Cuore, best practice nell’Azienda dei Colli
14 Luglio 2020All’ospedale Monaldi di Napoli un protocollo medico all’avanguardia per il trattamento dell’insufficienza cardiaca avanzata.
L’insufficienza cardiaca è secondo dati ufficiali del Ministero della Salute la principale causa di ricoveri ospedalieri per patologia in Italia. In Italia 600.000 persone, circa 1% della popolazione, soffrono di insufficienza cardiaca. Ogni anno avvengono circa 200.000 ricoveri per scompenso cardiaco e si registrano circa 87.000 nuovi casi di insufficienza cardiaca. Parte di questi pazienti, in considerazione del quadro clinico, rientra nella definizione di scompenso cardiaco avanzato. La durata della degenza di un paziente con insufficienza cardiaca è in media di 9 giorni, con un costo medio del ricovero per paziente di circa 3.200 euro, con valori almeno doppi nei pazienti con scompenso avanzato.
In questo contesto, merita particolare attenzione l’esperienza dell’Ospedale Monaldi di Napoli, che si impone come struttura ospedaliera all’avanguardia grazie all’utilizzo di un protocollo medico innovativo per il trattamento dell’insufficienza cardiaca avanzata. È infatti diventata una “best practice” del Monaldi da circa due anni un protocollo medico spagnolo, che l’ospedale campano ha introdotto con un impatto significativo nell’ambito del sistema sanitario regionale. Il Monaldi è infatti il primo ospedale italiano a utilizzare infusioni ripetute di inodilatatori in regime di Day Hospital per il trattamento di pazienti con insufficienza cardiaca avanzata. “Gli inodilatatori – spiega il Professor Pacileo, responsabile dell’Unità dipartimentale “Scompenso Cardiaco e Cardiologia Riabilitativa” dell’Ospedale Monaldi – sono farmaci che hanno la duplice azione di aumentare la forza contrattile del cuore (effetto inotropo) e determinare una dilatazione arteriosa (effetto vasodilatatore) con miglioramento della performance cardiaca. Presso il nostro centro si effettua, in pazienti selezionati con scompenso cardiaco avanzato, la somministrazione in regime di Day Hospital di un innovativo farmaco inodilatatore, il levosimendan.
La somministrazione ha una cadenza bisettimanale e una durata compresa tra 6-8 ore (in rapporto al peso corporeo del paziente)”. Sulla base dei risultati di autorevoli studi clinici italiani e internazionali, il trattamento con levosimendan si è imposto come un’opzione terapeutica sicura per i pazienti nei quali la patologia è in peggioramento, attestandone innumerevoli benefici. Si è evidenziato infatti un miglioramento complessivo del quadro clinico, una diminuzione del numero di ospedalizzazioni e un miglioramento della qualità della vita dei pazienti e dei familiari grazie alla caratteristica del trattamento in Day Hospital. A tal proposito, occorre ricordare che è stato possibile garantire ai nostri pazienti la somministrazione del farmaco non in regime di ricovero ordinario anche durante il periodo della pandemia da COVID. Tutto ciò assume particolare valore se si considera che si tratta di pazienti fragili le cui cure non possono essere differite nel tempo, analogamente a quanto avviene per i pazienti oncologici.
Inoltre si è rilevato un vantaggio in termini farmaco-economici per il sistema sanitario. “Rispetto ad altri centri che effettuano somministrazioni periodiche di levosimendan 1 volta al mese per 24 ore – prosegue il Professor Pacileo – noi eseguiamo la somministrazione del farmaco due volte al mese per 6-8 ore con riduzione dei disagi al paziente e alla sua famiglia legati al pernottamento in Ospedale. Riguardo i benefici, i dati preliminari di tale esperienza sono stati oggetto di una ricerca condotta dal Dottor Daniele Masarone, che ha documentato una riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, un miglioramento della capacità funzionale (misurata tramite la distanza percorsa al test del cammino dei sei minuti) e della qualità di vita (valutata attraverso questionari specifici) il tutto in assenza di significative reazioni avverse durante o dopo l’infusione del farmaco”.
Tali dati sono stati recentemente pubblicati nella rivista Journal of Cardiovascular Medicine, organo ufficiale della Federazione Italiana di Cardiologia.
Il miglioramento del quadro clinico Diversi studi clinici italiani e internazionali hanno rilevato nei pazienti trattati con inodilatatori un miglioramento del quadro clinico. Uno studio clinico italiano ha analizzato gli effetti dell’utilizzo ripetuto di inodilatatori, prima del trattamento, dopo dodici mesi e dopo ciascuna infusione su 185 pazienti affetti da più di due anni da insufficienza cardiaca cronica e trattati con un terapia clinica ottimizzata. Le somministrazioni ripetute di levosimendan hanno migliorato i valori di Lvef (frazione di eiezione ventricolare sinistra), stabilizzato la classificazione dello scompenso cardiaco (Nyha), diminuito i valori di Bnp (peptide natriuretico di tipo B). Uno studio spagnolo, condotto per valutare l’efficacia e la sicurezza della somministrazione endovenosa di dosi intermittenti di levosimendan in pazienti con insufficienza cardiaca cronica avanzata, ha evidenziato la riduzione in modo significativo dei livelli dei peptidi natriuretici rispetto a pazienti che hanno ricevuto un placebo.
La diminuzione delle ospedalizzazioni e il miglioramento della qualità della vita La stabilizzazione del paziente derivata dal trattamento con inodilatatori ha un’importante ripercussione in termini di ospedalizzazioni, diminuendone il numero e la durata. Uno studio clinico italiano ha dimostrato che già dopo sei mesi di follow-up, il numero e la durata delle ospedalizzazioni si sono ridotte nel gruppo trattato con levosimendan rispetto ai sei mesi precedenti il trattamento. Dopo dodici mesi di follow-up, il numero delle ospedalizzazioni nel gruppo trattato con levosimendan ha continuato a essere significativamente inferiore rispetto al gruppo controllo.
Lo studio clinico spagnolo ha mostrato una significativa riduzione del rischio di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, del rischio di decesso e ha attestato un più lento peggioramento della qualità della vita. Da tale studio emerge che i pazienti trattati con levosimendan in Day Hospital hanno una percentuale inferiore di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco acuto (22,9%) rispetto ai pazienti non trattati (66,7%). È significativa in tal senso la registrazione di un aumento di pazienti in Day Hospital presso l’Ospedale Monaldi. “In considerazione dell’efficacia di tale protocollo – precisa il professor Pacileo – il numero di pazienti è esponenzialmente aumentato, passando da circa 60 somministrazioni il primo anno (2018) a 270 somministrazioni attualmente effettuate presso la nostra struttura”.
L’impatto economico Il trattamento ambulatoriale intermittente con inodilatatori pone all’attenzione un’interessante prospettiva di risparmio per il sistema sanitario. Il modello economico presentato al congresso Heart Failure 2018 di Vienna e poi pubblicato, dimostra che la somministrazione di levosimendan determina una probabilità di risparmio di circa 700 euro a paziente rispetto all’opzione senza trattamento. L’analisi economica è stata effettuata su un periodo di dodici mesi e ha valutato i tassi di ospedalizzazione dello studio spagnolo citato, i costi delle ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca avanzata e i costi della somministrazione di levosimendan. Lo studio ha dimostrato che i costi associati al levosimendan e alla sua somministrazione sono più che compensati dai risparmi dovuti a una riduzione del tasso di ospedalizzazione derivanti dal suo utilizzo. Di notevole rilievo risultano le stime di risparmio nell’ambito del sistema sanitario campano.
“La spesa sanitaria per i pazienti con scompenso cardiaco è per buona parte riferita alle ospedalizzazioni – specifica il dottor Maurizio di Mauro, direttore generale dell’ospedale Monaldi; è pertanto logico che la riduzione delle ospedalizzazioni, che si realizza con la somministrazione periodica di levosimendan determini una riduzione della spesa sanitaria per la regione Campania. Dai dati preliminari di farmaco-economia si può stimare un risparmio netto annuale di numerose migliaia di euro per paziente. Inoltre occorre aggiungere il miglioramento della qualità di vita, in tali pazienti legato anche alla riduzione delle ospedalizzazioni o accessi la pronto soccorso, la qual cosa non ha prezzo per i pazienti e i propri familiari”.
Alla luce degli studi e dei risultati ottenuti in seguito al trattamento con levosimendan in Day Hospital, l’ospedale Monaldi si propone di estendere questa innovativa offerta sanitaria e raccolta dati a tutta la regione Campania. “La bontà della nostra esperienza ci ha imposto l’obbligo morale di coinvolgere gli altri centri della regione Campania – prosegue il dottor di Mauro. In tal senso recentemente si è svolto un incontro alla presenza di numerosi primari cardiologi campani. In tale occasione è stato presentato il protocollo e registrata l’entusiastica adesione di numerosi centri distribuiti in tutto il territorio regionale. L’ambizioso obiettivo di questo network è quello di creare una “best practice” regionale per offrire a tutti i pazienti con scompenso cardiaco avanzato tale opportunità terapeutica.