Covid: le pene per chi viola le regole imposte
11 Marzo 2021Attestare falsamente di doversi spostare per motivi di salute, per esigenze lavorative o per altri atti di necessità, integra il reato di falsa attestazione ad un pubblico ufficiale.
In questo periodo di emergenza sanitaria non si scherza neppure dal punto di vista penale; infatti, le pene previste per coloro che violano le regole imposte sono molto severe e non ammettono attenuanti. A questo punto, esaminiamo quali sono le pene previste in caso di violazione della normativa attualmente in vigore in Italia. Attestare falsamente di doversi spostare per motivi di salute, per esigenze lavorative o per altri atti di necessità, integra il reato di falsa attestazione ad un pubblico ufficiale ed, in questo caso, la pena prevista va da uno a sei anni di reclusione ed è previsto anche l’arresto facoltativo in flagranza e la procedibilità è d’ufficio. Questo significa che chiunque può segnalare i casi di cui venga a conoscenza e far scattare così in automatico il procedimento penale. Ricordiamo, altresì, che i pubblici ufficiali hanno l’obbligo di denunciare i reati procedibili d’ufficio di cui vengano a conoscenza e se non lo fanno rischiano, anch’essi, l’imputazione per il reato di omessa denuncia, punito dall’articolo 361 del codice penale. Sono da considerarsi pubblici ufficiali, oltre alle forze di polizia ed alle forze armate anche i vigili del fuoco ed urbani, i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni, i notai ma anche i medici ospedalieri; tutti questi soggetti, nella loro qualità di pubblici ufficiali, pertanto, possono segnalare i casi sospetti e far attivare le verifiche del caso.
A questo tipo di reato, poi, si aggiunge anche la fattispecie di cui all’articolo 650 del codice penale che punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro coloro che violano i provvedimenti che vietano di spostarsi senza motivo. Ed, ancora, chi sospetta di avere il Covid e non si mette in quarantena o chi presenta addirittura sintomi, rischia oltre all’imputazione per violazione dei provvedimenti dell’autorità, un processo per lesioni o tentate lesioni volontarie. In quest’ultimo caso, se la persona che sospetta di avere contratto il Covid o presenta sintomi e non si mette in quarantena, uscendo di casa, nell’ipotesi in cui dovesse infettare persone anziane o comunque soggetti a rischio causandone la morte, potrebbe essere accusato di omicidio doloso, reato che prevede la reclusione non inferiore a 21 anni; in tal caso la condotta del soggetto in questione è punita a titolo di dolo eventuale.
La stessa pena si applica a chi ha avuto contatti con persone positive al Covid e continua ad avere rapporti sociali oppure a lavorare con altre persone senza prendere alcun tipo di precauzione o avvisarle. Il reato di lesioni superiori a quaranta giorni di malattia è procedibile anch’esso d’ufficio ed è punito con la reclusione da tre a sette anni. Infine, chi sa di aver contratto il Covid e non lo dice a nessuno, uscendo di casa fa sì che la sua condotta risulti connotata al dolo diretto e, in questo caso, le imputazioni, oltre a quella di violazione dell’ordine dell’autorità, sono molto più gravi e, più precisamente, vanno dal tentativo di lesioni e/o di omicidio volontario, se si viene a contatto con soggetti fragili o a rischio, fino all’omicidio volontario se ne deriva la morte. La legge per tali ipotesi è molto chiara ma anche la stessa giurisprudenza; a queste ipotesi si applicano gli stessi principi dei casi delle persone sieropositive che sanno di esserlo e non avvisano il partner né adottano precauzioni per evitare il contagio.