Gestione pandemie, scienza del XXI secolo o del XVI? (I parte)
1 Maggio 2020L’emergenza che stiamo attraversando, legata al Covid-19, ci consente riflessioni Accademiche utili per ricercare le migliori soluzioni in tema di Salute Pubblica.
Il XXI secolo è il secolo della “rivoluzione genetica” e la più recente “rivoluzione genomica”. Nonostante le grandi aspettative in merito alle potenzialità diagnostiche e terapeutiche in questo campo, tuttavia appare che siamo rimasti ancorati ad una Medicina del XVI secolo (isolamento ed incenerimento). Tale orientamento, in un Sistema sanitario nazionale di Clinical Governance che ha introdotto il principio del monitoraggio costante dei servizi, la medicina basata su evidenze (Evidence Based Medicine), la gestione del rischio sanitario (Risk Management), la gestione della malattia (Disease Management), le nuove tecnologie (Technology Assessment come l’intelligenza artificiale e “Big Data”), non è assolutamente accettabile.
La domanda che ci poniamo è la seguente: Come mai tale progresso scientifico e tecnologico sembra essere completamente ignorato?
L’emergenza che stiamo attraversando, legata al Covid-19, ci consente riflessioni Accademiche utili per ricercare le migliori soluzioni in tema di Salute Pubblica; Le nuove Scienze della Biologia Molecolare (Genomica) ci possono aiutare ad individuare, isolare e curare in primis la piccola quota di soggetti ad alto rischio, intervenendo in modo rapido ed appropriato per il controllo delle temibili complicanze. L’analisi e l’interpretazione dell’esoma (Dna codificante), ci consentirebbe una fotografia mirata e personalizzata dei soli soggetti a rischio con specifici polimorfismi che rappresentano una quota inferiore al 15% della popolazione, sui quali orientare la sorveglianza attiva o piani terapeutici dedicati. Tale modalità operativa avrebbe un forte impatto immediato, al ribasso, sulla spesa Pubblica e Sanitaria.
Dal punto di vista di pura biologia molecolare l’applicazione dell’intelligenza artificiale (sequenziamento e big-data) diventa indispensabile anche per affrontare l’emergenza Covid-19; infatti questa metodologia (Ia) ci aiuterebbe nel ricercare nel minor tempo possibile soluzioni terapeutiche, in quanto il Covid-19, come altri virus a Rna, forma distribuzioni complesse e dinamiche di mutanti in vivo (quasispecie). L’esistenza di “quasispecie” è stata già descritta fin dalla prima epidemia di Sars nel 2002-2003 proprio in Cina, descrivendo una variabilità sia intra che inter-paziente in sequenza tra le molecole di Rna genomico del virus. Ciò che potremmo osservare è che ogni popolazione di mutanti presente in un individuo infetto, può essere unica e nuova, e questo rappresenta un aspetto di estrema rilevanza nonché un limite sia per lo sviluppo di test, nuove terapie, che del vaccino. Infatti i genomi di Covid-19 depositati nei data base pubblici sono presentati come sequenza “master” e i test molecolari che vengono utilizzati fanno riferimento solo a tali sequenze. Quindi sebbene siano stati compiuti sforzi per progettare test di rRT-PCR in regioni conservate dei genomi virali, la variabilità che porta a mis-match tra i primer e le sonde e le sequenze target può comportare risultati falsi negativi.
La formazione di “quasispecie” complica lo sviluppo di vaccini “in sicurezza” contro il Covid-19 e Coronavirus in genere, infatti l’esperienza già maturata per lo sviluppo di un vaccino contro la Sars, ne ha mostrato la scarsa efficacia.
Inoltre a complicare la ricerca vanno considerati ulteriori elementi come:
1) il “peccato antigenico originale o effetto Hoskins” già descritto per il virus dell’influenza, virus dengue, virus dell’immunodeficienza umana (Hiv) e tanti altri;
2) il “potenziamento dipendente dall’anticorpo-Ade”;
3) la “vaccinoresistenza”. (Continua)
*Immunoallergologo