Diego Contro, una buona preparazione riduce gli infortuni da sovraccarico

Diego Contro, una buona preparazione riduce gli infortuni da sovraccarico

9 Settembre 2024 Off Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

Diego Contro, medico specialista in medicina fisica e riabilitativa, direttore  tecnico Medical Lab Vinovo, socio aggregato FMSI e team doctor Reale Mutua Fenera Chieri ’76 volleyball.

In tutti gli sport la richiesta di prestazioni più performanti aumenta il rischio infortuni. Quali  sono gli “incidenti di percorso” più comuni fra gli atleti del Volley?

Possiamo distinguere gli infortuni nel volley in due categorie, quelli traumatici e da overuse; se i  primi non sono prevedibili, gli infortuni da overuse o sovraccarico possono essere spesso prevenuti  mediante un adeguato inquadramento multidisciplinare a inizio stagione. La valutazione clinica e  funzionale dell’atleta, in collaborazione tra medico, fisioterapista e preparatore atletico consente  di impostare protocolli riabilitativi e preventivi adeguati in particolar modo per quei distretti più  “sensibili” nel corso della stagione agonistica, nello specifico la cuffia dei rotatori, il tendine rotuleo  e la muscolatura addominale. In caso di infortuni traumatici, a prescindere dalla gravità, è  fondamentale poter lavorare con alle spalle strutture diagnostiche e riabilitative d’eccellenza, dove  l’atleta può effettuare tutti gli accertamenti e le terapie necessarie per un pronto recupero. Una  struttura come il Medical Lab in Piemonte, di una delle cui sedi ricopro l’incarico di Direttore  Tecnico, garantisce una fitta rete di collaborazione con specialisti di assoluto livello, al fine di  assistere l’atleta in una gestione a 360°: tale supporto è fondamentale nella gestione degli sportivi  professionisti, dove ogni dettaglio può fare la differenza e non può essere lasciato al caso.

La prevenzione in Medicina è un obiettivo primario. Questa regola come si traduce nel mondo  dell’agonismo?

Professionalità, attenzione ai dettagli e lavoro di squadra. Penso che questi tre aspetti siano la  chiave per poter dare il meglio all’Atleta nella sua gestione globale. I bisogni di un agonista sono  innumerevoli, e l’unico modo per poter garantire un’assistenza di qualità è la capacità di  condivisione, comunicazione e collaborazione tra professionisti. Non si può, in solitudine e  autonomia, fornire la qualità necessaria a prevenire o eventualmente trattare le diverse necessità  alle quali un atleta può andare incontro in stagioni sportive sempre più intense e fitte di impegni,  con richieste di performance perennemente al top. Il lavoro di squadra è la base. A tal proposito la  prevenzione riguarda tutti gli aspetti del sistema corporeo, come quello muscolo-tendineo e osteo articolare, alimentare ma soprattutto cardiovascolare, con particolare attenzione da parte del  medico dello sport durante la visita di idoneità: questo è un momento cruciale per il via libera alla  pratica sportiva, non è un semplice certificato, ma un vero e proprio momento di prevenzione e  approfondimento di eventuali patologie che possono seriamente mettere a rischio la salute del  paziente; proprio per questo motivo deve essere eseguita presso Centri Specialistici di alto profilo  con professionisti attenti, e l’eventuale richiesta di esami cardiovascolari integrativi non deve  essere vista come una scocciatura, ma va nell’interesse preziosissimo dello sportivo!

 Quanto è importante seguire una sana alimentazione per un atleta agonista?

Direi che è la base; si sta diffondendo, negli atleti agonisti di qualsiasi livello, l’abitudine ad avere  nutrizionisti personali, ma è fondamentale che siano adeguatamente formati e non improvvisati; le  indicazioni alimentari, le diete, l’integrazione durante e post attività non possono essere uguali per  tutti. Ogni Atleta-Paziente può avere necessità diverse, pertanto la valutazione clinico-anamnestica  deve essere accurata. Non sempre infatti ci si trova a lavorare con il “sano”, anche gli atleti  professionisti possono avere patologie che necessitano di adeguato inquadramento: le  dislipidemie, le problematiche ormonali, sono all’ordine del giorno, pertanto anche le indicazioni  alimentari devono essere assolutamente individualizzate e bilanciate con eventuali farmaci in uso.  Aspetto molto delicato riguarda poi gli sportivi non professionisti, soprattutto giovani, per i quali è  fondamentale sia un’educazione alimentare di base – le cosiddette buone norme di  un’alimentazione varia ed equilibrata – sia un avvertimento verso quelle che possono essere le  “mode”, per quanto riguarda prodotti di integrazione, la cui composizione, provenienza e modalità

di assunzione – non sempre ben chiare – è fondamentale vengano monitorate da professionisti del  settore.

 Lei è un medico specialista in medicina fisica e riabilitativa. Le fa piacere ricordare qualche  esperienza particolarmente significativa nel campo della riabilitazione?

Negli anni i cosiddetti “successi terapeutici” possono essere molto eterogenei tra loro. In ambito  sportivo, le soddisfazioni maggiori sono legate a percorsi riabilitativi lunghi e complessi – immaginiamo un atleta che torna a giocare ad alto livello dopo un intervento chirurgico  ricostruttivo al ginocchio: in tal caso l’alleanza terapeutica creata, durante il percorso fino al  rientro in campo, riempie il cuore di emozioni e soddisfazioni, anche a distanza di anni. E’ proprio  nelle situazioni più complesse in cui emerge la qualità e il valore del lavoro di squadra: con il mio  Staff di squadra, con il mio Team riabilitativo al Medical lab, il costante confronto riguardo le  risposte dell’Atleta-Paziente alle proposte riabilitative consente di inquadrare precocemente  eventuali complicanze o anche solo rallentamenti del percorso riabilitativo impostato,  consentendo gli adattamenti necessari a portare a termine nella maggior parte dei casi il percorso  riabilitativo con successo. Non tutti gli inconvenienti sono prevedibili o evitabili, tuttavia negli anni  ho percepito quanto per il paziente sia importante sentirsi seguito a 360°: alcune patologie sono  difficili da recuperare appieno, tuttavia quando gli sforzi di tutta l’Equipe  riabilitativa sono  sinceri e condivisi, anche per il Paziente l’eventuale successo parziale viene sentitamente  apprezzato.

 Quando ancora studiava Medicina già immaginava di svolgere la sua professione in ambito  sportivo o questa scelta è avvenuta successivamente?

Assolutamente si. Fin dalle scuole superiori ho iniziato a coltivare questa passione, prima come  sportivo in prima persona, successivamente passando dall’altro lato della barricata, per così dire.  La possibilità di lavorare in Equipe, all’interno di una Team riabilitativo, è stata una passione  iniziale che ha preso sempre più forma nel corso degli anni. La possibilità di poterlo fare sia in  ambito pallavolistico che ambulatoriale quotidiano, a contatto con colleghi di spessore sia umano  che professionale, è una spinta costante nel fare di più, provando a farlo sempre meglio. Il valore  aggiunto di certi ambienti di lavoro emerge quando gli sforzi di tutti nel fare bene vanno nella  stessa direzione, aumentando la qualità lavorativa dei singoli professionisti così come quella  riabilitativa per i nostri pazienti.