Covid-19, l’infezione non aumenta rischio di sviluppare asma nei pazienti pediatrici
27 Aprile 2024Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Pediatrics dai ricercatori del Children’s Hospital of Philadelphia (CHOP), ha scoperto che un’infezione da SARS-COV-2 non aumenta il rischio di sviluppare asma nei pazienti pediatrici.
Dato che le infezioni virali respiratorie precoci sono fattori di rischio per l’asma nel corso della pandemia da COVID-19, molte famiglie hanno temuto gli effetti a lungo termine causati dal virus SARS-COV-2.
Dopo 4 anni di pandemia, il CHOP ha quindi istituito un team per valutare ulteriormente queste preoccupazioni attraverso uno studio retrospettivo su larga scala.
Questo studio ha coinvolto una coorte di più di 27.000 pazienti pediatrici che hanno ricevuto un test PCR per il SARS-COV-2 tra il 1 marzo 2020 e il 28 febbraio 2021. I pazienti sono stati seguiti per un periodo di 18 mesi.
L’analisi ha rivelato che risultare positivi al SARS-COV-2 non ha avuto un effetto significativo sulla probabilità di una nuova diagnosi di asma. Tuttavia, i bambini con fattori di rischio noti per lo sviluppo di asma pediatrico erano più propensi ad associare questa condizione a nuove diagnosi di SARS-COV-2.
“Questo studio ben potenziato conferma i fattori di rischio che sappiamo contribuire allo sviluppo dell’asma e fornisce informazioni clinicamente utili ai pediatri e operatori sanitari sul rischio di sviluppare asma a causa del COVID-19,” ha dichiarato il dottor David A. Hill, autore senior dello studio e medico del Dipartimento di Allergologia e Immunologia del CHOP. “Speriamo che questo studio ponga fine a una domanda irrisolta che tormenta molte famiglie.”
Poiché lo studio si è concentrato esclusivamente su pazienti pediatrici e non su pazienti adulti, dichiarano gli autori, saranno necessarie ulteriori ricerche per valutare pazienti di diverse età e a intervalli più lunghi per confermare ulteriormente l’assenza di relazione tra SARS-COV-2 e lo sviluppo di asma. Anche se sono emerse nuove varianti virale, gli esperti ritengono che non ci siano risposte infiammatorie così diverse da far cambiare gli esiti di questo studio.
