Cancro, i poveri si ammalano di più
4 Febbraio 2024I determinanti socio-economici come il livello di istruzione giocano un ruolo importante sulla sopravvivenza alla malattia. Superare le disuguaglianze è l’imperativo della giornata mondiale che si celebra oggi 4 febbraio
I tumori non colpiscono tutti allo stesso modo. I determinanti socio-economici, ovvero il livello di istruzione e la conseguente capacità economica, impattano enormemente sulla cura del cancro. In Italia circa un quarto delle morti per tumore è riconducibile a bassi livelli di istruzione. Una condizione che determina una minor propensione nel mettere in atto misure preventive e una maggiore difficoltà ad accedere alle cure. Ecco perché oggi più che mai è necessario uno sforzo per superare queste disuguaglianze. E’ questo, in estrema sintesi, il messaggio lanciato in occasione dell’evento “Close the Care Gap” promosso dall’Istituto Superiore di Sanità, AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e Fondazione AIOM in occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro che si celebra il 4 febbraio.
Le moderne terapie anticancro fanno aumentare la sopravvivenza ma questo progresso, purtroppo, non riguarda tutti. La base di partenza infatti non è per tutti uguale. Come descritto in uno studio pubblicato sulle pagine del “Journal of Public Health”, un quarto delle morti per cancro è riconducibile a bassi livelli di istruzione. Quasi 30 mila (29.727) decessi oncologici nel 2019 nel nostro Paese, nella popolazione fra 30 e 84 anni, sono infatti correlabili alla scarsa scolarità (22.271 morti negli uomini e 7456 nelle donne). Tra i determinanti socioeconomici in grado di influire sulla mortalità da cancro rientra pertanto il livello del ciclo di studi che spesso condiziona anche la successiva capacità di reddito. «Le persone con un alto livello di istruzione -spiega Saverio Cinieri, Presidente Fondazione AIOM- dispongono di più strumenti per comprendere l’importanza della prevenzione, per interpretare le informazioni utili sui sintomi della malattia e per adottare comportamenti che possono influire sull’efficacia delle terapie. Da qui il tasso di mortalità per cancro più elevato nei cittadini meno istruiti. È necessario potenziare le azioni volte a diffondere l’adozione consapevole di uno stile di vita sano e attivo in tutte le età, promuovendo campagne mirate. La sedentarietà disegna un gradiente sociale a svantaggio delle persone con maggiori problemi economici o bassa istruzione, fra le quali raggiunge il 43% rispetto al 25% dei cittadini che non vivono questa condizione. E l’obesità è pari al 17% fra gli individui con svantaggio sociale rispetto al 9% di chi non ne riferisce. Nel 2022, la prevalenza del fumo fra le persone con molte difficoltà economiche era pari al 37% ed analoga a quanto si osservava nel 2008, mentre fra chi non ha problemi finanziari la quota di fumatori è scesa dal 27% al 22% fra il 2008 e il 2022».
Indipendentemente dal livello di istruzione, una diagnosi di cancro impatta negativamente anche sulla capacità economica della persona e di tutta la famiglia. A spiegarlo, senza giri di parole, è il presidente AIOM Francesco Perrone: «La tossicità finanziaria interessa anche i pazienti di sistemi sanitari universalistici come il nostro. Abbiamo già dimostrato, in uno studio su 3.760 cittadini con tumore in Italia, che al momento della diagnosi il 26% deve affrontare problemi di natura economica e il 22,5% peggiora questa condizione di disagio durante il trattamento. Questi ultimi, inoltre, hanno un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto».
Un impoverimento le cui ragioni sono state indagate da AIOM grazie al questionario PROFFIT (Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity). «Alcune uscite economiche -spiega Perrone- riguardano il ricorso più o meno frequente alla sanità privata. Altre toccano farmaci supplementari o integratori, oppure trattamenti aggiuntivi utili, ad esempio la fisioterapia che è difficile praticare nel sistema pubblico. Poi c’è la logistica: la distanza tra la casa e il luogo dove si ricevono le cure e le spese di trasporto da sostenere. E questo non solo nei casi estremi di migrazione sanitaria da Sud a Nord. I problemi possono nascere per raggiungere dalla provincia i centri specialistici nelle grandi città. Insomma, una serie di determinanti, sui quali vogliamo sensibilizzare i decisori politici e gli amministratori, che possono mettere in campo politiche di cambiamento. È importante che nessun cittadino, dalla prevenzione all’accesso alle cure, sia lasciato indietro. Per questo chiediamo più investimenti e più personale, anche per liberare i clinici dai troppi adempimenti burocratici. L’Oncologia è un cardine del Servizio Sanitario Nazionale, ma va sostenuta con misure strutturali».
Ma l’evento “Close the Care Gap” è stato anche l’occasione per sottolineare un aspetto ancora troppo trascurato dalla politica, ovvero la relazione tra inquinamento atmosferico e salute ed in particolare con alcune forme tumorali, come raccontammo in questo approfondimento. «L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilasciato ripetuti aggiornamenti delle linee guida per la qualità dell’aria -ha spiegato Paolo Vineis, Ordinario di Epidemiologia Ambientale all’Imperial College di Londra-. I limiti raccomandati per il PM2.5, il particolato fine che è considerato cancerogeno per l’uomo, sono passati da 10 a 5 microgrammi per metro cubo. Nell’ottobre 2022, la Commissione Europea ha proposto una nuova Direttiva per allinearsi con le linee guida OMS e per raggiungere l’ambizioso obiettivo di “inquinamento zero! fissato dalla Commissione per il 2050, che comporterebbe, tra l’altro, la riduzione del numero di morti premature attribuibili al particolato fine del 55% al 2030, rispetto al 2005. La norma italiana prevede attualmente un valore medio massimo annuale per il PM2.5 di 25 microgrammi per metro cubo. Nel 2023 quattro Regioni, tutte nella Pianura Padana, una delle aree più inquinate in Europa, si sono opposte alla revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria, chiedendo valori limite degli inquinanti meno stringenti rispetto a quanto proposto e una deroga temporale. L’Italia, pertanto, rischia di rimanere indietro nella lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento ambientale, avviata dalla Commissione Europea con il Green Deal».