Fabio Cavallari: “Bisogna amare ciò che si fa dando sempre il massimo”
4 Maggio 2022Oggi parliamo di Covid, sport e salute con un atleta con la A maiuscola: Fabio Cavallari.
La fase pandemica nella sua fase più acuta sembra ormai essere alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha affrontato questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio e il disagio legato alle severe misure restrittive?
Durante il periodo di lockdown la cosa che più mi ha segnato è stato l’obbligo del restare chiuso in casa… da Trail runner il fatto di non poter uscire a correre per sentieri è stata una durissima restrizione; fortunatamente, vivendo in un abitazione con un piccolo cortile a disposizione, sono riuscito a limitare questa cosa proprio sfruttando quei pochi metri che avevo a disposizione per improvvisare un allenamento.
La paura del contagio non mi ha colpito più di tanto in quanto penso sempre che se una cosa deve accadere allora accade e ho preferito vivere la vita (seppur nelle limitazione stabilite dal governo) nella più totale serenità mentale, cercando di respingere ogni pensiero negativo e focalizzandomi giorno per giorno sul “Qui e Ora”.
Le restrizioni e il tentennamento del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto per quello cosi detto minore, cos’è successo in particolare nella sua specialità?
Essendo il mio uno sport soggetto, per ovvi motivi, ad assembramenti posso dire che è stato uno dei più colpiti nella fase acuta della pandemia. Solo con il diminuire degli effetti della COVID e il relativo abbassamento delle restrizioni si è riusciti ad avere una situazione di normalità: prima potendo uscire a correre in solitudine e, nel corso del tempo e di ulteriori allenamenti, anche a partecipare alle prime competizioni sportive (seppur vincolate da specifiche norme di prevenzione e limite nel numero di partecipanti per evitare eccessivi assembramenti). Solo in questo periodo sembra che sia tornato tutto alla quasi totale normalità.
Chi è stato a spingerla all’attività agonistica o si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni?
L’attività agonistica è stata una conseguenza… è partito tutto dalla passione per lo sport e il benessere fisico (nel mio caso specifico la corsa). Non ho un modello a cui ispirarmi in quanto penso che ognuno di noi debba sempre essere alla costante ricerca della versione migliore di se stesso… cercando sempre di raggiungere nuovi obiettivi e spingendosi sempre oltre i propri limiti.
Il concetto è che bisogna sempre “alzare l’asticella ad un livello superiore”.
Al di la delle doti personali e delle attitudini quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?
È proprio la forza di volontà il vero motore che ci fa raggiungere determinati obiettivi. La cosiddetta “genetica” può aiutare un individuo nel processo ma non potrà mai andare a sostituirsi al potere che ha la volontà in tutto questo. Nel mio sport, trovandosi a percorrere lunghissime distanze per ore, il fattore mentale gioca un ruolo fondamentale: arriva un certo punto che il fisico grida “basta”… ed è proprio in quel momento che subentra la mente che, con la dovuta preparazione psicologica, è capace di far rinascere in te la forza necessaria per poter continuare.
Cosa suggerirebbe ai giovani che si avvicinano alla sua specialità?
In primis di divertirsi… se manca questa cosa non si va da nessuna parte; a questo si aggiungono i tre pilastri fondamentali: Passione, Costanza e Dedizione (dobbiamo amare ciò che facciamo, mettendo sempre tutto noi stessi in ogni singolo giorno).