I “tormenti” degli adolescenti mettono in crisi gli adulti (I parte)
13 Luglio 2020Le paure adolescenziali si ripercuotono pari pari sul mondo degli adulti che non riescono più controllarle e a gestire al meglio il rapporto con le nuove generazioni.
Cosa accade agli adolescenti? Come mai la loro “crisi” ci mette in crisi? L’adolescenza e le sue vicissitudini sono considerate da autori di differenti orientamenti (in modo particolare psicodinamico e sistemico-relazionale) come un crocevia problematico, in cui, non solo a livello personale ma anche delle relazioni familiari, si individuano momenti di crisi e di successiva ristrutturazione. Durante questa fase del ciclo vitale, infatti, la crisi è intesa nel suo significato etimologico di separazione e scelta all’interno di un processo evolutivo, dove ogni tappa comporta una lacerazione, spesso dolorosa, rispetto alla precedente e una ridefinizione delle relazioni intra ed extra-familiari, dei confini interni ed esterni, per consentire alla famiglia di riorganizzarsi in un nuovo assetto maggiormente funzionale. La separazione fisica e mentale dalla famiglia è la meta del lungo e turbolento processo che durante l’adolescenza porta all’autonomia, allor quando la personalità subisce una profonda trasformazione a tutti i livelli di esperienza, si manifestano conflitti attraverso i quali l’adolescente lotta per definire un’identità unicamente sua, a partire dall’identificazione con i genitori (Ackerman, 1958) e, nello stesso tempo, la famiglia tutta (genitori, figli e famiglia allargata), con la sua organizzazione, i suoi miti, i suoi valori, le relazioni intra ed extra-familiari, vive le turbolenze della “separazione-individuazione” ed è messa in discussione nell’equilibrio raggiunto fino a quel momento. Ecco come mai la loro “crisi” mette in crisi i genitori! La “separazione – individuazione” non è un processo unidirezionale, realizzato cioè solo dai figli, ma deve avvenire contemporaneamente anche per i genitori, altrimenti l’adolescente rischia di trovarsi di fronte resistenze genitoriali difficili da superare che lo confonderanno rispetto alle proprie spinte interne e, scoprendolo arrabbiato e confuso, i genitori a loro volta inaspriranno le loro posizioni rigide, in un circolo vizioso senza fine.
Come attrezzarsi allora al cambiamento evolutivo di questa fase del ciclo di vita? Tra le diverse competenze nuove che la famiglia deve acquisire per aiutare se stessa e il figlio-adolescente ad affrontare il cambiamento e l’indipendenza emotiva da un lato, ma rimanere, dall’altro, una “base sicura” nei momenti di difficoltà, l’ingrediente fondamentale è la flessibilità sia nelle regole sia nella struttura familiare. Il sistema familiare, infatti, deve affrontare il difficile processo di modifica dei legami interni alla famiglia e di articolazione con gli altri sistemi sociali, garantendo l’appartenenza dei membri e fornendo una “base sicura” da cui partire per “l’esplorazione del mondo” e, al tempo stesso, consentire la separazione. Il processo evolutivo si dipana proprio nell’equilibrio tra appartenenza e separazione. Il giovane figlio sente di far parte del sistema familiare ma vive anche la pulsione verso l’esterno, verso il gruppo dei pari, con cui sente di condividere valori e ideali. Questo processo, che è parte della “separazione-individuazione” (Blos, 1971), è piuttosto complesso e per realizzarsi compiutamente richiede che siano stati interiorizzati rapporti stabili e di fiducia tra i membri della famiglia.
Dal punto di vista delle regole, i genitori, in questo momento, devono essere pronti ad una modifica nello stile educativo che va di pari passo con la perdita di autorità sui figli e che richiede di esporsi al confronto sulle motivazioni che sorreggono le loro proposte o i loro divieti. Quando i genitori vietano qualcosa ai figli non possono nascondersi dietro la frase “perché te lo dice mamma o papà”, ma argomentare e spiegare le motivazioni, cercando di gestire l’atteggiamento oppositivo dei figli con flessibilità, evitando gli eccessi insiti sia nell’instaurare un rapporto amicale, che li ponga sullo stesso piano gerarchico dei genitori, sia nell’inasprire le regole, credendo di recuperare così, attraverso una maggiore rigidità educativa, il controllo sui figli, alternative che invece conducono nel primo caso ad alterare la bontà del rapporto genitori-figli dal punto di vista gerarchico e, nel secondo caso, a chiudere la comunicazione tra le due generazioni. (Continua)
*Psicologa-Psicodiagnosta, Psicoterapeuta sistemico-relazionale