Fulvio Migliaccio, sul covid la voce di un “cronista da strada”
11 Dicembre 2020L’ennesimo DPCM del presidente Conte prova ad innalzare una diga contro una pandemia da Covid-19, che ancora imperversa nella nostra Penisola, angosciando la popolazione anziana e quella fragile per altre patologie.
Un DPCM che dovrebbe salvare vite, ma anche un’economia in dissesto, con aziende ed esercizi commerciali che chiudono e con ristori che, allorquando arrivano, non assolvono alla loro funzione in modo efficace.
Un governo di Unità Nazionale, indispensabile in situazioni drammatiche come la realtà che stiamo vivendo, non risulta possibile. Intanto immunologi e virologi forniscono argomentazioni varie ed offrono soluzioni non sempre compatibili.
A tal proposito intervistiamo un commentatore politico di prestigio: Fulvio Migliaccio, inviato red. approfondimenti Rai Parlamento.
Come ha vissuto e vive la paura per la Pandemia e le necessarie restrizioni Fulvio Migliaccio?
Beh, grazie intanto per l’attributo di commentatore. Resto sempre un cronista di strada che ascolta le voci e le storie degli altri.
La pandemia la vivo con consapevolezza e senza isterismi. Ho chiesto e scelto di lavorare in esterna durante il lockdown quando ero al Giornale Radio. Ho fatto un mezzo giro d’Italia proprio per raccontare la realtà del paese. La mia professione me lo ha consentito. A livello personale sto attento. Evito di andare in giro per diletto e cerco di tenere un’alimentazione sana e fare attività fisica. Aiuta a rinforzare l’organismo. Poi le storie che ho ascoltato mi hanno anche insegnato che è come se giocassimo una lotteria. Quindi c’è pure una componente imponderabile.
Governo Nazionale e Regioni quasi mai concordano sull’azione politica da attuare per fronteggiare la crisi in atto. Chi ha ragione?
Direi che ha ragione la Costituzione della Repubblica Italiana che, con la riforma del Titolo Quinto ha dato maggiore autonomia alle Regioni in tema sanitario e di Protezione Civile.
A mio parere però non bisogna usare l’autonomia di regioni ed enti locali come strumento per fare opposizione politica. Per fare “dispetto” al governo. Diverse visioni politiche, implicano diverse declinazioni dei provvedimenti da attuare. Ma non bisogna dimenticare che la salute viene sempre prima dello sviluppo economico. Non c’è sviluppo senza salute. E, quando si emettono ordinanze in contrasto con le decisioni del governo bisogna sempre ricordare il concetto di “materia concorrente”. Faccio solo un esempio: la “sanità” è demandata alle autonomie locali. La “salute” la tutela lo Stato.
La pandemia ha sconvolto le vite di tutti noi: cittadini, scienziati e politici. Le scelte politiche, per il bene comune e condiviso sono opinabili! Come focalizza Lei il rapporto tra scienza e potere politico?
Devo dare per scontata l’autonomia della scienza dal potere politico. Altrimenti giustificherei il negazionismo della star di Youtube “Angela da Mondello” che dice che: “non ce nn’è coviddi”. Il problema è che il potere politico deve essere onesto nel raccontare ai cittadini che le decisioni sono, sì prese in nome della salute, ma pur sempre politiche. Saranno poi i cittadini (a tempo debito attraverso le urne) e il Parlamento (con le votazioni di fiducia), a premiare o bocciare le iniziative prese. Attenzione quindi a far credere all’opinione pubblica che le decisioni: “le hanno prese gli scienziati.” Sulla disparità di opinioni, prima durante e dopo la pandemia, penso che siamo fortunatamente in democrazia e ognuno è libero di manifestare la propria. D’altronde, se qualcuno davvero avesse la ricetta, il problema covid lo avremmo eliminato da tempo. Attenzione però. E penso alla Cina. La pandemia va sconfitta preservando le istituzioni democratiche e i diritti dei cittadini conquistati nel mondo occidentale.
Secondo Lei la pandemia ha modificato il modo di comunicare in politica e l’Italia come sta gestendo la pandemia rispetto agli altri Paesi europei?
La pandemia ha cambiato le nostre vite e continua a cambiarle. Figuriamoci se non ha cambiato anche la comunicazione politica. Certo mi piacerebbe che, una volta che fosse tutto finito, si tornasse a dialogare di più “in presenza”, come ormai si dice. Non perdiamo di vista e abbandoniamo l’opportunità del confronto.
Sul tema di come l’Italia stia gestendo la pandemia dico: né meglio, né peggio di altri paesi. Un esempio veloce. Sono stato in vacanza in Francia quest’estate. Noi uscivamo da un lockdown pesantissimo mentre sembrava quasi tutto finito. La Francia aveva varato misure meno restrittive delle nostre. L’estate francese si presentava con spiagge senza distanziamento e ristoranti affollati come nulla fosse. Si sono beccati il secondo lockdown. Quindi direi che non dobbiamo lodarci da soli, ma neanche gettare la croce su chi ci sta governando. Chiunque commetterebbe degli errori davanti a una situazione mai fronteggiata, dal dopoguerra a oggi. L’importante è farlo in buona fede. Secondo me, però dobbiamo definire con coraggio che paese vogliamo al termine della pandemia. Analizzando con lucidità problemi ed esigenze. Senza scontri tra “curva nord” e “curva sud”. Servirà a indirizzare gli investimenti coi soldi che giungeranno dall’Europa. E’ un’occasione che non dobbiamo lasciarci sfuggire. Altrimenti dietro l’angolo c’è un paese vecchio, demotivato e, peggio, in default economico.