Crescere è un gioco (II parte)

Crescere è un gioco (II parte)

1 Settembre 2019 0 Di Teresina Moschese*

L’intelligenza infantile è concreta, ciò significa che per imparare non è sufficiente guardare o ascoltare, bisogna anche muoversi, fare, rifare e correggere.

La funzione terapeutica del gioco si esprime, come abbiamo già detto nel precedente articolo, attraverso la drammatizzazione di emozioni e pensieri trasportati sul piano fantasmatico e simbolico, ma anche attraverso l’uso dello spazio e del corpo. Giochi apparentemente privi di obiettivi, infatti, come correre, saltare, arrampicarsi, fare le capriole, perdere l’equilibrio ecc. non sono soltanto fonte di divertimento e di apprendimenti, consentono anche di esprimere la propria singolarità, di acquisire sicurezza, coraggio e autocontrollo, a padroneggiare nuove abilità. Tra zero e due anni ogni attività o movimento sono motivo di gioco. I1 piccolo trova modo di divertirsi mentre lo si cambia, mentre mangia, mentre fa il bagno. Gioca con le sue mani e con quelle degli altri, con i piedi, con le parole, con l’acqua, la sabbia, gli oggetti.

Man mano che i bambini crescono i giochi fisici implicano sempre più spesso attività intellettuali, parole, idee. L’intelligenza infantile è concreta, ciò significa che per imparare non è sufficiente guardare o ascoltare, bisogna anche muoversi, fare, rifare, correggere. I bam­bini non sprecano una sola opportunità di sviluppare ed esercitare le loro abilità fisiche. Una semplice passeggiata può trasformarsi in un episodio dopo l’altro di giochi di esercizio: il bambino cammina sopra un muretto e poi “deve” superare con un salto ogni fenditura del marciapiede altrimenti “perde”, poi si stende su una panchina, ne discende con un salto, corre avanti. Lungo la strada ci possono essere tratti ghiacciati su cui scivolare, o il vento contro cui correre, o pozzanghere da scavalcare.

Anche le capacità manuali si svilup­pano giocando, come quando i bambini pitturano con le dita, fanno intenzionalmente dei nodi nei lacci delle scarpe o usano le forbici per fare delle figure di carta.

Questi giochi costituiscono una parte signifi­cativa delle attività quotidiane di molti bambini di età prescolare, specialmente dopo che hanno dovuto sedere tranquilli per un certo lasso di tempo. Anche la lotta per gioco rientra in questa categoria e non bisogna confonderla”con l’aggressività. Generalmente i bam­bini sorridono o ridono quando si azzuffano per gioco, oppure “fanno finta” di essere arrabbiati, mentre sono accigliati e imbron­ciati nelle lotte reali.

E, quando ci sono degli spettatori, poi, servono per posizionarsi socialmente, per ottenere, con le proprie esibizioni, l’attenzione degli altri bambini per immettersi in un flusso comunicativo basato sulla reciprocità. Quando sono insieme i bambini mettono m campo stra­tegie per regolare le loro interazioni: imparano come fare amicizia, come mantenerla o romperla, come fare la pace dopo avere litigato e l’arte della trattativa.

Anche i bambini più grandi, tra gli otto e i dodici anni amano l’azione. A questa età piace muoversi, vedere luoghi interes­santi, esplorare, organizzare delle attività avventurose e di gruppo, sperimentare una diversa scansione del tempo e dei ritmi quotidiani. È in questi anni che alcuni incominciano a trascorrere una parte delle vacanze estive in gruppi con altri bambini, oppure in campeggio. Se si consente ai bambini di divertirsi come piace a loro in alcuni mo­menti, diventa anche più facile farsi ascoltare e ottenere la disci­plina in altri. L’avventura e l’azione piacciono anche ai ragazzi, sebbene nell’a­dolescenza aumenti il tempo impegnato a parlare e a chiacchierare con gli amici. Questa attività verbale, che nelle età precedenti è meno sviluppata, serve per conoscere meglio gli altri, per appartenere ad un gruppo e soprattutto per trovare una propria identità ed essere riconosciuti. Anche in questo c’è divertimento e…il gioco continua!

*Psicologa-Psicoterapeuta