Diabete, inibitori Sglt2 ancora sottoutilizzati
28 Dicembre 2020Valeria Manicardi, coordinatore del Gruppo Annali Amd: “L’analisi condotta sulla base dei dati Annali Amd ha evidenziato un indubbio sottoutilizzo di questa classe di farmaci”.
Per chi soffre di diabete le complicanze cardio-renali rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità: circa il 20% dei pazienti diabetici ha una storia di malattia cardiovascolare e quasi il 30% soffre di insufficienza renale cronica, una percentuale in forte aumento a causa del progressivo invecchiamento della popolazione (1 persona con diabete su 7 ha più di 65 anni). L’aumento del rischio di complicanze potrebbe avvalersi delle nuove terapie, come gli inibitori Sglt2, che sono ancora sottoutilizzati nonostante studi clinici abbiano dimostrato la loro efficacia.
Questo il principale dato che emerge dalla Monografia Annali “Benefici cardio-renali derivanti dall’applicazione dei risultati dei recenti trial condotti con Canagliflozin alla realtà diabetologica italiana” realizzata dall’Associazione medici diabetologi (Amd) e dalla Fondazione Amd onlus, con il contributo non condizionante di Mundipharma. Amd ha analizzato i risultati degli studi clinici CANVAS e CREDENCE (della classe degli Sglt2i) nella popolazione real world contenuta negli Annali 2020 che conta oltre 470 mila soggetti con diabete di tipo 2 monitorati in 258 centri di diabetologia italiani. “L’analisi condotta sulla base dei dati Annali Amd – spiega Valeria Manicardi, coordinatore del Gruppo Annali Amd – ha evidenziato un indubbio sottoutilizzo di questa classe di farmaci a scapito dei significativi guadagni in salute di cui la persona con diabete potrebbe beneficiare, sia in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari e renali, sia di ricoveri per scompenso cardiaco e di mortalità. Infatti, rispetto al potenziale 27% di soggetti arruolabili nello studio CANVAS, solo il 15% è effettivamente in trattamento con un Sglti. E lo stesso trend viene dimostrato in riferimento allo studio CREDENCE: del 2,8% dei soggetti potenzialmente eleggibili, solo il 10% viene trattato con questa classe di farmaci. La popolazione del real world trattata con questa classe di farmaci è più giovane, si tratta prevalentemente di uomini e di pazienti in prevenzione secondaria a testimoniare una certa resistenza a trattare pazienti più anziani e le donne, che pure hanno un elevato rischio cardio-renale”.
“Preoccupa la diffusa resistenza da parte dei diabetologi alla prescrizione e all’utilizzo di questi farmaci nei soggetti con diabete di tipo 2 ad alto rischio cardiovascolare, in parte dovuto ai vincoli dei piani terapeutici, e alla impossibilità nel 2018 di trattare i pazienti con insufficienza renale cronica – prosegue Manicardi. Le evidenze scientifiche di cui disponiamo oggi sono tali da indurre la comunità diabetologica a vincere l’inerzia terapeutica e ad estendere l’uso di questi farmaci anche alle persone con diabete in prevenzione primaria e alla popolazione anziana over 65 che potrebbe beneficiare di significative riduzioni di rischio cardiovascolare e renale”.