Covid, i medici di famiglia non vaccinano?
10 Novembre 2023«A ieri sono stati prenotati 36 mila vaccini Covid nei nostri studi in Piemonte. Non saranno i numeri dell’antinfluenzale, ma la campagna in questa regione è iniziata appena il 16 ottobre e prima di dire che i medici di medicina generale non vaccinano andrebbero conosciuti i dati di Asl e farmacie». Roberto Venesia segretario Fimmg piemontese ha letto i giornali dove si sottolinea che solo 779 medici di famiglia su 2977 hanno aderito alla campagna anti-Covid. A volte la voce dei media e quella delle istituzioni e dei cittadini vanno all’unisono. In realtà in questo caso la Regione non si lamenta, l’Assessore anzi sottolinea che i medici sono già coinvolti nella fase di persuasione al vaccino della popolazione. Il problema è per ora di numeri assoluti. Ma anche questo forse è apparente. Venesia le cifre degli hub vaccinali in fondo le conosce. I quotidiani parlano di 5700 pre-adesioni totali di cui 1500 e passa a Torino. In Piemonte, fragili ed over 60 hanno tre strade per la profilassi: se il loro medico pratica l’inoculo, prendere appuntamento; se non fa parte del quinto di medici che vaccinano, prenotarsi nel portale regionale presso un hub o recarsi da una delle farmacie partecipanti alla campagna. «Altri colleghi si stanno organizzando. Ripartiamo però da una situazione in cui in regione le vaccinazioni erano scese a 50 a settimana», dice il segretario Fimmg. «Inoltre, anche se grazie ad Azienda Zero abbiamo un canale di consegna specifico rispetto a 1-2 anni fa, la medicina generale sta soffrendo di ritardi nelle consegne, con ripercussioni inevitabili. Se un medico fa un ordine e poi nulla riceve, dopo tre settimane è difficile che faccia un secondo ordine. Qualcuno di noi è deluso o perplesso».
Lo stesso tipo di analisi arriva 300 km più a Sud. «Se vi fossero rilievi delle regioni o del governo sull’operato di noi Mmg in questa campagna sarei indignato (più che sorpreso)», dice da Pisa Luca Puccetti, segretario Fimmg locale. «Il governo non ha consegnato per settimane alla regione Toscana le dosi per noi medici di famiglia. Qui sono arrivate il 7 novembre, dopo una consegna un po’ sperimentale 15 giorni fa di 2 fiale a medico, quantitativo atto a coprire i primi 12 assistiti più fragili e più facilmente contattabili, dunque irrisorio. Ora dopo 3 settimane ci arrivano 5 fiale, ogni medico potrà praticare 30 inoculi. Ma deve stare attento: non appena apre una fiala devono esserci sei assistiti disponibili per farsi vaccinare nell’arco delle poche ore di autonomia offerte dal principio attivo». Intanto, sottolineano sia Venesia sia Puccetti, sta passando la stagione della campagna antinfluenzale. Si era ipotizzato di far vaccinare nella stessa seduta dal loro medico di famiglia i pazienti bisognosi di difendersi dall’influenza e dal Covid, specie gli anziani. «Potevamo utilizzare le sedute per l’antinfluenzale, che stanno andando bene, per praticare sull’altro braccio il vaccino anti-Covid. Ma a causa delle mancate consegne non sarà possibile, e siccome tra la gente c’è “stanchezza” rispetto al vaccino Covid che evita le conseguenze del virus ma non il contagio, è difficile riportare in studio un paziente appena vaccinato contro l’influenza», dice Puccetti. Che aggiunge il carico di due problemi: «Uno è contingente, abbiamo segnalato che alcune siringhe forniteci non garantiscono la precisione necessaria per l’inoculo, e più di un collega si lamenta. Aggiungerei che per i colleghi soli organizzarsi è più difficile; con il pensionamento dei veterani massimalisti stiamo perdendo collaboratori ed infermieri che facilitavano l’adesione di molti nostri studi alle campagne anti-Covid».
In Piemonte, molta formazione è in corso sul tema vaccinazioni. «L’adesione della categoria è sorprendente –sottolinea Venesia – il tema è sentito, e la regione ha semplificato i dati da inserire nei quadri dei portali ogni volta che vacciniamo. Inoltre, stiamo coinvolgendo i colleghi di continuità assistenziale, raggiungibili dai nostri assistiti negli orari in cui non c’è il titolare di assistenza primaria; alcuni in via sperimentale nell’ambito dell’aggregazione funzionale territoriale condividono i dati del collega titolare delle scelte, accedono al Fascicolo sanitario e possono praticare l’inoculo aggiornando l’anagrafica vaccinale». Il progetto è per ora sperimentale, difficile vada regime a livello regionale in questa fase, «ma già adesso i pazienti iniziano a capire che il medico dell’Aft ha del valore aggiunto: non si sentono assistiti, nel loro territorio, da 15 “monadi” che non dialogano tra loro, ma hanno servizi in più». Tra questi ci potrebbe essere anche la terapia antivirale. «A metà novembre partiamo con un corso di Fimmg regionale e della nostra scuola di formazione sulla somministrazione di antivirale a malati Covid. Il nostro coinvolgimento parte dalla diagnosi differenziale in studio con tampone, e in caso di positività al coronavirus si prosegue con un percorso dedicato: il paziente fragile prende le due pillole entro le 24 ore dalla diagnosi, con una probabilità di efficacia svariate volte superiore».