Città deserte, il ritorno degli animali selvatici

Città deserte, il ritorno degli animali selvatici

30 Marzo 2020 0 Di Claudio d'Esposito *

Se smettessimo razionalmente di essere così invasivi e distruttivi, avremmo il ritorno vicino a noi di molte specie. Forse è questa una delle lezioni che possiamo imparare dalla pandemia?

 

L’emergenza Coronavirus sta costringendo i cittadini a restare nelle proprie abitazioni. Lo sfollamento delle aree di ritrovo all’aperto quali parchi, giardini, quartieri e zone periferiche, hanno permesso alla fauna selvatica di sentirsi meno disturbata, favorendo numerosi avvistamenti nei centri abitati.

È un segnale bellissimo. È un mega esperimento non voluto, come ha raccontato lo zoologo professor Luigi Boitani, nel quale osserviamo che gli animali sono pronti a ri-prendersi il territorio che gli abbiamo tolto. Senza l’uomo ma soprattutto senza le sue attività moleste (rumori, traffico, inquinamento, caccia) la natura si sta al momento rigenerando nell’intera penisola. Delfini che nuotano nei porti a Cagliari e Trieste, cigni nei canali e volpi e lepri nei giardini pubblici di Milano, mamma papera con i suoi paperini che entra direttamente in un centro commerciale in un quartiere di Firenze, uccelli rapaci come il Falco di palude o lo Sparviere fotografati dalle finestre in provincia di Pescara, o una bellissima Aquila minore a caccia di un passero, poi allontanata dalle Cornacchie grigie in una coordinata azione di mobbing, fotografata dall’ornitologo Rosario Balestrieri in un quartiere di Napoli, mentre sfrecciava tra i fra fili dei panni e quelli del telefono e con i palazzi che chiudevano la visuale come in un documentario… e canti di uccelli ovunque nelle città divenute silenziose. Se smettessimo razionalmente di essere così invasivi e distruttivi, avremmo il ritorno vicino a noi di molte specie. Forse è questa una delle lezioni che possiamo imparare dalla pandemia?

Accade che in città è più facile vedere gli animali che ora si muovono di più anche di giorno, soprattutto nei parchi urbani, nelle aree verdi e nelle frazioni collinari. Gli animali, sia ben chiaro, c’erano prima e ci sono anche adesso, solo che sono divenuti meno timorosi e si avventurano in nuovi spazi, incoraggiati dal silenzio surreale, anche se il cemento e l’asfalto non sono ambienti ideali. L’uomo ha invaso i loro spazi in modo massiccio e ridotto progressivamente gli habitat naturali. Alcune specie più opportuniste e adattabili, come la volpe, il cinghiale, i gabbiani, le cornacchie, i merli, le gazze e altri riescono a cavarsela e vivono stabilmente ai margini dei centri abitati, anche delle città, ma per altre specie, importanti e rare, gli insediamenti umani sono impossibili da colonizzare.

Ma non è la prima volta che gli animali si riprendono gli spazi “abbandonati” dall’uomo. È già accaduto a Chernobyl, dove attorno all’area contaminata dall’incidente del 1986, che causò il rilascio di una quantità di radiazioni 400 volte superiori a quelle dell’atomica a Hiroshima, nei 2.600 chilometri quadrati attorno alla centrale nucleare sono tornati gli animali: ben 232 animali osservati appartenenti a 15 diverse specie: tra questi aquile di mare coda bianca, visoni americani, lontre di fiume, lupi grigi, ghiandaie, gazze europee, corvi imperiali, topi, donnole, martore e procioni. La ricca fauna selvatica si è adattata all’ecosistema contaminato tra l’Ucraina e la Bielorussia. Secondo alcuni studi, le specie presenti hanno subito evidenti mutamenti genetici, ma gli effetti delle radiazioni non sembrerebbero aver causato danni irreparabili alla sopravvivenza della popolazione selvatica.

La pandemia in corso non può non farci riflettere sull’estrema fragilità della specie umana a invasioni virali di questo tipo ma, nello stesso tempo, desta meraviglia come un organismo così semplice e piccolo sia evolutivamente tanto raffinato da mettere in crisi l’intera umanità! Forse dovremo ripassare le teorie evoluzionistiche di Darwin per comprendere meglio i meccanismi perfetti di Madre Natura? Una nota positiva è che il disastro che stiamo vivendo ha finalmente spinto la Cina a vietare il commercio di carne di animali selvatici. Era ora!

“Se dovesse capitare – speigano gli esperti del WWF – di avvistare animali in città è raccomandabile non cercare di disturbarli tentando di inseguirli, avvicinarli o nutrirli, ma di limitarsi ad osservarli mantenendo una distanza che non arrechi disturbo e, solo in caso di necessità e di animali in evidente difficoltà, segnalare la presenza al WWF e alle autorità competenti (Forze dell’Ordine e Asl veterinaria)”.

*Presidente del WWF Terre del Tirreno