Don Francesco Cristofaro: “Speranza, fede e carità devono essere i pilastri della nostra vita”
15 Novembre 2023La guerra in Ucraina ha rappresentato un brutto risveglio per le democrazie occidentali e quando tutti gridavano alla pace si è invece registrata l’apertura di un nuovo conflitto in Medio Oriente, con l’attacco ed il massacro di cittadini israeliani da parte di Hamas.
In questo momento sono decine le guerre in atto nel mondo delle quali nessuno parla. Cosa sta succedendo e cosa si può fare per evitare una deriva che è sempre più pericolosa?
O ci convinciamo di una fratellanza universale, oppure ci autodistruggeremo. È questione di una scelta: se la mamma dice al bambino: “non fare questo perché ti fai male” e il bambino non le da ascolto, quel non ascolto avrà delle conseguenze negative. Ogni “non sapersi ascoltare” avrà delle conseguenze negative. Anche tra i banchi dei politici, mi sembra spesso che ci sia un non ascolto. Chi veramente sa farsi operatore di pace?
Il Pontefice sollecita il popolo di Dio alla preghiera che è un’arma importante nelle mani dei figli di Dio ma intanto le chiese si svuotano e l’incontro personale diventa sempre più raro.
Papa Francesco non perde occasione per invitarci a pregare per la pace. Temo che noi siamo quelli del “tempo delle notizie”. Quanto dura una notizia? È forse finita la guerra in Ucraina? No. Ma non se ne parla più. Le chiese si svuotano? Due sono i mali: un cattivo lavoro dei pastori e un eccessiva concentrazione solo sul materiale, sull’esteriore. Se si pensa a curare solo il corpo, non si ha necessità di trovare del tempo per curare l’anima. Se al corpo diamo tutto, la preghiera, invece, ci ricorda che dobbiamo imparare l’equilibrio delle cose. Ma a cosa siamo disposti a rinunciare? Oggi nelle omelie, non possiamo più toccare alcuni temi. Ti linciano, ti spiattellano sui social, sui giornali. A cosa serve pregare se non si ha il desiderio de elevarsi spiritualmente? Però, diamo anche una lettura diversa. In quelle comunità dove ci sono pastori che lavorano, le chiese non sono vuote e ci sono, perfino anche i giovani. Io ne so qualcosa, per esperienza personale e per i tanti viaggi che faccio in tutta Italia. La Chiesa non è morta. Anzi.
L’attacco proditorio subito da Israele ha comportato la perdita di migliaia di ebrei e a la creazione di ostaggi-bambini ma, a distanza di poco più di un mese oggi si parla solo della reazione di Israele e delle vittime palestinesi.
Ma come si fa a difendersi da un nemico che ti spara dagli ospedali e dalle scuole e che ha come obiettivo quello dell’annientamento dello Stato di Israele?
Non è mio compito dire come difendersi. Il Signore ha messo nelle mie mani un’arma molto potente che dovrebbe essere oggi riscoperta e valorizzata, almeno dai credenti: la preghiera. “Beati gli operatori di pace”, ha detto un giorno Gesù a coloro che lo ascoltavano. Operare per la pace significa sforzarsi di costruirla ogni giorno. La Madonna, in molte occasioni, ha chiesto di pregare la pace perché lo scenario non è e non sarà bello. La guerra non è qualcosa che appartiene a quello Stato, a quella Nazione, ma riguarda ciascuno di noi. Non importa dove venga sganciata la bomba. Importa, invece, chiedersi perché un uomo arrivi a distruggere un ospedale, a far morire dei bambini, a rapire e uccidere dei sacerdoti. In quel petto non c’è più un cuore. Tutti esorto a essere costruttori di pace e la pace inizia quando incomincio a chiederla e a portarla.
Fede, Speranza e Carità sono virtù cosiddette teologali. La speranza che cerchi è il titolo del suo ultimo libro. Ce ne vuole parlare?
Tra le virtù, la speranza è insieme alla fede e alla carità, un pilastro su cui si deve poggiare la nostra vita, sotto cui rifugiarsi quando arrivano improvvisi terremoti a sconvolgere la nostra esistenza.
Mi vengono alla mente due frasi. La prima di Papa Francesco: “Non lasciatevi rubare la speranza”. Ogni giorno c’è qualcuno, qualcosa che vuole strapparci la speranza dal cuore. Siamo sempre tentati a mollare, a non reagire a non combattere perché i nostri sforzi appaiono vani. No, non possiamo permettere che ci venga rubata la speranza. L’altra frase è molto più antica e risale a San Pietro: “Pronti sempre a rendere ragione della speranza che è in voi”. Questa speranza per noi cristiani ha un nome ed è Gesù Cristo. Per uscire dall’ansia dobbiamo coltivare la nostra amicizia con Cristo, vero datore di speranza. Capisco anche che c’è chi non ha il dono della fede. A loro ma anche ai credenti dico: imparate a dare il giusto valore ad ogni cosa. Incominciate ad apprezzare tutto ciò che avete. Curate le relazioni. Dedicate più tempo alle persone care. Smettetela di correre. Iniziate a camminare e poi a passeggiare. Quante cose nuove scoprirete che sono sempre state sotto i vostri occhi ma non le avete mai viste.
In questo libro “La speranza che cerchi” edito da Rizzoli, ho messo insieme otto storie: quattro sono santi straordinari e quattro sono storie comuni, della porta accanto. Il tema è la speranza ma a questo tema ho inserito quattro caratteristiche: il sorriso, la gratitudine, la preghiera e l’amore, tutte condizioni indispensabili per nutrire la speranza.
La storia della piccola Silvia Tassone l’ho affiancata a quella di San Pio per la caratteristica della preghiera. Padre Pio pregava: si dice che ogni giorno pregasse oltre trenta rosari. Anche Silvia pregava e riportava tutti alla preghiera e a confidare nel Signore. Non mi meraviglio che una bambina facesse tutto questo. Nella storia della chiesa ci sono tanti bambini come Silvia. Mi vengono alla mente i tre pastorelli di Fatima. La più piccola di loro, Giacinta amava fare rinunce per amore di Gesù. Sulla bocca di Silvia troviamo espressioni: “Non voglio niente. Ho tutto”. Nel libro c’è anche Carlo Acutis che muore a 15 anni per leucemia fulminante. Ma lui già da piccolino, rinunciava alle scarpe nuove per aiutare i poveri. Beh, Silvia, Carlo, Giacinta e chi sa quanti altri potrebbero farci una buona lezione. Silvia muore per un cancro a soli undici anni. Era felice, ballava, scriveva poesie e diceva: “Ho tutto. Mi sono venduta a Gesù”.
Nel libro c’è Assunta, tetraplegica. Vive da sempre in una carrozzina. Si esprime a fatica. La sua caratteristica è il sorriso. Sorride sempre, sorride a tutti e parla di speranza realizzando dei quadri bellissimi con il suo casco in testa e la tastiera di un computer. La sua storia è affiancata a San Gabriele dell’Addolorata riconosciuto come il Santo del sorriso.
C’è anche la storia di Angela. La caratteristica di questa donna? Le hanno sempre detto in decine di occasioni: “non ce la farai mai!”. Lei, nata cieca e con diverse disabilità ha sempre lottato e ha potuto dire ogni volta: “ce la farò!”. Oggi è laureata e lavora. La caratteristica per cui l’ho scelta è la gratitudine. La sua storia è affiancata a quella di Santa Giuseppina Bakhita, la schiava divenuta cristiana, suora, poi santa.
Infine c’è Giuseppe, un ragazzo bellissimo, pieno di vitalità, un grande sportivo. Un incidente con la macchina gli stravolge la vita. Oggi vive in carrozzina ma l’amore per la vita è la caratteristica per cui l’ho scelto. La sua storia è affiancata a quella del Beato Carlo Acutis
Sono storie comuni, ma straordinarie, di santità nascosta, persone che, inaspettatamente, si sono trovate sul cammino della vita un muro cento volte più alto di loro. Non vedevano oltre, la loro vita era avvolta dal buio e il muro troppo alto per poter comprendere cosa ci fosse dall’altra parte, se ci sarebbe stata un’altra possibilità, se sarebbero sopravvissuti. La domanda che aleggia nelle storie è stata anche la mia e forse è anche la tua: “E adesso cosa farò?”. Loro non vedevano oltre il buio in cui erano sprofondati. Ma poi hanno incontrato quella luce che ha trasformato tutto. Questo è un libro semplice, breve e accessibile a tutti. Un libro che spero possa aiutare il lettore, chiunque esso sia, a capire che la vita è meravigliosamente bella, anche se segnata da momenti difficili, dolorosi, anche brutti e, umanamente parlando, difficili da accettare e digerire. Questo libro è la ragione della mia speranza.