Andrologi, per gli uomini il rischio perdita di fertilità è reale
7 Maggio 2023Il rischio che la perdita di fertilità maschile diventi un problema irreversibile per la specie umana è reale.
A lanciare l’allarme è la Società Italiana di Andrologia (Sia), secondo cui nel 2070 potrebbe crollare la possibilità per gli uomini di generare figli, se non verranno cambiati gli stili di vita e le condizioni ambientali, ma anche i comportamenti logicamente legati a un calo dei tassi di fertilità, come l’astinenza sessuale, sempre più diffusa tra i giovani e l’aumento dell’età di concepimento (all’Italia spetta il primato del Paese europeo dove il primo figlio si fa più tardi: in media 35 anni per le donne e 40 per gli uomini). Il problema non riguarda solo i Paesi più sviluppati, ma in misura crescente anche il Sud del mondo.
“In appena 40 anni – dichiara Alessandro Palmieri, presidente Sia e Professore Associato di Urologia all’Università Federico II di Napoli – gli uomini occidentali hanno visto calare del 52,4% la concentrazione degli spermatozoi. Una tendenza che vive una discesa inarrestabile ancora più preoccupante per il ripido declino fra il 2000 e il 2018, attestato dalla metanalisi pubblicata a novembre scorso su “Human Reproduction Update. Se infatti dal 1973 al 2000 il calo di concentrazione spermatica è stato dell’1,6% ogni anno, dal 2000 al 2018 la riduzione ha segnato più del doppio, pari al 2,64% per anno – sottolinea Palmieri -. Se il trend continuerà e non verrà arrestato, entro il 2070 si perderà oltre il 40% della fertilità maschile con serissimi pericoli per la procreazione nei Paesi Occidentali, se non cambieremo l’ambiente che ci circonda, le sostanze chimiche a cui siamo esposti e il nostro stile di vita”. Emblematico è il caso dell’Italia dove nel 2022 sono nati poco più di 392.000 bambini. “Se si fanno meno figli la colpa è senz’altro del disagio economico e sociale, ma sul banco degli imputati c’è soprattutto la fertilità maschile. L’obesità, la sedentarietà, l’abitudine al fumo e la diffusione delle malattie sessualmente trasmesse, sono infatti tra le principali cause indiziate di aver determinato il calo degli spermatozoi, a cui vanno aggiunti i cambiamenti climatici e l’inquinamento ambientale”, sottolinea Palmieri.