FMT, lettera aperta al presidente Anelli

FMT, lettera aperta al presidente Anelli

12 Gennaio 2025 Off Di Giuseppe Cacace*

Gentile presidente Anelli, ho ascoltato la sua recente intervista a Tg Salute e mi compiaccio che abbia le idee così chiare sul futuro della medicina generale, tanto da poter addirittura enunciare a chiare linee impegni orari ed obiettivi dei medici di famiglia italiani per l’anno appena iniziato.

Presidente Anelli, a nome di tutti i medici di medicina generale, la ringrazio sinceramente per l’interessamento e la premura nei nostri confronti. Peccato che, nel mentre sindacati di categoria e parte pubblica ancora brancolano nel buio, in attesa di un nostro chiaro inquadramento contrattuale ed operativo nelle case di comunità, lei sembra l’unico ad avere già certezze granitiche. Mi sorge pertanto il legittimo dubbio se lei sia davvero consapevole delle attuali dinamiche lavorative ed organizzative che ruotano attorno alla medicina generale, o se parli per sentito dire, magari su suggerimento di qualche gobbo da dietro le quinte.

Mi permetta dunque di esprimerle alcune perplessità. Lei parla di 20 milioni di ore di lavoro nelle case di comunità, da ripartire sugli attuali circa 37000 medici di famiglia. Si tratterebbe di circa 550 ore annue per ogni medico. A fine 2026, fatti i dovuti calcoli, dette ore salirebbero a circa 650 per medico, considerando che da stime AGENAS, alla luce dei pensionamenti previsti e della scarsa attrattività del nostro corso di formazione, resteremmo in servizio all’incirca in 30000 o poco più. Tra l’altro lei sostiene che questa novità riguarderebbe tutti i medici di famiglia. La verità è che, da Accordo Collettivo Nazionale vigente 2019-21 (accordo siglato e già scaduto), tutto ciò al momento si applica solo ai nuovi convenzionati dal 01/01/2025 in poi (si immagini quanto saranno entusiasti!) mentre resta opzionale per i convenzionati ante 2025. Questo sempre che nel prossimo ACN 2022-24, che si ipotizza possa essere firmato entro fine anno, il governo ed un certo sindacato maggioritario per la medicina generale, che lei conosce bene, non si accordino per estendere retroattivamente tale obbligo a tutti i medici di famiglia in servizio. Ma sorvoliamo su questo scivolone e andiamo avanti.Ora, secondo lei, a quale categoria di lavoratore si potrebbe chiedere nel XXI secolo di lavorare d’emblèe alcune centinaia di ore in più, senza prima rimodulare in maniera sistematica e concertata i suoi precedenti obblighi contrattuali? Come si può pretendere di gravare i medici di famiglia di ulteriori oneri ad attività oraria nelle case di comunità, mantenendo allo stesso tempo l’attuale sistema degli studi periferici con rapporto fiduciario a ciclo di scelta? Lei pensa che siamo degli automi instancabili o dei servi della gleba? O magari lei concorda con il ministro Giorgetti, quando dichiarava che nessuno va più dal medico di famiglia? Forse anche lei ci immagina a rigirarci i pollicidietro le nostre scrivanie, lavorando tutt’al più 3 ore al giorno, con la segretaria a compilare le ricette e godendo di stipendi faraonici?

La verità, gentile presidente Anelli, è che ormai quasi nessuno vuol fare il medico di famiglia ed a ragion veduta. Si va dalla burocrazia opprimente (anche per compiti non previsti da contratto, come le trascrizioni per mancata ricettazione da parte di molti specialisti ospedalieri e convenzionati), alla continua revisione e contrazione del nostro budget sanitario che esacerba la conflittualità con l’utenza aumentando il rischio di aggressioni (utenza da cui paradossalmente dipende il nostro stipendio, in quanto le ricordo che siamo pagati a quota capitaria), alle scarse tutele che, in caso di imprevisti personali e familiari, rendono molto difficile lavorare con la necessaria serenità. Dunque, sempre meno tempo per la clinica e la prevenzione, mentre si resta al palo, ad esempio, con la diagnostica di primo livello (per le farmacie dei servizi si è invece proceduto a passo di record) e l’impressione che si venga impiegati sempre più come amministrativi e controllori di spesa, nei confronti di possibili richieste inappropriate da parte dell’utenza. In questo scenario, sono sempre di più i medici di famiglia che preferiscono andare in pensione appena maturati i requisiti, mentre chi potrebbe subentrare desiste o lo fa per il tempo necessario ad avviare un percorso ritenuto migliore, come una scuola di specializzazione.

Caro presidente Anelli, noi medici di famiglia le vogliamo bene e comprendiamo che lei parli così semplicemente perché ignora la nostra dura realtà quotidiana. La invito ordunque nel mio studio, scelga lei il giorno che le è più comodo. Non si offenda però se non potrò dedicarle molto tempo. Interrogando il mio database ho scoperto, nella prima decade di gennaio, di aver effettuato quasi 700 accessi a cartelle cliniche (per la precisione 685), oltre a circa 180 visite ambulatoriali e 22 visite domiciliari in 6 giorni lavorativi. E non siamo giunti ancora al picco influenzale!

P.S. non mi accusi di pedanteria, ma le vaccinazioni, l’assistenza infermieristica e la gestione della cronicità sono servizi già garantiti, pur tra crescenti difficoltà, negli attuali ambulatori della medicina generale. Francamente non mi è ancora chiaro che ruolo dovremmo svolgere in una casa di comunità, né le modalità di interazione con gli specialisti ambulatoriali. Ma questo me lo spiegherà lei con calma quando mi verrà a trovare a studio, adesso devo lasciarla per spedire alcune ricette elettroniche prima di andare a dormire (ebbene si, noi medici di famiglia spesso lavoriamo anche da casa e nel fine settimana).