Daniele Arceri, il vero successo è rispettarsi ed amare la propria visione di palcoscenico
26 Settembre 2022Il mondo, quello dell’Arte in particolare, ha pagato un duro prezzo sul fronte pandemico. Ce ne vuole parlare lei che questo particolare aspetto del dramma collettivo l’ha vissuto dal di dentro?
Si, devo riconoscere che il mondo dello spettacolo è stato forse il più colpito. Ma non lo ergerei su di un piedistallo, perché la vita di tutti ha subito un grandissimo arresto. Sicuramente, per quanto mi riguarda, non poter cantare e dare spazio a questa parte di me ha pesato. Ma in un certo senso mi ha permesso di scoprire altri lati inespressi e di non finire nell’identificazione dell’artista che fa solo quello. Ad esempio, ho iniziato a scrivere poesie ed ho svolto anche altri lavori. Trovo fondamentale immergermi nella realtà della vita. In quel periodo ed in generale ho continuato a praticare la meditazione talvolta Nam Myoho Renge Kyo ed altre volte solo ascoltando il mio respiro. Amo profondamente gli incensi le candele e le pietre che ci riconnettono alla terra. Tutto questo è il mio angolo spirituale che cerco di ritagliarmi ogni giorno per poter ricaricare le pile e per amarmi così come sono.
Per quella che è la sua esperienza, adesso che la situazione va migliorando e con il coronavirus che fa meno paura cosa sta succedendo nel suo mondo? Ci sono incoraggianti segnali di ripresa?
Si, assolutamente si! Io ho già ripreso a lavorare in diversi teatri e sicuramente sarà tutto ancora più semplice in futuro. Il pubblico non ha paura e noi tutti abbiamo voglia di vivere non facendo del male a nessuno.
Le “luci della ribalta” esercitano, per motivi diversi chiaramente, un fascino particolare sia sugli spettatori che sui protagonisti. Quale è stata la scintilla che ha fatto scattare in lei il desiderio di “saltare il fossato” e di recitare da protagonista.
Devo dire che non mi interessano molto le luci e la ribalta mi interessa l’intenzione che mi muove quando sono sul palcoscenico. Avere quel coraggio di mostrarsi realmente nudi difronte a degli sconosciuti, cercando e riuscendo a farsi amare.
Sicuramente ci sono incontri e persone che hanno segnato le nostre vite e condizionato, positivamente o negativamente, le nostre scelte, anche professionali. Ci racconta?
Devo dire che provenendo dal mondo della danza dove tutto è rigore dove tutto è sacrificio non ho avuto particolari problemi. Sicuramente lavorare con Massimo Ranieri, Sandra Milo, Anne Bogart e Broadway ha fatto si che io avessi fin da subito una forte interazione con il vero mondo dell’arte. Persone totalmente diverse fra loro che mi hanno trasmesso visioni diverse sullo stesso teatro.
La depressione è il male oscuro, in particolare legato ai ritmi di questa epoca, che coglie larghi strati della società ma che pare mieta tante vittime proprio nel mondo dell’arte. Tanti attori ed attrici hanno raccontato la loro esperienza di attraversamento di questo doloroso tunnel. Direttamente o indirettamente ha avuto contatti con questa realtà?
Per mia natura sono una persona forte pur avendo le mie fragilità (ma queste le considero un valore) e non ho mai avuto un esperienza personale di questo genere. Credo però che sia facile per gli artisti arrivare al fondo in quanto in un momento si tocca il cielo con un dito, si fanno incontri e spettacoli che ti riempiono totalmente il cuore, momenti dove si da tutto di se e altre volte, invece, si aspetta per mesi che quel telefono squilli.
Ci sono personaggi o ruoli che nella sua carriera hanno avuto particolare significato?
Si, un personaggio che ho amato tantissimo è stato Ishan in Siddhartha the musical, un personaggio intenso dal cuore puro e predisposto al sostegno altrui, disposto a tutto pur di salvare l’onore e il rispetto della sua regina. Grazie a questo personaggio ho potuto lavorare con Broadway Asia e inoltre sono stato candidato miglior attore non protagonista ai Broadway award of Italy.
La gente guarda al successo dei personaggi amati, ma dietro quel successo si celano tanti sacrifici ed un duro lavoro…
Il vero successo non è andare in televisione, il vero successo è rispettarsi ed amare la propria visione di palcoscenico. Il sacrificio è una dote degli artisti oltre che umana e, per raggiungere qualcosa in questo campo e soprattutto in Italia, c’è bisogno di tanto studio. amore e talento.
Si nasce attori o si diventa?
Si nasce artisti, si riceve un talento e dopo lo si forgia per non perderlo mai.
In famiglia o fra gli amici chi è stato a sostenere di più la sua vocazione artistica.
La mia famiglia mi ha lasciato fare e sperimentare, anche perché ho sempre sostenuto da solo i miei studi attraverso borse di studio o attraverso i miei guadagni. Mia madre è sicuramente la persona che mi ha ispirato di più nella mia vita, anche lei a suo modo è un’artista e mi ha sempre incoraggiato.
Un personaggio che non ha mai interpretato e che magari le piacerebbe portare in scena.
Mi piacerebbe recitare e cantare in un film di Pedro Almodovar , chissà presto accadrà…
Il discorso è valido in tutti gli ambiti, ma nel suo in particolare sembra avere particolare valenza: conta la bravura e la preparazione artistica o anche la fortuna ha il suo peso.
Conta il cuore che è il talento di sapere ascoltarsi e di seguire se stessi.