Giovanni Vennarecci, la trapiantologia epatica al Cardarelli
8 Giugno 2021“C’è un dato molto preoccupante: secondo l’Istat, l’Italia nel 2020 ha avuto circa 30mila morti in più rispetto a quelli attribuiti a Covid e a quelli attesi per le altre patologie”. Vittime silenziose, collaterali, di qualcosa che si consuma lontano dai riflettori. A lanciare l’allarme è Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, che all’Adnkronos Salute traccia un quadro di quelli che sono i pazienti che più hanno risentito dell’ondata di Covid-19 che ha travolto gli ospedali. “Questo dato ci preoccupa, perché può essere la conseguenza finale anche delle cosiddette malattie trascurate causa pandemia”.
Di questo grosso problema legato, purtroppo, all’attenzione quasi esclusiva al Covid-19 parliamo con un Luminare della Chirurgia.
Il Dott. Giovanni Vennarecci è esperto in Chirurgia Generale.
Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università La Sapienza di Roma nel 1991, si è specializzato presso l’Università Tor Vergata nel 1997 ed ha completato la sua formazione con numerosi corsi di aggiornamento in Italia e all’estero.
Si occupa principalmente di chirurgia del fegato, tumori del fegato, trapianti di fegato, chirurgia laparoscopica, chirurgia oncologica addominale, tumori del pancreas e delle vie biliari.
Già Dirigente Medico di II livello presso la Divisione di Chirurgia Generale e Trapianti di Fegato del San Camillo Hospital, il Dott. Vennarecci è attualmente Direttore della UO di Chirurgia Epatobiliare e Trapianti di Fegato presso l’AORN Cardarelli di Napoli.
Ha eseguito numerosi interventi chirurgici come primo operatore.
È inoltre autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali ed internazionali.
Come ha vissuto e vive Giovanni Vennarecci la paura della pandemia ed il notevole disagio legato alle indispensabili misure restrittive?
Sicuramente alla iniziale paura ed incertezza di un eventuale contagio con un virus responsabile di una patologia grave e per lo più sconosciuta e di una diffusione dello stesso tra i nostri pazienti, nel tempo è subentrata la voglia di resistere all’impatto devastante della pandemia e di rispondere alle esigenze dei pazienti afferenti alla mia Unità Operativa mantenendo attivi i servizi che eroghiamo. In particolare, grazie alla diffusione dei test rapidi e dei tamponi molecolari, abbiamo continuato a mantenere attivi gli ambulatori e le sedute operatorie, garantendo i livelli assistenziali di cui i pazienti hanno diritto. Sebbene i pazienti siano costretti a subire maggiori disagi relativi alla necessità di eseguire i tamponi prima di ogni procedura invasiva, ad oggi, la macchina organizzativa del Cardarelli ci consente di avere risposte in tempi estremamente rapidi. Questo facilità il nostro lavoro nella gestione dei ricoveri, delle sedute operatorie e delle procedure invasive e minimizza i disagi per i nostri pazienti.
Quanto ha influito la pandemia sul rallentamento dei controlli delle malattie oncologiche ed epatiche?
Il nostro lavoro di chirurgia epatica e trapianti di fegato in ospedale non si è mai interrotto. Anche durante i momenti peggiori della pandemia abbiamo continuato anche se l’attività ha subito un rallentamento a causa della riduzione dei posti letto e poi ciò che in definitiva ha influito sul ritardo è stata maggiormente la paura del paziente di recarsi in ospedale per sottoporsi agli esami diagnostici e alle visite di screening. Per questo motivo, lo spettro di patologia che abbiamo incontrato negli ultimi due anni è cambiato nel senso della gravità, con quadri clinici più severi di quanto accadesse prima del Covid.
Qual è la situazione attuale della donazione d’organi e dei trapianti in Campania?
La situazione della donazione di organi nella Regione Campania è ancora non all’altezza del resto del paese e delle esigenze dei pazienti in attesa di trapianto di fegato nella nostra Regione. Ad oggi, il tasso di donazione è di circa 8-9 donatori per milione di abitanti ogni anno. Di questi donatori, solo una quota riesce poi effettivamente a produrre organi da poter utilizzare per il trapianto. Questo fa sì che ad oggi in Campania vengano trapiantati di fegato circa 35-40 pazienti ogni anno. Ciononostante, i tempi di attesa e rischi di uscita dalla lista sono simili a quelli di altre regioni d’Italia. Una incentivazione alla donazione garantirebbe ai pazienti campani un beneficio dovuto ad un aumento quantitativo e qualitativo delle risorse disponibili a fini trapiantologici. Si registra ancora una percentuale significativa di pazienti che emigrano verso altre regioni del centro-nord per aver un trapianto. Dunque, lo sforzo maggiore nei prossimi anni sarà di cercare di contenere questo fenomeno della migrazione sanitaria, ma per far ciò abbiamo bisogno di maggiori risorse a disposizione.
Quanti i trapianti di fegato realizzati dal suo arrivo ad oggi?
Un totale di 82 trapianti, di cui 35 nel primo anno, 31 nel secondo, e 16 fino ad ora. Dunque, con un impatto minimo della pandemia sull’attività trapiantologica del nostro Centro. Le sopravvivenze sono intorno all’85-90% ad un anno dl trapianto, in linea con quelle nazionali. La maggior parte dei pazienti che abbiamo trapiantato sono affetti da cirrosi post-epatite B, da epatocarcinoma, da cirrosi dismetabolica. Un quadro epidemiologico diverso dal resto del paese dove l’epatite B rappresenta una quota minoritaria. A breve avremo anche la autorizzazione a trapiantare i pazienti sieropositivi nell’ambito di una collaborazione con l’ospedale Cotugno.