Cristiano Danna: “Bisogna prefissarsi obiettivi e cercare di raggiungerli nel miglior modo possibile”
2 Maggio 2023La fase pandemica più acuta sembra essere oramai alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha vissuto, come vive, come ha affrontato e come affronta questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio ed il disagio legato alle severe misure restrittive?
La pandemia è stata una prova difficile perché arrivava da qualcosa di sconosciuto. A memoria, compirò 40 anni a Novembre, non ricordo di aver passato qualcosa di simile anche perché la situazione ha riguardato tutto il mondo e il livello di timore era alto. Infatti la paura del contagio, soprattutto nel primo anno di pandemia, è stata davvero presente e alta tanto da “gestiire” la mia quotidianità, limitandomi anche i rapporti con gli altri. Sicuramente tutto questo non ha giovato innanzitutto alle persone e poi anche allo sport di gruppo e alle varie attività che mi vedevano impegnato.
Insieme alle restrizioni i tentennamenti del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto a quello, cosiddetto, minore. Cosa è successo, in particolare, nella sua specialità?
Intanto penso, come ho detto precedentemente, che la pandemia da Covid abbia sorpreso tutti. Modalità per combatterla e regole sono state prese cammin facendo e sempre osservando l’andamento della curva dei contagi. Tutto il mondo si è fermato e con lui tutte le attività che vedevano un concentramento di persone. Di sicuro il calcio, soprattutto a livello minore, è stato travolto dalla situazione e per mesi ha dovuto osservare lo stop. Se per le grandi società è stato difficile, immaginiamoci per le società minori di qualsiasi parte del globo che hanno poi dovuto fare i conti con i costi per la dotazione di presidi che potessero consentire un ritorno lento e graduale alla pratica sportiva. E’ stato difficile per tutti e non solo nel calcio.
Chi è stato a spingerla all’attività agonistica? o si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni?
Fin da piccolo ho amato il calcio anche se poi è stato nell’adolescenza che ho cominciato a praticarlo in maniera seria. Sicuramente mio padre ha giocato un ruolo importante in questo mio percorso, appoggiandomi e consentendomi di percorrere questa strada, non sempre facile. E’ stato lo sport della mia vita. Ho giocato fino ai 35 anni e adesso sono possessore di patentino UEFA B e posso allenare. Seguo sempre con attenzione il mondo del pallone e mi piace anche lo scouting. Credo molto nelle giovani leve e quando mi sono ritrovato ad allenare una squadra di allievi, vincendo anche un trofeo, ho assaporato l’importanza di credere in loro.
Al di là delle doti personali e delle attitudini, quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?
Tanto. Ho sempre pensato che alle doti fisiche vada accostata una mente concentrata. Bisogna prefissarsi obiettivi e cercare di raggiungerli nel miglior modo possibile. Questo comporta fatica, sacrifici e in molti casi anche delle rinunce. Ma credo in tutti i percorsi sia così. Per quanto mi riguarda ho preso sempre con grande serietà la mia attività calcistica che mi ha portato a giocare a livelli discreti.
Se dovesse dare qualche “consiglio utile” ai ragazzi che si avvicinano alla sua specialità, cosa suggerirebbe?
Positività, volontà e sicuramente una buona dose di pragmatismo. I modelli, quelli buoni, sono assolutamente da seguire ma siamo noi che dobbiamo costruire il nostro percorso tenendo sempre ben saldi i valori appresi e la nostra individualità.