Dai metalli pesanti ci si può difendere

Dai metalli pesanti ci si può difendere

1 Maggio 2019 0 Di Andrea Del Buono *

Il fattore più pericoloso di questi inquinanti è dato dalla loro incredibile capacità di accumularsi nelle cellule, causando un danno ossidativo cronico.

Negli ultimi decenni con l’aumento dell’attività antropica c’è stato un aumento dei metalli tossici nell’aria, nell’acqua, nel suolo e nel cibo, tutte sostanze che possono entrare nell’organismo attraverso la pelle, l’apparato digerente e quello respiratorio.

Nonostante alcuni fattori siano inequivocabilmente definibili come inquinanti, (anche se presenti in tracce nell’ambiente), come avviene ad esempio per la Tcdd (diossine), il fattore più pericoloso è dato dalla loro capacità di accumularsi nelle cellule, causando un danno ossidativo cronico.

Quindi sostanze apparentemente innocue possono accumularsi lentamente nel tempo, compromettendo seriamente lo stato di salute. In questo contesto, diventa fondamentale – partendo dalle analisi dei minerali presenti nel capello come biomarcatori di danno ambientale – identificare il danno metabolico indotto a livello cellulare. Il danno metabolomico (studio sistematico delle uniche impronte chimiche lasciate da specifici processi cellulari ndr.) anticiperà futuri processi patologici e, quindi, la comparsa di patologie croniche ambiente-correlate. Identificare i biomarkers di danno ci consente di intervenire sia sull’ambiente, tramite un modello applicativo biotecnologico specifico, sia sull’uomo, al fine di ridurre il danno metabolico del tossico (Biotecnologie enzimatiche integrate alla Phytorimediazione).

Tale modello se confermato come da studi preliminari, potrebbe costituire valida e sostenibile iniziativa, in attesa di più efficaci metodi di bonifica, (tuttavia di gran lunga più impattanti e costosi), con innumerevoli vantaggi secondari per la salute della popolazione residente.

Più volte abbiamo evidenziato, facendone oggetto di pubblicazioni, e anche dei danni che i metalli pesanti apportano all’uomo; essendo essi gli inquinanti prevalenti, sono capaci di bioaccumularsi lentamente, danneggiando le cellule riproduttive, con la concreta possibilità di trasferire il danno trasferito alle future generazioni. Riteniamo dunque la questione di massima priorità in tema di inquinamento e malattie cronico degenerative.

Nostre osservazioni hanno infine riguardato la contaminazione marcata dei residenti di sesso femminile in età fertile, dai 20 ai 30; il danno metabolico viene infatti trasferito come corredo al feto della gravida, e quindi al nascituro. Di qui l’importanza di far nascere dei Centri di salute dove professionisti formati ed addestrati possano aiutare le persone residenti in aree ad alto rischio ad individuare e conoscere il proprio stato tossico, al fine di intervenire in modo appropriato e specifico.

*Immunoallergologo