Il Coronavirus non ferma il … dalli al medico
20 Aprile 2020Responsabilità penale del medico ai tempi dell’epidemia di Covid-19 e scelte tragiche: viaggio nella giungla degli emendamenti alla legge di conversione del decreto legge “Cura Italia”.
La miccia è scattata per la pubblicazione di un non felice post, divenuto virale, che sollecitava consulenze gratuite in favore di pazienti contagiati da infezioni ospedaliere. In pratica, tale messaggio, in termini non espliciti ma sicuramente inequivocabili evocava l’esercizio di possibili azioni risarcitorie legate alla trasmissione in un contesto nosocomiale del virus Covid-19. Tale iniziativa, ovviamente, ha innescato una serie di reazioni a catena sia da parte di alcuni Ordini Forensi che da parte della FNOMCeO, offrendo lo spunto per rilanciare il dibattito sulla depenalizzazione della colpa medica, quantomeno per tutto il periodo di durata dell’emergenza in atto. Ad oggi, non risulta essere facile ricostruire con precisione il quadro delle proposte in campo poiché trattasi di formulazioni estrinseche o, comunque, disomogenee rispetto ai contenuti dell’articolo cui si riferiscono, pur rientrando, più o meno, genericamente nell’oggetto del decreto in corso di conversione.
Le diverse proposte possono essere, in realtà, classificate in tre gruppi: a) gli emendamenti che delineano l’esclusione della responsabilità personale di ordine penale, civile, contabile e da rivalsa degli esponenti e dei dipendenti delle strutture sanitarie per i casi di contagio del personale o di terzi; b) gli emendamenti che profilano la limitazione al dolo ed alla colpa grave delle responsabilità civili, erariali e penali per gli eventi avversi verificatisi durante o a causa dell’emergenza epidemiologica; c) gli emendamenti che prevedono forme di monetizzazione dei rischi biologici di contagio cui sono esposti i dirigenti medici ed i sanitari. A quest’ultimo gruppo, poi, si possono associare le proposte relative alla deroghe dei parametri reddituali di accesso al gratuito patrocinio.
L’attenzione dell’esperienza giuridico penalistica è sollecitata prevalentemente dagli emendamenti del primo e del secondo gruppo, anche se, pure le proposte del terzo gruppo non sembrano essere prive di interesse nella misura in cui recano l’implicita confessione della violazione delle regole sul contenimento del rischio biologico nell’attività degli ospedali e, più in generale, delle strutture sanitarie, non solo nei reparti di medicina d’urgenza, di terapia intensiva e di rianimazione. Al di la di tutto, i dati disponibili, evidenziano che nella maggior parte dei casi i procedimenti relativi ad ipotesi di colpa professionale si concludono nella fase delle indagini preliminari con la richiesta di archiviazione che il Pubblico Ministero, di solito, formula dopo il deposito della relazione del consulente nominato ai sensi dell’articolo 360 codice procedura penale. Nell’esperienza applicativa questo accertamento esordisce con una marea di avvisi di garanzia a tutta la platea di professionisti che, secondo le cartelle cliniche, sono stati in servizio durante il trattamento medico chirurgico da investigare o comunque hanno avuto contatto con il paziente. In tal modo, accade che le indagini colpiscano un numero di medici di gran lunga superiore a quello degli autori degli atti di diagnosi e cura che saranno vagliati nella consulenza, medici che per un tempo spesso non breve, resteranno indagati con tutte le ripercussioni che conseguono all’iscrizione nel registro delle notizie di reato, anche a prescindere dall’ipotesi, non certo rara, degli ulteriori effetti pregiudizievoli di una qualche esposizione mediatica del caso. Ebbene, in relazione al periodo emergenziale che stiamo vivendo, gli avvisi di garanzia rivolti ai medici, potrebbero aumentare a dismisura se non si riesce a trovare una soluzione politica a questa problematica.
Le possibili contromisure saranno valide ed efficaci solo se terranno ben presente tre coordinate empiriche del problema: a) occorre comprendere che il rischio attuale e concreto da scongiurare non è quello di improbabili processi o ancora più remote condanne. Ciò che bisogna evitare ai medici è, per quanto possibile, la “sofferenza” di indagini prolisse e non mirate; b) in questa prospettiva, non solo la riforma della colpa professionale forse non è necessaria e di sicuro non è sufficiente. Oltre agli interventi sul diritto penale sostanziale occorre intervenire sul diritto processuale penale ed oltre agli interventi sul sistema punitivo occorre l’apporto di rimedi deflattivi, anche non immediatamente correlati alla dimensione sanzionatoria; c) alla luce delle provvisorie ed ancora frammentarie conoscenze attuali non sembra che sia andato tutto bene. Tutt’altro, qualcosa è andato sicuramente storto. Certo non si tratta di ventilare una resa dei conti tra articolazioni del Sistema sanitario nazionale nei corridoi delle Procure o, peggio, mega inchiesta per concorso omissivo in epidemia, ma non per questo sarebbe giustificabile che si rinunciasse a priori ad accertare in relazione a puntuali, specifiche e consistenti congetture accusatorie, circoscritte ipotesi di responsabilità come, ad esempio, nel caso di alcuni ospedali divenuti focolai dell’epidemia, oppure, di talune residenze sanitarie assistite.
In ogni caso, al di la di queste ipotesi, è auspicabile che in sedi diverse da quelle giudiziarie sia condotta una profonda riflessione su quello che è accaduto ed ancora continua ad accadere, senza imputati o gogne ma solo testimoni, solo alla ricerca della verità, senza la caccia alle colpe o alle responsabilità.
In conclusione, si dovrebbe seriamente ragionare sull’adozione di un provvedimento generale senza il quale la prognosi della giustizia penale del dopo epidemia rischierebbe di essere infausta. Ad esempio, il rischio di un ingente numero di procedimenti penali potrebbe essere affrontato con un’accorta gestione dei criteri di priorità e con l’adozione di protocolli di indagine ben mirati. Infatti, anche senza una disciplina specifica i capi delle Procure potrebbero convenire che le denuncie-querele relative ad accuse di omicidio e lesioni colpose connesse con il contagio da Covid-19 siano trattate con assoluta priorità, affidando i fascicoli ad un pool di pubblici ministeri ed ai consulenti si potrebbe chiedere di selezionare nei tempi più rapidi e, comunque, rigorosamente prestabiliti, i casi nei quali risulti palesemente assente ogni profilo di responsabilità e per i quali ovviamente i pubblico ministero titolari potrebbero procedere, immediatamente, alla richiesta di archiviazione. In tal modo, sarebbe possibile censire le effettive dimensioni delle indagini destinate a proseguire, avendo, altresì, una prima non sommaria cognizione dei profili di responsabilità che alla luce del diritto e degli indirizzi giurisprudenziali attuali potrebbero approdare al processo.
Solo a questo punto, sarebbero disponibili gli elementi per una elaborazione fondata su presupposti corretti e sarebbe possibile formulare un’eventuale riforma (circoscritta o meno all’emergenza) in grado di correggere le distorsioni che l’applicazione dell’articolo 590 sexies codice penale potrebbe comportare ove non permettesse di valutare le condizioni estreme nelle quali le scelte tragiche sono state assunte.