Francesco Capuano, la danza in Italia non è adeguatamente valorizzata
3 Febbraio 2021
La danza è la madre di tutte le arti. La musica e la poesia esistono nel tempo; la pittura e l’architettura nello spazio. Ma la danza vive contemporaneamente nel tempo e nello spazio. Prima di affidare le sue emozioni alla pietra, al suono, l’uomo si serve del suo corpo per organizzare lo spazio e ritmare il tempo.
(Curt Sachs).
Questa meravigliosa Arte ha l’abilità di farti volare via in un’altra dimensione spazio-temporale, sia quando la pratichi, sia quando assisti ad uno spettacolo di danza.
Eppure il maledetto Covid-19 ha tolto alle giovani generazioni la possibilità, sia di praticare la danza, sia di assistere, dal vivo ad una rappresentazione coreografica.
Parliamo di questo con Francesco Capuano.
Danzatore versatile e coreografo, nasce e si forma a Napoli all’accademia di danza del maestro Enzo Paolo Turchi, perfezionandosi sulla danza Modern Jazz tecnica Mattox e Luigi.
Dopo gli studi inizia in percorso di assistente alla coreografia e di docente di danza jazz.
Continua l’approfondimento della danza contemporanea, danza classica e jazz in Italia e Inghilterra, dove ha vissuto, studiato e lavorato per diversi anni.
Partecipa a diverse trasmissioni televisive come danzatore e inizia a lavorare con diverse compagnie di danza tra le quali Evolution Dance Theater, Compagnia Korper di Napoli, Belinda King Production Londra, ricoprendo diversi ruoli come danzatore, assistente coreografo, manager di compagnia e capo balletto.
Attualmente è impegnato con la compagnia di danza “Étoile Ballet Theater” di Piacenza come guest solist e continua la sua attività di docente freelance di tecnica jazz, collaborando con diverse accademie e scuole di danza sul territorio italiano.
Affianca al suo percorso di danzatore l’attività di coreografo, nel dicembre 2016 vince, con le coreografie della performance “Glitch Project” il premio “Il Coreografo Elettronico XX”, concorso internazionale di video danza e in seguito nel 2018 vincitore con lo stesso lavoro coreografico, di “XL Danza Urbane” bando nazionale per giovani coreografi emergenti performando nei migliori festival di danza italiani.
Crea per il centro coreografico “Korper” di Napoli le coreografie per “Dance Nations”, evento prodotto in occasione dei mondiali di calcio 2010 presso la mostra d’Oltremare di Napoli e “Concerto “per la cantante Valentina Stella con la regia di Massimo Andrei in scena al teatro Bellini di Napoli.
Come ha vissuto e vive Francesco Capuano la paura del contagio ed il disagio per le indispensabili misure restrittive?
In primis vorrei ringraziare la redazione per aver dedicato uno spazio al mondo della danza, dandomi così la possibilità di esprimermi a riguardo, in un momento così difficile laddove pochissime testate giornalistiche considerano il grande disagio e le profonde problematiche che noi artisti stiamo vivendo.
L’inizio di questa pandemia è stata una doccia fredda, ritrovarsi all’improvviso da un giorno all’altro senza punti di riferimenti lavorativi e sociali, rimettendo in gioco tutto il percorso costruito da più di 20 anni di vita, non è stato facile.
La danza come tante attività di movimento ha bisogno di spazi per esprimersi, e ritrovarsi rinchiuso in casa per mesi mi ha fatto comprendere come si sente un leone in gabbia.
Mentalmente è stato un duro colpo durante la prima ondata di pandemia, ma dopo ho iniziato a reagire, a ricercare l’opportunità in questo momento e a guardare le conseguenze di questa pandemia in un’altra prospettiva. Ho iniziato a rivalutare e riconsiderare tutte le più piccole cose che si davano per scontate prima della pandemia ed a ritrovare in esse un nuovo e grande valore umano, morale e psicologico.
La paura del contagio non l’ho mai avuta, sono dell’idea che la paura possa condizionare il corpo e la mente abbassando le difese immunitarie, naturalmente ho rispettato sempre tutte le misure precauzionali per tutelare me e chi mi circonda.
Il disagio per le restrizioni è stato grande, danzare con la mascherina, evitare il contatto, mantenere la distanza, ha condizionato inevitabilmente l’espressione artistica della danza
La danza: aprirsi ai regali dell’aria e scoprire le mille forme del proprio corpo. (Fabrizio Caramagna). Cosa rappresenta per Lei la Danza?
Devo molto alla danza, per me rappresenta un ponte tra la mia personalità e il mondo che mi circonda. Le sono debitore in quanto è riuscita a plasmare, attraverso la sua disciplina e la sua libertà di linguaggio, il mio corpo e la mia mente migliorando la mia vita.
Quanto è penalizzante per le giovani generazioni l’impossibilità di frequentare in sicurezza in questo periodo, le Scuole di Danza?
Più tempo passa e più diventa penalizzante e destabilizzante per i giovani non poter frequentare teatri e lezioni di danza dal vivo, con il rischio di perdere memoria e interesse nell’arte scenica e culturale, per non parlare dell’aspetto psicofisico e relazionale, fondamentali per questa disciplina.
La danza e il mondo dello spettacolo sono stati e continuano ad essere i più penalizzati in questa pandemia. È da un anno ormai che i ragazzi non riescono a studiare in presenza, costretti a seguire video lezioni online da casa su pavimenti poco consoni e stanze spesso piccole per consentire adeguatamente grandi movimenti nello spazio. Sono convinto che la scuola di danza possa essere un luogo sicuro per i ragazzi dove riprendere in presenza le lezioni e gli allenamenti con le adeguate precauzioni e protocolli di sicurezza.
Purtroppo viviamo in una nazione che non ha mai compreso l’importanza e il valore della propria storia culturale, considerando la danza un settore di serie B.
Attesi i benefici del ritmo della danza, quale espressività non verbale, corporea, gestuale, mimica, posturale, autentica e trasparente, Lei mi annovera tutti i nocumenti arrecati dalla sua Esperienza del Lockdown, considerato che la danza è anche Cura-Terapia?
Anche se la danza non è uno sport, il corpo del danzatore ha bisogno di un allenamento continuo e costante, sia per la prevenzione degli infortuni e della resistenza fisica che per la resa tecnica in scena. Questo è il danno maggiore provocato dai reiterat lockdown. L’associazione di allenamenti discontinui e l’impossibilità di performare dal vivo in scena, portano l’artista/atleta in un’altalena di fasi di frustrazione e ripresa.
Personalmente, dopo un primo periodo di smarrimento ho voluto ricominciare proprio da me stesso rimettendo in discussione il modo di vivere la danza, ricercando ancor di più la sua essenza benefica.