Atto secondo: il dubbio
24 Febbraio 2024Era tempo di Corona-virus… Un appuntamento ossessivo con la statistica, le paure, i fallimenti, le ruberie, il sacrificio della vita per la vita degli altri e del disordine molecolare dei politici alla ricerca del consenso per il potere.
Era novembre del 2019. Ci interrogavamo su qualcosa di grave che stava accadendo. Un passa parola tra medici sul numero crescente di polmoniti tra i pazienti. In mancanza di informazione specifiche, il fenomeno venne attribuito a un’influenza stagionale più aggressiva delle precedenti e che aveva coinvolto un maggior numero di persone. L’influenza ha di queste complicanze. Colpisce in maniera elettiva l’apparato respiratorio. Complica la vita degli anziani e dei soggetti fragili affetti, molto spesso, da concomitanti patologie.
“Puff!”. Inatteso si materializzò il dubbio: comparve il paziente-zero e contammo da zero a…perché morirono in tanti per il Covid 19.
Era tempo di Corona-virus.
Ho Indossato guanti e mascherina. Lavato a lungo le mani adoperando il sapone-killer che emulsiona e uccide i virus e in particolare il terribile pandemico. Le ho guardate a lungo, dopo averle asciugate, ricostruendo le innumerevoli tessere di un mosaico, racchiuse in piccole rughe che testimoniano i segni di un tempo passato troppo in fretta. Tempo di ombra e luce, di fatti reali e immaginari che non riesco, oggi, a definire e mettere in ordine nella loro successione. Mani che non stringono più mani. Mani che chiedevano ad altre mani amicizia e vicinanza. Mani che accarezzavano e lenivano solitudine e dolore.
Allineato dall’evidenza scientifica mi sono vaccinato senza lasciarmi invadere dallo tsunami che ha investito il vaccino contro il Covid. Un vaccino ritenuto un’arma di distruzione e controllo di massa. Sono i no-vax, un esercito di negazionisti agguerrito che trova palcoscenico e risonanza in un nuovo modello di informazione spazzatura.
Tutto ha un principio e per fortuna anche le pandemie, con la dovuta diffidenza e ripetitività, una fine.
È tornata la vita!
È un mattino di primavera, la stagione della luce, dei fiori, del volo radente delle rondini che garriscono e si rincorrono in un cielo sereno che riflette sul mare la solitudine del mondo. Per strada un gruppo di ragazzi gioca a morra cinese, uno strano intreccio di mani. La piazza si è nuovamente animata. I giovani si abbracciano in un rito propiziatorio. Le gocce di flugge sono anime trasparenti che accompagnano le parole senza rinunciare alla loro natura di piccoli cristalli esplosivi capaci di infettare e ammalare. Gli anziani s’incontrano nell’aiuola sotto casa. Non indossano più la mascherina. Sono sdentati. Le gengive senza distanza di sicurezza si toccano e le labbra grinzose sono un rattoppo mal fatto. Li osservo dal balcone di casa. Mi incuriosisco e cerco di ascoltare cosa dicono. Il loro è un parlare confuso, belante. Gesticolano e non si ascoltano. Parlano sovrapponendosi l’uno sull’altro senza mai ingoiare la saliva. Si offendono senza offendersi. Si tolgono la parola vicendevolmente e ha la meglio chi con un “do” di petto intimorisce gli altri.
Un filo di lana rivela la scia bianca di un aereo. Si trasforma in batuffoli di bambagia. Si allarga e scompare dopo aver digerito l’ozono del mondo. La fusoliera argentata si dirige a oriente. Raggiungerà paesi e cieli a me sconosciuti dove si parla una lingua diversa. Forse andrà alla ricerca dell’Eden perduto, dell’isola che non c’è.