Ansie e paure, i gravi danni della pandemia sugli adolescenti
28 Settembre 2022Oltre il 40% dei giovani tra i 13 e i 19 anni afferma di sentirsi, spesso o qualche volta, particolarmente ansioso o impaurito. Sono i risultati della sezione incentrata sugli aspetti psicologici e psichici dell’indagine sociologica nazionale “Adolescenza, tra speranze e timori”, realizzata da Laboratorio Adolescenza insieme a Istituto Iard e presentati insieme a LundbeckItalia in previsione del World Mental Health Day, che si celebrerà il 10 ottobre, e il cui tema per il 2022 sarà “Rendere la salute mentale e il benessere di tutti una priorità globale”, evidenziando l’importante ruolo svolto dai governi e da tutte le parti interessate nell’applicazione di misure sociali che consentano di abbattere lo stigma e la discriminazione; elementi che, ancora oggi, continuano a essere una barriera all’inclusione sociale e all’accesso alle giuste cure per molte persone con disturbi mentali.
Condotta tra marzo e maggio 2022 su un campione nazionale rappresentativo di5.721 studenti, l’indagine su abitudini e stili di vita degli adolescenti in Italia analizza da un punto di vista sociologico l’impatto emotivo della pandemia sullo stile di vita dei giovani, avendo come obiettivo quello di: 1) analizzare se si siano verificate variazioni a causa della pandemia nella comparsa di tre aspetti (tristezza, ansia, variabilità d’umore); 2) identificare il livello di prossimità con coetanei che hanno avuto esperienze di autolesionismo, consumo di sostanze e abuso di alcol; 3) fotografare la percezione degli adolescenti nei confronti di problemi psicologici-psichiatrici. Dall’indagine emerge che la maggior parte degli adolescenti si senta frequentemente triste, senza una specifica ragione, soffra di sbalzi d’umore e più del40% ha affermato di sentirsi spesso agitato, particolarmente ansioso o impaurito al punto di avere la percezione di non riuscire a respirare. Disagi complessivamente riscontrati maggiormente dalle ragazze, con una percentuale che superal’80%.Importante osservare anche che il57% degli intervistati ha riscontrato un aumento delle situazioni descritte nel periodo della pandemia. Inoltre, gli adolescenti non sono estranei a situazioni conclamate di disagio: quasi il40% dei giovani conosce un coetaneo che pratica l’autolesionismo, più diffuso tra le ragazze, atto che viene considerato un modo estremo per affrontare situazioni di agitazione, tristezza e tensione. L’indagine ha permesso infine di fotografare come i giovani percepiscano i disagi psicologici-psichici: la maggior parte non li ridimensiona secondo cliché stigmatizzanti, anzi il 58% ritiene che sia importante ricorrere all’aiuto di uno specialista. Tra le cause principali del malessere psicologico i giovani hanno identificato la pandemia (88%), le liti familiari (87%) e la scuola (84%).
«Gli esiti dell’indagine» afferma Maurizio Tucci, presidente Laboratorio Adolescenza «ci consegnano un quadro certamente non confortante, con un aumento, rispetto al passato, dei disagi come ansia e tristezza tra gli adolescenti e una frequenza che va ben oltre l’endemica e naturale presenza di questi fenomeni in un’età comunque complessa. Seppure sia ipotizzabile che nella maggioranza dei casi queste forme di disagio siano destinate a rientrare senza importanti conseguenze, è comunque opportuno non minimizzare a priori queste manifestazioni, derubricandole a caratteristiche dell’età. Genitori, pediatri e insegnanti dovrebbero essere attente sentinelle per cogliere prima possibile eventuali segnali di disagio, con la consapevolezza che gli adolescenti sono spesso bravissimi a dissimularli, ed indirizzare la giovane o il giovane da uno specialista». Nel corso dei lockdown, dovuti alla pandemia Covid-19, i sintomi di depressione e ansia sono raddoppiati rispetto alle stime pre-pandemiche:1 giovane su 4 (il 25,2%) e 1 su 5 (il 20,5%), a livello globale, sta sperimentando rispettivamente sintomi depressivi e d’ansia. In Italia, durante la pandemia, il 16,1% dei pazienti psichiatrici ha tentato il suicidio, mentre l’ideazione suicidaria e l’autolesionismo sono state le ragioni di ricovero nel 31,5% dei pazienti, con un’incidenza elevata soprattutto tra le ragazze.
«L’emergenza psichiatrica – che riguarda ragazzi che stanno effettivamente male – è aumentata notevolmente negli ultimi 10-15 anni» commenta Stefano Vicari, docente di Neuropsichiatria infantile, dipartimento di Scienze della vita e Sanità pubblica, Università Cattolica di Roma e responsabile Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Irccs Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. «Per dare una misura, al Bambino Gesù – che è l’Ospedale pediatrico più grande d’Europa con accessi da tutta Italia – nel 2011 abbiamo realizzato circa 150 consulenze in un anno al pronto soccorso per problemi psichiatrici. Nel 2021 queste consulenze sono diventate 1.824, cioè 11 volte di più. L’emergenza psichiatrica, quindi, non nasce certo con il Covid, che però l’ha amplificata notevolmente». Ci sono dati che lo sottolineano in maniera incontrovertibile – fa notare Vicari. La stessa Unicef un anno fa pubblicava questi dati e ricordava che nel mondo (evidenziando che non è un problema solo dei paesi ricchi occidentali) circa il 40% dei ragazzi convive con la malattia mentale. «Soffermandosi su questo dato, stupisce che non se ne parli ogni giorno e che questa non sia considerata un’emergenza nazionale, perché almeno il 10% dei bambini e almeno il 20% degli adolescenti soffre di un disturbo mentale» afferma. «Le malattie mentali sono cioè i disturbi pediatrici più frequenti in assoluto in Italia, molto più delle malattie infettive. Eppure, non ci sono risorse destinate all’assistenza dei disturbi mentali dell’età evolutiva sul territorio. O comunque molte meno rispetto a quelle destinate ai pazienti adulti». Come detto, poi, riprende Vicari, «il Covid ha amplificato tutto, perché in tutte le fasi in cui una popolazione vive un periodo di stress il rischio di disturbo mentale aumenta notevolmente: la stessa paura di ammalarsi può far ammalare. Inoltre, c’è stato un isolamento forzato, cioè sono venute meno quelle forme di difesa che aiutano la salute mentale e che sono soprattutto le relazioni positive ovvero il fatto di condividere sia in famiglia sia all’esterno momenti empatici particolarmente rilevanti. I genitori nella scuola possono essere promotori di salute mentale nel momento in cui educano i figli a riconoscere le proprie emozioni, a gestire la frustrazione e mantengono una relazione positiva con loro. Per promuovere la salute mentale inoltre occorre inoltre investire nella scuola pubblica e considerare gli insegnanti per il loro ruolo non solo di dispensatori di competenze previste dal programma ma di educatori alle relazioni interpersonali».
«Negli ultimi anni nel mondo si sono verificati, e si continuano a verificare, enormi cambiamenti sociali, a partire dagli effetti della pandemia, delle guerre, degli sfollamenti e dell’emergenza climatica, tutti fattori che inevitabilmente hanno un impatto sul benessere mentale e generale di tante persone. A queste difficoltà si aggiungono spesso le barriere create dallo stigma e dal pregiudizio, che condizionano ulteriormente la qualità di vita delle persone che vivono con disturbi mentali e dei loro cari. È fondamentale che si agisca a più livelli per garantire che il benessere mentale sia sempre una priorità dei governi e della società in generale» commenta Sergio De Filippis, direttore sanitario e scientifico Clinica neuropsichiatrica Villa Von Siebenthal a Genzano di Roma. «La pandemia Covid-19 ha amaramente dimostrato che nessuna nazione era preparata ad affrontare una crisi di sanità pubblica, ma anche di salute mentale, di questa portata» aggiunge Ughetta Radice Fossati, segretario generale Fondazione ProgettoItaca.«Per questo è imperativo che non solo le famiglie vengano sensibilizzate sul tema delle malattie mentali, ma che questo avvenga nell’intera società, per costruire una cultura che permetta da una parte di riconoscerle e affrontarle, dall’altra di favorire l’integrazione delle persone con malattia mentale all’interno di tutta la sfera sociale. L’unico modo per ottenere questo risultato è lavorare insieme, stabilire nuove sinergie tra istituzioni, associazioni, aziende e privati, per creare insieme un nuovo patto per la salute mentale».
È con l’obiettivo di condividere un impegno comune, collaborativo e costante, che Lundbeck Italiaha presentato i progetti che intende promuovere nella seconda metà del 2022,in particolare in vista della Giornata Mondiale della Salute Mentale, per supportare la sempre maggiore integrazione delle persone con patologie mentali, contribuendo al superamento di stigma e pregiudizi. Tra le iniziative avviate: il cortometraggio “Mi Vedete?”, presentato al Giffoni Film Festival 2022e fuori concorso alla79esima Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia, volto a sensibilizzare, informare e creare consapevolezza sulle malattie mentali in età adolescenziale; il concorso “CeoforLife Lundbeck Awards: la salute parte dal cervello”, rivolto a tutte le aziende impegnate in progetti che tutelano e promuovono la salute mentale e il benessere psico-fisico nei contesti lavorativi; il ciclo di appuntamenti “Arte che Cura: la salute parte dal cervello”,realizzati insieme a Bam – Biblioteca degli alberi Milano, focalizzati sul benessere mentale e sull’equilibrio psico-fisico attraverso la pratica di diverse forme d’arte, realizzati con l’obiettivo di diffondere la cultura della consapevolezza, della cura di sé e del raggiungimento del proprio equilibrio psico-fisico.