I bimbi, spugne dei malesseri degli adulti
27 Gennaio 2024 Off Di Corrado CasoIl maestro, un uomo sulla cinquantina con il volto incorniciato da un segmento di barba bianca, si alzò di scatto spingendo la sedia della cattedra contro il muro. Era, forse, contrariato dal fatto che nessuno di noi seguiva la lettura del solito “secchione” del primo banco “Il pattino d’argento”. Il maestro ci guardò e non sorrise. Disse “dettato”.
Il dettato insieme alla matematica era la madre di tutte le battaglie, dove la matita rossa e blu del maestro si sbizzarriva e il voto finale era per alcuni uno zero meno meno.
Presi la penna, un sottile astuccio di legno colorato. Intinsi il pennino nel calamaio del banco. Lo poggiai sul foglio del quaderno senza accorgermi che lungo il pennino scendeva una goccia di inchiostro nero come pece. Si posò con i margini indefiniti. A quei tempi eravamo dotati di carta assorbente. La presi in fretta e la stesi sulla macchia. La carta trasudava, si colorava di nero, l’inchiostro si spandeva senza arrestarsi. Divenne un’isola geografica, dai contorni frastagliati.
I bambini sono, la carta assorbente della vita e lo diventano maggiormente in periodi particolari ed emotivamente coinvolgenti.
Inizia così il loro viaggio nella caverna delle ombre tra i fantasmi, le emozioni, i disturbi del sonno, l’ansia, le alterazioni comportamentali e relazionali, il presente, il futuro.
La pandemia, sottolinea Franco Pastore nel saggio “Pandemia”, è una perdita di affetti, di sicurezze. Chiude le scuole, allontana gli insegnanti, i nonni, gli amici, disperde i luoghi di aggregazione. Nei nuclei familiari in quarantena i piccoli assorbono dai grandi, le macchie, le paure, le ansie. I grandi, per un processo di reciprocità, sviluppano un patologico istinto di protezione. Viviamo di gesti e parole, di una televisione dell’audience che riporta follia e saggezza, violenza e dedizione. Tutto ciò che viviamo diventerà una traccia indelebile nel futuro delle categorie psicologicamente e fisicamente più fragili. Determinerà una barriera, una distanza di sicurezza con l’altro perché la Pandemia è la Peste descritta da Marsilio Ficino (1478/79) “un vapore velenoso che entra per la bocca, il naso e tutti i pori”. Il suo retaggio nel romanzo di Camus “la Peste” è l’allegoria di ogni male che è nell’uomo. Diventa occasione di sopraffazione, confusione ma, di molti altri, narrerà sacrificio e alterità.