, scatta la nevrosi. Prima uno, poi due soggetti, poi una comunità e dunque tante comunità. E si perde la bussola del reale.
Mi spiace aver “ammollato” i lettori con un preambolo tale, ma ritengo fondamentale avere ben cosciente questo concetto per rispondere alla domanda.
Come vivo io alla luce di questo le paure e i disagi di questo assurdo tempo? Come inevitabili fattori reali, e transitori, ai quali adattarsi con umiltà e senso di vitale responsabilità.
Sia ben chiaro, che sia un fenomeno artificiale, che sia naturale, che abbia alle spalle complotti e interessi o che invece stia portando intere comunità scientifiche ad una reale devozione sociale poco mi importa.
Il dato è reale, e questa è una guerra che finirà e che va vissuta con spirito di sereno adattamento, rimanendo comunque saldamente poggiati sui propri desideri e ambizioni.
Forse una delle reazioni più comuni che noto invece, e che di fatto rende più complessa la risoluzione di questo stato, è invece una sorta di “negazione” compulsivamente positivista della situazione di fatto… che, alla fine dei conti, genera in chi la mette in atto tutta una serie di reazioni inconsce e profonde molto più devastanti della semplice presa d’atto.
Dunque, nella pratica non faccio altro che seguire le normali e quotidiane regole di convivenza con questo non tanto gradito ospite… Ma questo nel rispetto della comunità anzitutto.
Poi, non mi togliete una passeggiata o un bagno al mare; giammai!!!
In più, nel mio sfrenato e inguaribile impulso a vedere il bello ovunque, ho utilizzato e utilizzo al meglio questa “intimità” un po’ forzata alla quale tutto questo ci costringe (perché non ho paura di usare questo termine…) per stare un po’ a braccetto con me stesso, coltivarmi, ascoltarmi, e soprattutto dedicarmi allo studio e alla scoperta di nuove partiture.
Credo che accogliere tutto questo significhi essere consapevoli della transitorietà (pur se lunga…) di questo fenomeno e realizzare quell’impulso vitale che qualunque forma di vita sulla terra mostra nel suo corso; il felice adattamento.
E intanto svolgo le attività che ancora si possono svolgere, talvolta in remoto, e progetto e preparo la ripartenza del dopo.
Perché da tutto questo ne usciremo, se vogliamo, con grandi bagagli in più; serviranno e come!
Quanti danni ha arrecato alla Musica ed agli operatori del settore questa nefasta pandemia?
È sotto gli occhi di chiunque che la situazione che il globo intero vive da un anno ha colpito duramente qualsiasi aspetto dell’equilibrio sociale, sia dal punta di vista strutturale e produttivo che sul piano psicologico.
Mi rendo conto che forse ora esprimo un pensiero che potrebbe attirare ire varie, ma è quello che penso e pertanto sarà quello che dico!
Noi siamo, di fatto, particelle di un organismo immenso. Questo è innegabile. Ma sussiste un atteggiamento interiore, compulsivamente positivista e spiccatamente contemporaneo, per il quale l’individuo è in potere e in diritto di esercitare qualunque libera funzione indipendentemente dagli eventi che lo coinvolgono o dalle condizioni in cui si trova.
La cosiddetta sfrenata ricerca dell’eternità onnipotente. E’ una forma nevrotica comunissima, attualmente.
Bene, sotto questa luce la condizione virale smette di essere un fenomeno cui semplicemente adattarsi temporaneamente; essa si trasforma in un’identità invisibile colpevole di essere colei che ricorda a tutti che la libertà è ben altra cosa che il senso di liberismo onnipotente.
La libertà è anche adattamento. La libertà è un processo che dal profondo di sé si irradia nella realtà
E dunque, via agli innumerevoli j’accuse di ogni genere… dimenticando che tutto il genere umano in questo momento è provato da una tempesta inaspettata. Tutto.
Vogliamo parlare degli operatori sanitari? Ma per carità, non ne parliamo nemmeno. I primi in una lista che mano a mano coinvolgerebbe tutti i settori professionali.
Non dimentichiamo che tutto questo ha preso alla sprovvista chiunque, a partire dai corpi governativi stessi. Io non me la sento di fare troppi j’accuse.
Dunque poco mi interessa parlare dei danni; piuttosto è una grande dimostrazione di vitalità la splendida forma di adattamento che il nostro settore ha dimostrato con l’organizzazione di streaming e con la produzione di meravigliosi clip video. Figuriamoci, io sono il primo ad aver perso concerti e produzioni, ma quando parlo con un mio caro amico operatore del 118 il quale oramai da un anno vive ore ed ore al giorno esposto a rischi e si è visto anche decurtare di 1/5 lo stipendio (con restituzione retroattiva, dulcis in fundo), ma di che vogliamo parlare…
La consapevolezza che questo fiume sarà guadato porta a grandi risultati.
La paura interiore di perdere anche solo un briciolo della propria libertà, porta alla stasi. E ora più che mai, invece, dobbiamo prepararci ad essere pronti per una vera ricostruzione.
“Nessun male viene per nuocere”; mai cosa fu più vera.
Ricordo che qualche mese fa, parlando con una amica, dissi che questo stravolgimento improvviso avrebbe portato ad una riforma spontanea degli equilibri oramai marci del nostro settore, in particolare perché la mancanza di trippa per gatti avrebbe inevitabilmente generato, tra i malfattori che si aggirano nel mondo della musica, un accanimento apocalittico in stile “tutti contro tutti”.
Embè, basta leggere le notizie delle ultime ore sulla questione del Teatro Regio di Torino per dare realtà a questo pensiero.
Qualcosa sta cambiando, e a favore di un mondo dell’arte sicuramente più fresco e più pronto.
Una preghiera a tutti gli amici; smettiamola di accusare un nemico invisibile e teniamoci pronti e preparati a dare il nostro contributo per una riforma che da molto tempo desideriamo e che sembrava non arrivasse mai.
Teniamo duro, adattiamoci e coltiviamo idee, freschezza, ottimismo, creatività.
Mi spiace non aver fatto un j’accuse, che è oramai tradizione, ma proprio non riesco! E se proprio lo devo fare, lo faccio verso chi rifiuta il principio vitale dell’adattamento (temporaneo).
Stiamo andando verso una riforma radicale e altamente positiva, e non verso il nulla.
Nella consapevolezza, il veleno si trasforma in farmaco.
Ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere, la musica lo esprime. Victor Hugo. Cosa rappresenta per Lei la Musica?
E come potere mai aggiungere parole a quelle del buon Victor !?
Si, la musica è esattamente quello che “non si può dire e non si può tacere “.
Queste parole in me risvegliano l’immagine chiara di qualcosa “tra le righe”. Quel principio non palesato che ruzzola tra un fenomeno e l’altro… un po’ come il principio dell’antimateria; tutto esiste perché alle spalle del visibile vi è un contro-fenomeno che lo sostiene.
Ecco, la Musica; il contro-fenomeno che sostiene e congiunge gli attimi visibili dell’esistenza. La musica per me è sempre stata un elemento di trasformazione percettiva; luoghi, profumi, persone, eventi, tutto ha sempre avuto un suono reale, un accordo, un costrutto sonoro di qualsivoglia forma.
La Musica, in qualche modo, è la dimostrazione vivente dell’esistenza stessa dell’antimateria… dello Spirito. È una follia, ma in realtà il suono è sostanza che si frappone perfettamente tra la dimensione del percepibile e quella dell’invisibile. Eppure è sostanza tangibile; ma non afferrabile.
La Musica è la rappresentazione vivente dell’anima, e come quest’ultima è di una sostanza costituita da materia sublimata e liberata dalle stringenti leggi della computabilità. È materia liberata. È il retroscena invisibile, eppure percepibile, degli eventi che viviamo troppo spesso da soli spettatori passivi.
Tradurre in musica un fenomeno nel quale siamo coinvolti significa di fatto varcare la soglia della pura rappresentazione, svelare i retroscena invisibili che ne tessono la forma, percepire i Quanti che a velocità incalcolabili si adoperano per proiettare nella realtà un messaggio di una dimensione invisibile.
La Musica è la porta di quell’invisibile che viene troppo spesso sottoposto alle stesse leggi della materia, rendendolo semplicemente ipotetico, immaginario, fantastico… nella migliore delle ipotesi.
Ma l’invisibile è contenuto nello specchio del visibile, e vale la pena conoscerlo e viverlo, perché è proprio in quell’esatto luogo che scorre infinito tra la Materia e lo Spirito che noi esistiamo, nella nostra più autentica realtà.
E lì, in quel luogo vivente, non esiste parola. Esiste Musica. Esistiamo noi.
Buona Musica a tutti e, come dice una mia carissima amica, forza e coraggio che dopo Aprile viene Maggio !!!!
E Maggio, si sa, è il cuore della rinascita.