Due sanità, due pesi e due misure (I parte)
19 Agosto 2019La sanità italiana regge sul capitale pubblico ma finisce per operare una divisioni fra gestione pubblica e privata, a tutto vantaggio per quest’ultima.
A tutti, anche ai non addetti ai lavori, è capitato di leggere articoli di stampa inerenti, presunti o reali, casi di malasanità. Per quanto attiene agli accadimenti più eclatanti, anche a chi non ha dimestichezza con la lettura dei quotidiani, sicuramente è la notizia è giunta, di rimbalzo, attraverso qualche servizio di un telegiornale.
Non sappiamo in quanti (sarebbe interessante fare un sondaggio in merito) hanno riflettuto sul fatto che, nella quasi totalità dei casi, quando a protagonista dell’increscioso o tragico episodio è un ospedale pubblico questo non solo viene menzionato nel pezzo di cronaca, com’è giusto che sia, ma quasi sempre si trova modo di inserire il nome del nosocomio se non nel titolo cubitale, almeno nell’occhiello o nel catenaccio. Così l’intestazione di un plesso ospedaliero, che magari nel complesso garantisce anche buone prestazioni, finisce per essere legato alla “disavventura sanitaria” e diventa: l’ospedale dei topi, degli scarafaggi, delle formiche, del primario che trasferisce i pazienti dal reparto pubblico alla sua casa di cura privata, del ferro chirurgico dimenticato nell’addome… Tanto per rimanere agli episodi più recenti.
Bene. Ritorniamo alla domanda iniziale, solo restringendo un po’ il campo: in quanti hanno considerato che nei casi di malasanità, a meno che si sia trattato di fatti proprio rilevanti, il nome delle strutture ospedaliere, a gestione privata, scompare per essere sostituito dalle più anonime “casa di cura” o “clinica”?
Sicuramente, in questi casi, sempre l’indimenticabile Totò parlerebbe di “ospedali scognomati”.
A domanda segue domanda: tutto frutto del caso? No. Anche perché quando il caso si ripete, e con una certa frequenza, non rientra più nell’imprevedibilità, nell’accidente ma nella casistica e questa risponde a regole matematiche ben precise. Non si tratta certamente di casualità. Ed allora? Scomodando ancora Totò ripetiamo a noi stessi: “Ma voglio vedere questo stupido dove vuole arrivare”.
Presto detto. Esistono due pesi e due misure: una riservata “all’inefficiente, costoso, improduttivo” e vituperato segmento pubblico della sanità, l’altra, invece, che prende in considerazione “l’efficiente, risparmioso, produttivo” mondo della sanità convenzionata. Chiaramente il fenomeno è talmente complesso che è impossibile ridurlo negli spazi angusti di un articolo di giornale. La semplificazione si è resa necessaria solo per approdare ad una prima conclusione: c’è un tentativo, in parte già attuato, di far passare il concetto che anche nel delicatissimo settore della salute “privato è meglio”. Chiunque però guarda al settore con occhio attento e scevro da condizionamenti, anche ideologici, sa che le cose non stanno proprio così. (continua)