Coronavirus, ritorna la paura
21 Febbraio 2020I sei casi di positività al Covid – 19, individuati nel lodigiano, riportano in alto l’asticella della tensione rispetto alla diffusione della patologia che sinora sembrava “lontana” dall’Italia.
Adesso c’è un focolaio epidemico anche in Italia. A preoccupare – una preoccupazione che esprime anche l’Organizzazione mondiale della sanità – sono i meccanismi, ancora non del tutto chiariti, delle vie (da intendersi da un punto di vista geografico) che hanno consentito la trasmissione della grave malattia virale. Certo, il fulcro epidemico del virus resta in Cina da dove è partito ma, intanto, oggi se non si può parlare di pandemia non credo sia azzardato fare riferimento ad un’epidemia globale: magari la sfumatura tra le due definizioni, seppure esiste, potrebbe essere data dall’incidenza che va assumendo questa severa forma di polmonite.
Di fronte ad un rischio di questa portata, facendo voti ed auspici che tutto resti nei binari di un prezzo accettabile (ammesso che esista un prezzo accettabile quando si parla di vite umane), una cosa sola sembra certa: nessuno sa come questa vicenda andrà ad evolvere. Per mettere a punto un eventuale vaccino occorrono mesi e non pochi: almeno 18, stando a stime più o meno attendibili. E ad oggi il vaccino resta l’unica arma in grado di contrastare efficacemente i virus.
Tutto il resto è chiacchiericcio politico che lascia il tempo che trova: “abbiamo costruito una cabina di regia; abbiamo bloccato i voli diretti dalla Cina (e quelli indiretti?); ci siamo dati da fare immediatamente; abbiamo adottato tutte le misure più idonee; in Italia nessun caso autoctono”. E quest’ultima, francamente, anche alla luce degli ultimi accadimenti, se la potevano proprio risparmiare.