Antibiotici pediatrici, criticità su prescrizioni e uso appropriato
5 Luglio 2024Gli antibiotici sono tra i farmaci più prescritti nella popolazione pediatrica, soprattutto a livello ambulatoriale, ma, tra i fattori alla base di questa situazione, non c’è solo l’elevata incidenza delle malattie infettive, soprattutto delle alte vie respiratorie, quali per esempio bronchiti, faringotonsilliti, otiti medie acute. Anche la difficoltà a definire con certezza l’eziologia dell’infezione in ambulatorio, la ridotta compliance relativa a somministrazioni giornaliere multiple, le pressioni talvolta esercitate dai genitori sono elementi che possono contribuire a un uso eccessivo degli antibiotici. Per questo, una strategia importante in chiave di appropriatezza prescrittiva e di contrasto all’antibiotico resistenza è l’informazione a tutti i livelli. Ma a emergere, dall’Europa, sono anche iniziative che valorizzano l’apporto operativo di tutti gli operatori sanitari, tra cui i farmacisti.
Antibiotici: troppo prescritti nella popolazione pediatrica
A mettere in luce il fenomeno è Il Rapporto Osmed 2024 sull’uso degli antibiotici. Secondo l’analisi, buona parte delle affezioni respiratorie per le quali viene effettuata una terapia antibiotica ha un’eziologia virale e in genere guarisce spontaneamente entro pochi giorni; per questo motivo le principali linee guida raccomandano, in assenza di segni che orientino per un’eziologia batterica e nei casi che lo consentono, di ritardare di 2-3 giorni (vigile attesa) l’inizio di un’eventuale terapia antibiotica. Tuttavia, anche laddove questa emerga come opportuna, si dovrebbe comunque preferire un farmaco di prima scelta (Access), come ad esempio l’amoxicillina, evitando il più possibile il ricorso ad antibiotici di seconda scelta, come i macrolidi (Watch).
I dati mostrano tuttavia uno scenario diverso: nel corso del 2022, un terzo della popolazione italiana fino ai 13 anni di età (33,7%) ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici, con una media di 2,3 confezioni per ogni bambino trattato, con lievi differenze tra le varie categorie. Tali dati risultano in aumento rispetto al 2021: similmente a quanto osservato per la popolazione generale, in ambito pediatrico si rileva la tendenza a un ritorno alla situazione pre-pandemica. In particolare, si registra un aumento della prevalenza d’uso, che passa dal 23,7% del 2021 al 33,7% del 2022, e un incremento pari al 9,2% del numero di confezioni per bambino. La popolazione pediatrica riceve circa l’8,6% di tutte le confezioni di antibiotici erogate in regime di assistenza convenzionata in Italia.
Dall’approfondimento per classe di età emerge un maggior livello di esposizione nella fascia compresa tra 2 e 5 anni, in cui circa un bambino su due riceve almeno una prescrizione di antibiotici, senza sostanziali differenze tra maschi e femmine. Per quanto riguarda invece le altre classi di età si osserva una prevalenza d’uso inferiore, che oscilla tra il 23% nella fascia 11-13 anni e il 34% nel primo anno di vita del bambino ed è sempre lievemente superiore nei maschi, in particolare nella fascia 0-1 anno (35,7% vs 32,3%).
Tra le criticità rilevate differenze territoriali e tendenza a preferire antibiotici ad ampio spettro
Ma un elemento di criticità rilevato è che si conferma la tendenza a preferire antibiotici ad ampio spettro anche in presenza di alternative efficaci e meno impattanti sulle resistenze. Il rapporto tra antibiotici ampio spettro/spettro ristretto, che risulta in peggioramento nel 2022 (4,8) rispetto al 2021 (4,4) sintetizza bene il livello di inappropriatezza prescrittiva. Le associazioni di penicilline (compresi gli inibitori delle beta-lattamasi) e i macrolidi rappresentano le due classi a maggior prevalenza d’uso (rispettivamente 17,3% e 9,8%), nonostante siano considerate di seconda scelta per il trattamento delle infezioni pediatriche più comuni, seguite da cefalosporine (9,3%). Al contrario, le penicilline, antibiotici di prima scelta per molte delle infezioni pediatriche gestite in ambulatorio, sono utilizzate solo nel 7,4% dei casi (2 confezioni per bambino trattato).
L’uso pediatrico di antibiotici presenta poi una forte eterogeneità territoriale: tra le regioni del Sud e quelle del Nord vi è una differenza nei valori di prevalenza d’uso di antibiotici superiore ai sei punti percentuali (rispettivamente 37,0% e 30,8%), con una maggiore prevalenza in Abruzzo (44,8%), Marche (41,1%), Puglia (39,1%) e Calabria (38%); al contrario, Valle d’Aosta, Bolzano e Veneto registrano i valori più bassi (rispettivamente 22,5%, 23,2% e 25,3%).
Nelle regioni del Sud vi è inoltre un più elevato ricorso sia alle cefalosporine che ai macrolidi (rispettivamente 12,3% e 13,6%), che risulta essere quasi doppio rispetto al Nord (6,8% e 7,2%). La prevalenza d’uso delle cefalosporine, pari a 9,3% a livello nazionale, raggiunge il suo massimo in Sicilia (13,9%); i macrolidi sono invece più utilizzati in Abruzzo (18,6% vs 9,8% della media nazionale).
Urgenti azioni di appropriatezza prescrittiva e di corretto utilizzo anche rispetto a dosi e tempi
I risultati delle analisi mettono quindi in evidenza importanti criticità relative sia all’entità dei consumi, sia alla tipologia degli antibiotici prescritti, soprattutto al Sud dove risulta più urgente implementare azioni di promozione dell’appropriatezza d’uso e di contrasto alla diffusione delle resistenze.
Migliorare l’appropriatezza prescrittiva, oltre ad avere un ritorno immediato a livello individuale legato alla riduzione/prevenzione dei possibili effetti indesiderati causati dalla somministrazione di antibiotici, permette di contrastare la diffusione delle resistenze a livello di popolazione. L’antibiotico-resistenza rappresenta infatti un problema globale con crescente impatto sui sistemi sanitari sia per le conseguenze dirette sulla salute dei pazienti (es. fallimenti terapeutici, prolungamento della durata di malattia/ospedalizzazione, aumento del rischio di complicanze infettive associate alla chirurgia o ad altri interventi sanitari), sia per i costi associati, che potrebbero diventare difficilmente sostenibili nel medio-lungo termine.
Il ruolo emergente dei farmacisti in riferimento al testing
Una delle strategie evidenziate, allora, riguarda la necessità di pianificare interventi di informazione e formazione rivolti in primo luogo ai medici prescrittori, ma un altro soggetto su cui andrebbe rivolta attenzione e sensibilizzazione sono i genitori. È necessario che venga focalizzato il corretto rapporto medico-care giver e compresa la vigile attesa come strumento per la diagnosi differenziale rispetto a infezioni virali che non richiedono l’uso di antibiotici. Inoltre, è indispensabile diffondere consapevolezza sull’importanza del rispetto dei dosaggi e delle modalità di somministrazione, che non sempre sono correttamente applicate. Sempre nell’ambito dell’appropriatezza, l’utilizzo di linee guida e la diffusione di reportistica tra i prescrittori può essere di aiuto.
Intanto, anche in ambito europeo, emergono iniziative che vanno a valorizzare l’apporto a tutti i livelli degli operatori sanitari, tra cui i farmacisti. Sono sempre di più i progetti, su base europea, che vedono i farmacisti come centrali. Per esempio, sono diversi gli stati – messi in luce dall’ultimo rapporto del Pgeu su tema, in via di aggiornamento – in cui sono state avviate iniziative per l’effettuazione di test PCR nelle farmacie da parte dei farmacisti o del tampone per la rilevazione dello streptococco. Di recente, come già segnalato da questa testata, va ricordato il decreto francese, che permette la possibilità ai farmacisti, previa formazione, di dispensare anche medicinali con ricetta a fronte di un test eseguito positivo.