Colesterolemia, effetto statine
29 Ottobre 2019Da una ricerca emerge che un ricorso precoce alla terapia che inibisce la sintesi del colesterolo e pertanto riduce l’incidenza degli accidenti cardiovascolari.
Un recente studio pubblicato su New England Journal of Medicine, nei pazienti con ipercolesterolemia familiare (Fh), l’inizio della terapia con statine durante l’infanzia rallenta la progressione dell’arteriosclerosi e diminuisce il rischio di eventi cardiovascolari nell’età adulta. «L’efficacia a breve termine della terapia con statine nei bambini è ben accertata, ma studi con un lungo follow-up sui cambiamenti nel rischio di malattie sono scarsi» scrive il primo autore Ilse Luirink della University of Amsterdam in Olanda.
I ricercatori hanno coinvolto 184-214 partecipanti a uno studio clinico di 2 anni sull’efficacia della pravastatina negli anni ’90 affetti da Fh (confermata nel 98%), i quali, insieme ai 77-95 fratelli sani, sono stati sottoposti ad analisi del sangue e a misurazione dello spessore intima-media carotideo. In circa 20 anni il livello medio del colesterolo Ldl è diminuito nei pazienti del 32%, mentre è aumentato nei fratelli del 24%.
Per quanto riguarda il rischio cardiovascolare all’età di 39 anni, l’incidenza cumulativa di eventi avversi è risultata minore nei pazienti, in cui il trattamento con statine è iniziato all’età media di 14 anni, rispetto ai loro genitori, che avevano iniziato la terapia in età più avanzata (1% contro 26%). E non è stato osservato alcun decesso per cause cardiache tra i pazienti, mentre il 7% dei genitori con la patologia è deceduto prima dei 40 anni per infarto del miocardio. Gli autori hanno così dedotto che, essendo la maggior parte dei pazienti in cura con statine durante il follow-up, l’inizio della terapia nell’infanzia ha avuto effetti benefici sull’aterosclerosi, anche quando gli obiettivi delle linee guida non sono stati raggiunti.
Come nota Jennifer Robinson, della University of Iowa negli Stati Uniti, le statine sono farmaci completamente sicuri. «Penso che sia quasi un crimine non trattare i bambini e i giovani adulti con FH, data la quantità di conoscenza che già possediamo e l’aggiunta di questo studio» commenta. I risultati appaiono quindi come un “invito all’azione”.