Giorgio Polverino, lo sport mi ha insegnato valori come la fiducia e la lealtà
16 Maggio 2021Il Covid-19 oltre a rappresentare la più grande sciagura del XXI secolo è stato ed è senz’altro un modo per evidenziare problematiche che la “quotidianità tranquilla” di qualche anno fa non faceva emergere nella sua totale drammaticità.
Il calcio dilettantistico, trascurato e danneggiato dalla pandemia aveva già molte difficoltà che la triste attuale congiuntura ha marcatamente evidenziato.
Ne parliamo con un giovane e promettente calciatore della serie minore, Giorgio Polverino, napoletano, classe 1999. L’amore sconfinato per il calcio è scoppiato nell’estate dei Mondiali del 2006. All’età di 5 anni è entrato a far parte della scuola calcio d’élite Monteruscello. Compiuti 16 anni è stato ceduto alla Casertana con la quale ha giocato il campionato professionistico Berretti. A 18 anni lascia il professionismo per terminare gli studi al liceo classico Pansini di Napoli e si cimenta nel dilettantismo. Seguono in 4 anni bellissime esperienze calcistiche fuori regione a Suio terme, Venafro, Ausonia e Sabaudia, quest’ultima interrotta prematuramente dall’emergenza Covid-19.
Come ha vissuto e vive Giorgio Polverino la paura del contagio ed il notevole disagio per le indispensabili misure restrittive?
Ho vissuto la pandemia a casa, lontano dai campi sportivi che per ovvi motivi sono stati chiusi e lontano anche dai luoghi affollati. La paura della pandemia mi ha portato ad apprezzare ancor di più la famiglia e gli amici; non nascondo che la paura che uno dei miei familiari potesse essere contagiato è stata veramente forte. D’altra parte mi sono concentrato ancor di più sullo studio e su nuove passioni come la cucina e le serie tv. Sicuramente il principio per cui sono state adottate queste misure restrittive è conforme alla situazione, ma come tutte le emergenze anche questa sta accentuando differenze sociali, che come sottolinea la nostra Costituzione non dovrebbero esserci.
Quanti danni hanno creato la pandemia, la forzata clausura e la confusa gestione politica al calcio dilettantistico?
Credo che la pandemia piuttosto che arrecare danni abbia smascherato il sistema del calcio dilettantistico: un sistema ormai obsoleto che non pensa alla crescita professionale di un ragazzo ma, purtroppo, se ne serve solo. Per non parlare delle strutture che sono inesistenti, infatti è impensabile che al giorno d’oggi ci siano campi ancora in terra battuta e spogliatoi non in grado di fornire servizi adeguati. Ma sicuramente l’aspetto più importante riguarda la mancanza di tutele che rende la strada spianata in questo settore a sciacalli e pseudo-dirigenti. Quindi dare la colpa al Covid di questa situazione mi sembra abbastanza riduttivo e superficiale.
“Lo sport serio non ha nulla a che fare col fair play. È colmo di odio, gelosie, millanterie, indifferenza per ogni regola e piacere sadico nel vedere la violenza: in altre parole, è la guerra senza le sparatorie”. (George Orwell)
Cosa Le hanno insegnato per la vita lo Sport in generale ed il Calcio in particolare?
Lo sport e, nella fattispecie, il calcio mi ha insegnato a relazionarmi con gli altri, mostrare i valori con i quali sono stato cresciuto dai miei genitori. Penso soprattutto che questo sport insegni valori come fiducia e lealtà, visto che si gioca, si soffre, si perde, si gioisce e si vince in gruppo per un unico obiettivo. Questo è il bello del calcio: la condivisione e il rispetto per il prossimo; è molto triste sentire parlare di calcio in maniera “aziendalista”, ragazzi della mia età o più piccoli che parlano di plusvalenza, diritti televisivi, sponsor, ecc…
In generale si è perso quel valore educativo del calcio dato che molti adesso sperano di diventare calciatori solo per una questione economica, senza pensare magari a quanto sia bello poter giocare una finale di Champions, una finale di Mondiale, giocare per la squadra delle propria città o della propria Nazione.