Colpa medica
3 Ottobre 2019Il professionista deve conoscere il rischio e fare di tutto per evitarlo. In questo senso una sentenza della Cassazione che getta nuova luce sulle fattispecie concrete.
La Suprema Corte di Cassazione, Sezione quarta penale, con recente Sentenza recante numero 33405 ha statuito che risulta essere contraddittorio affermare che il medico non ha colpa a titolo di imperizia ed al tempo stesso che la lesione provocata rientra tra le complicazioni fatali più frequenti, questo perché trattasi di evento noto che per tale motivo deve essere previsto e, pertanto, evitato.
Il caso di cui si è occupata la Corte vedeva coinvolto un anestesista che nei precedenti gradi di giudizio era stato assolto dal reato ex articolo 589 codice penale, in quanto, in cooperazione colposa con altri medici, nell’intervento chirurgico effettuato su di un bambino, nel cercare ripetutamente di incannulare le vene del collo del paziente, perforava la cupola pleurica, provocando un sanguinamento che determinava il decesso del minore.
In detta Sentenza, invece, i Supremi Giudici hanno sostenuto che in tema di colpa medica si sono susseguiti diversi interventi normativi, secondo i quali il medico era penalmente responsabile a prescindere dal grado della colpa. Solo nel 2012 la c.d. Legge Balduzzi (numero 189 del 2012) stabilì che il sanitario che si fosse attenuto alle linee guida non dovesse rispondere penalmente per colpa lieve fino ad arrivare alla c.d. Legge Gelli – Bianco (numero 24 del 2017) che ha abrogato l’articolo 3 della Legge Balduzzi, introducendo l’articolo 590 sexies codice penale che recita testualmente “Se i fatti di cui agli artt. 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alla specificità del caso concreto.”.
Nel caso che ci occupa, pertanto, i Giudici sono stati chiamati a verificare se la condotta del medico fosse stata rispettosa delle linee guida o meno; ebbene, secondo la Suprema Corte è del tutto contraddittorio affermare da un lato che non è certo che possano ravvisarsi profili di colpa, a titolo di imperizia a carico del medico e, dall’altro, che la lesione delle cupole pleuriche che ha cagionato le tragiche conseguenze nel paziente sottoposto ad intervento chirurgico, rientrasse statisticamente fra le complicanze fatali più frequenti.
Per tale ragione, infatti, la possibilità di verificazione della lesione avrebbe dovuto essere ben nota al medico, il quale avrebbe dovuto prevederla allo scopo di utilizzare qualsiasi cautela per evitarla.
Per tali ragioni, i Giudici hanno concluso che l’esclusione della colpa a titolo di imperizia non può equivalere ad escludere la colpa a titolo di imprudenza, anche con particolare riferimento alla reiterazione dei tentativi di effettuazione della manovra chirurgica, nonostante la nota pericolosità della stessa.