Riccardo Calzone: “La caparbietà permette di raggiungere obiettivi impensabili”
22 Aprile 2023Laureato e specializzato in Scienze dell’attività motorie e sportive presso l’Università degli Studi di Catania, diplomato Massofisioterapista presso la scuola Enrico Fermi di Perugia e da poco abilitato allenatore UEFA C.
Svolge il ruolo di preparatore atletico nel calcio dall’età di 21 anni, ha ricoperto questo ruolo in diverse squadre in Sicilia, vincendo campionati in ambito regionale, e nelle ultime stagioni in serie D: nel Paternò, la stagione 21/22, e nel Trapani Calcio in quella attuale (22/23) essendo uno dei preparatori atletici più giovani del torneo.
Oggi parliamo di Covid, sport e salute con: Riccardo Calzone.
La fase pandemica più acuta sembra essere ormai alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha vissuto, come vive, come ha affrontato e come affronta questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio ed il disagio legato alle severe misure restrittive?
Seppur sia passato relativamente poco tempo nella sensazione comune quei tristi momenti sono ormai distanti. Credo che, come tutti, dopo un iniziale periodo di paura data dalla singolarità del momento che stavamo vivendo si sia passato, nei mesi e negli anni a seguire, a un sentimento più consapevole. Nel mio sport, tutto ciò ha influito fortemente e, con tutta onestà, ho vissuto quei momenti nel rispetto delle disposizioni ma pensando a come poter prendere un vantaggio sugli avversari qualora si fosse ricominciata l’attività e a farmi trovare pronto nella gestione di quegli atleti che avessero contratto l’infezione da Covid una volta rientrati alla pratica sportiva. Ricordo che sentivo quotidianamente i ragazzi dando loro programmi personalizzati che considerassero spazi e attrezzatura a loro disposizione. Una volta riprese le attività fu importante gestire la paura del contagio, e soprattutto combaciare questa con gli obiettivi sportivi. In questo contesto non è stato difficile affidarsi a quelli che sono stati i protocolli diramati dalla federazione che ci hanno permesso più o meno agevolmente di poter compiere il nostro lavoro nel miglior modo possibile.
Insieme alle restrizioni ai tentennamenti del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto a quello, cosiddetto, minore. Cosa è successo, in particolare, nella sua specialità?
Durante il periodo più duro della pandemia il mondo del calcio, soprattutto quello dilettantistico, ha preferito fermarsi. Ci siamo ritrovati a casa, senza poter fare ciò che più amiamo, e con l’incertezza su come sarebbe stato il futuro da li a breve. Se il primo STOP durante la stagione 19/20 fu definitivo, perché troppa la paura dei contagi, l’assenza di vaccini e le tante perdite di vite, la stagione successiva nonostante il secondo STOP ai campionati si cercò comunque di lavorare per farsi trovare pronti per un eventuale inizio delle attività perché sapevamo che, se si fosse ricominciato, chi avesse fatto un buon lavoro in questi mesi poteva avere un immediato vantaggio. Fu così, dopo un paio di mesi di stop che vi fu la ripresa delle attività grazie anche a un piano vaccinale ben strutturato, a un regolamento che mettesse in primo piano la salute di tutti. Fu da quel momento che secondo me si iniziò il lento, tortuoso cammino che ci ha portato ad oggi a poter vivere quasi con la stessa tranquillità del periodo pre-pandemico.
Chi è stata a spingerla all’attività agonistica? O si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni?
Sono sempre stato appassionato di sport, di qualsiasi sport, iniziando a praticare calcio fin da piccolo. Fu’ un mio vecchio allenatore di quando ancora giocavo, diplomato ISEF, che mi fece appassionare della metodologia dell’allenamento perché era solito spiegare il motivo e gli adattamenti di ogni esercitazione che ci proponeva. Finito il liceo scientifico entrai alla facoltà di Scienze Motorie e fin da subito lascia il calcio giocato per dedicarmi agli studi e da lì a breve ebbi l’opportunità di poter svolgere il ruolo da preparatore atletico nel calcio avendo la possibilità di poter introdurre tutto ciò che apprendevo tra i banchi accademici.
Al di là delle doti personali e delle attitudini, quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?
Credo che la forza di volontà, la caparbietà sia la qualità principale per poter ottenere obiettivi impensabili. È il porsi sempre obiettivi nuovi a spingerti al continuo miglioramento, allo studio. Una volta arrivati all’obiettivo porsi immediatamente uno ancora più alto, non accontentarsi mai. Potrebbe essere folle un pensiero del genere perché non lascerebbe nessun spazio per rilassarsi e godersi quanto fatto ma come disse Galilei: “Chi mira più in alto si differenzia più altamente.”
Se dovesse dare qualche “consiglio utile” ai ragazzi che si avvicinano alla sua specialità, cosa suggerirebbe?
Il suggerimento che posso dare a chiunque voglia approcciarsi alla mia disciplina è quella di mettersi in gioco il prima possibile, di scendere in campo, sperimentare e introdurre subito quanto studiato. È altresì importante non smettere mai di formarsi, leggere, studiare, ascoltare e apprendere da chi ha più esperienza. Avendo iniziato così giovane ho da sempre saputo che l’esperienza potesse rappresentare il divario principale rispetto ad altri colleghi ed è per questo che ho, fin da subito, cercato di cogliere insegnamenti da chi, da anni, fa questa mia stessa professione.
Un altro consiglio è quello di mettersi sempre in dubbio, di non sentirsi depositario di conoscenza, ma di mettere in discussione ogni cosa, così da analizzare con maggiore oggettività possibile.