Gestante ritarda la chemio per amore del figlio
15 Giugno 2020Dal momento della diagnosi, Patrizia è stata seguita dalla Brest Unit dell’Ospedale Cardarelli di Napoli, dall’equipe del dottore Ferdinando Riccardi.
Cuore di madre. Patrizia oggi ha 34 anni e sorride a suo figlio Federico. Stanno bene entrambi, eppure hanno alle spalle una storia non semplice. Patrizia ha scoperto di essere malata di tumore al seno durante la gravidanza: era all’inizio del quinto mese di gestazione, poco più di un anno fa, quando le fu diagnosticato il cancro al seno. “Al tatto sentivo un nodulo – racconta – ho fatto una prima ecografia a cui è seguita una biopsia e il 27 maggio scorso, nel 2019, poi la diagnosi”. È in quel momento che è iniziato per Patrizia un percorso che lei definisce “particolare”.
“Ero incinta – dice – per un momento ho dovuto valutare l’ipotesi di una scelta da compiere, non perché mettessi a rischio mio figlio, ma perché portando avanti la gravidanza avrei ritardato le mie cure». Patrizia, però, non ha avuto alcun dubbio. Federico sarebbe nato in totale sicurezza. Quando ha saputo della diagnosi, la prima cosa che ha fatto è stata dire al suo fidanzato di sentirsi libero di andare via. “La risposta? Mi ha chiesto di sposarlo – afferma – cosa che abbiamo fatto, con rito civile, prima che nascesse Federico”.
Dal momento della diagnosi, Patrizia è stata seguita dalla Brest Unit dell’Ospedale Cardarelli di Napoli, dall’equipe di Ferdinando Riccardi, direttore di Oncologia e da Claudio Santangelo, direttore di Ostetricia e Ginecologia. “Abbiamo un programma che prevede una terapia medica prima dell’intervento – spiega Riccardi – il tipo di tumore in questione è molto sensibile alla chemioterapia; il trattamento definito ‘neoadiuvante’ è quello somministrato prima dell’intervento, con l’obiettivo di ridurre le dimensioni del tumore e rendere possibile un’operazione meno demolitiva”. Andava valutato il percorso da compiere «e una terapia medica, prima dell’intervento chirurgico, che tenesse conto della gravidanza e che consentisse a Patrizia di raggiungere una età gestazionale adeguata per il parto». Ogni anno alla Breast Unit del Cardarelli vengono affrontati 300 nuovi casi di donne colpite dal tumore al seno. “La nostra Breast Unit è seconda per numero di casi in Regione Campania – fa sapere Riccardi – abbiamo pazienti con un’età che va dai 25 agli 85 anni. Per alcune, come nel caso di Patrizia, si può intervenire prima. I dati indicano una percentuale del 40% di casi in cui il tumore viene completamente distrutto dalla terapia pre-operatoria, ma solo l’intervento ci può dare una conferma”.
“Abbiamo trattato molti tumori al seno come quello di Patrizia», ma in questo caso c’era da considerare la gravidanza e la vita del piccolo Federico che la mamma portava in seno per cui abbiamo fatto la pianificazione delle cure con il dottor Santangelo – fa sapere Riccardi – e concordato i tempi con Patrizia. A quel punto abbiamo iniziato le terapie. Prima del parto aveva portato a termine 4 cicli di chemio”. La prima terapia è stata somministrata a Patrizia il 18 giugno del 2019. “C’era la possibilità di perdere i capelli già tra la prima e la seconda chemio fissata per il 9 luglio – sottolinea – fortunatamente non è stato così, non sono mai diventata calva. Avevo molta paura di questo”.
Grazie alle cure ricevute Federico è nato a settembre, “Quando l’ho sentito piangere ho chiesto ai dottori come stesse, alla risposta positiva ho detto: “Ora fate quello che dovete, la gioia di sentire piangere mio figlio, di vederlo, è stata indescrivibile. Ho pensato: “Finalmente è qui, finalmente è fuori”.
A gennaio di quest’anno, Patrizia si è sottoposta all’intervento. Ora è alle prese con l’ultima chemio e ha iniziato la radioterapia. Mi sento piena di energie» dice, ed è proprio quell’energia e la voglia di vivere che emerge dalle sue parole. “Sono stata forte, sapevo di dover stare bene per mio figlio, per prendermi cura di lui – conclude – credo che sia stato questo a darmi la forza di affrontare una situazione che, fino a quando non la vivi in prima persona, non capisci cos’è fino in fondo. Devo molto ai medici, alla loro professionalità, all’umanità con la quale sono stata accolta e all’organizzazione messa in campo dalla direzione generale del Cardarelli”.