Di sclerosi multipla si può anche vivere
18 Dicembre 2018“È vero, non potrò più fare le cose a 200km/h ma, andando più lentamente, ho imparato a godere del paesaggio che si presenta sulla mia strada, che prima, durante la corsa, mi era quasi invisibile.”
Febbraio 2014. Sembrava una normale fredda serata invernale, quando cominciai ad avvertire i primi sintomi.
Una sensazione strana iniziava ad invadere il mio corpo. Alcune parti di esso le sentivo meno, come se si stessero addormentando. In pochi giorni tale sensazione aumentò, la parestesia si diffuse un po’ ovunque. Le mie gambe erano diventate pesanti come macigni, camminavo con sforzo e mi sentivo sempre più stanca.
Nel giro di una settimana, dopo una visita neurologica e dopo aver eseguito una risonanza magnetica totale, arrivò la risposta: si trattava di malattia demielinizzante. Ricordo ancora le parole del dottore che ebbe lo scomodo compito di dirmi cosa stesse accadendo: “Su Melania, con quel sorriso che hai sul viso e con tanta energia non stancarti mai di combattere”. Allora capii che qualcosa di grande stava succedendo, ma al contempo che avevo i mezzi per affrontarlo.
La sclerosi multipla, malattia autoimmune a carico del sistema nervoso centrale, era entrata nella mia vita, lo aveva fatto senza chiedere il permesso ed aveva deciso di diventare la mia scomoda compagna di avventure. La cosa più assurda è che mentre faceva capolinea nella mia quotidianità, nello stesso identico momento, con gli stessi identici sintomi si stava presentando ad una mia cara amica. Il dolore allora fu doppio.
Dopo la diagnosi, mi recai al policlinico di Napoli “Federico II”, centro di eccellenza per il trattamento di tale patologia, dove sono attualmente seguita dalla dottoressa R.Lanzillo. Iniziai subito i boli di cortisone per bloccare l’infiammazione e piano piano cominciai a recuperare sensibilità e quei brutti sintomi andarono via. Dopo il ciclo di cortisone, segui la prima terapia: l’interferone che mi ha accompagnato per i primi anni.
Quei primi anni che sono stati i più difficili in assoluto, perché ho dovuto imparare a convivere con una patologia cronica che mi imponeva la sua presenza e con un corpo che non era più quello di prima. Qualcosa era cambiato, era inutile negarlo e io dovevo trovare un nuovo equilibrio per riprendere la mia vita. Ho dovuto ben presto capire che l’energia a mia disposizione era un po’ meno rispetto al solito e stava a me ponderare le forze per affrontare la giornata.
Ho dovuto capire che c’erano giorni in cui la stanchezza e i giramenti di testa la facevano da padrona e che il mio corpo era paragonabile ad una batteria un po’ scarica, non dovevo esagerare nel portarla allo zero ma con un po’ di organizzazione potevo continuare ad avere una vita del tutto normale.
Dopo i primi anni e dopo un cambio terapia, l’esperienza ha cominciato a giocare un ruolo importante. Più conoscevo la SM, più avevo la sensazione di poterla gestire. Il segreto stava nel non farle la guerra, ma imparare ad accettarla e proprio accettandola lei mi avrebbe dato un po’ di tregua.
Ci tengo a dire a chi si trova nella mia stessa situazione che noi non siamo la SM e la SM non è noi. Io sono una ragazza di venticinque anni, che con qualche difficoltà in più, porterà avanti i suoi sogni. Proseguo con gli studi e, da futuro ingegnere biomedico, sogno di poter dare un contributo nell’ambito della ricerca che riguarda tale patologia.
È vero, non potrò più fare le cose a 200km/h ma, andando più lentamente, ho imparato a godere del paesaggio che si presenta sulla mia strada, che prima, durante la corsa, mi era quasi invisibile. La SM infatti è riuscita a farmi apprezzare le piccole cose della vita e trarre gioia da quella quotidianità che a volte sembra così banale, ma che a mio modesto parere è la cosa più preziosa che abbiamo.