Autismo, più sistematicità ma minore empatia
5 Dicembre 2018Una ricerca condotta su 700mila persone, rifacendosi a due teorie precedenti ben conosciute, conferma che le persone affette dalla grave patologia psichiatrica hanno l’attitudine a sistematizzare più alta della media.
Un recente studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha confermato due note teorie di psicologia tra loro correlate: una che ha a che fare con le differenze di genere e l’altra relativa ad alcuni tratti della personalità propri dei disturbi dello spettro autistico.
La prima teoria, definita di empatia e sistematizzazione, ipotizza che nel corso della storia del genere umano abbiano rappresentato un vantaggio evolutivo da un lato l’empatia – la capacità di riconoscere lo stato mentale altrui e rispondere in modo appropriato – per le donne, dall’altro lato la capacità di sistematizzazione – analizzare o costruire un sistema definito da una serie di regole – per gli uomini: pertanto, le donne ottengono in media punteggi più alti nei test di empatia, mentre gli uomini nei compiti di sistematizzazione.
La seconda teoria, detta del cervello estremamente maschile, porta all’estremo la teoria precedente: evidenzia che, nelle persone con disturbi dello spettro autistico, i punteggi nelle due capacità risultano mascolinizzati, ossia sotto la media nei compiti di empatia e sopra la media in quelli di sistematizzazione.
Ebbene, lo studio in oggetto, condotto online su 700mila persone (36mila delle quali con diagnosi di disturbi dello spettro autistico), ha confermato le tesi di entrambe le note teorie, calcolando in particolare la differenza tra i punteggi ottenuti in questi due compiti, in gergo D-score.
Nei maschi questo indicatore è tipicamente alto (per gli alti risultati nei compiti di sistematizzazione), e nelle persone con disturbi dello spettro autistico è di solito più alto della media maschile, indipendentemente dal genere.
È importante però evitare di incorrere in pericolose semplificazioni. Una potrebbe essere credere che le persone con disturbi dello spettro autistico manchino di empatia, non è così: gli eventuali disturbi si riscontrano nella parte cognitiva dell’empatia, ossia nella capacità di decifrare gli stati d’animo altrui, non in quella affettiva, che è l’avere una risposta adeguata rispetto alle emozioni altrui.
Le persone con autismo possono cioè avere difficoltà a riconoscere un segnale nel tono della voce o nell’espressione del viso, ma ciò le rende semplicemente confuse, e non indifferenti. Altra erronea semplificazione sarebbe pensare alle persone con disturbi dello spettro autistico come a ipermascoline: nell’accezione comune questo termine include tratti di aggressività e dominanza assolutamente distanti dalle persone con autismo.