Incarichi ex articolo 18 Ccnl della dirigenza medica
8 Novembre 2018In tempi di aspre polemiche sugli incarichi “provvisori” in sanità che durano una vita, ed a volte anche di più, mediante “trasmissioni ereditarie”, dare semplicemente uno sguardo alla norma che disciplina la materia non è fuori luogo. Magari giova.
In merito agli incarichi di sostituzione relativi alla nomina provvisoria dei Responsabili delle Unità Operative Complesse nell’attesa della predisposizione delle procedure concorsuali ordinarie, preliminarmente, si ritiene opportuno ricordare quanto stabilito dall’articolo 18 del CCNL della Dirigenza medica e Veterinaria, in virtù del quale l’incarico di sostituzione del Dirigente di Struttura Complessa per sua assenza o per impedimento o cessazione del rapporto di lavoro, può essere affidato esclusivamente ad atro Dirigente della Struttura medesima con i seguenti criteri: a) il Dirigente deve essere titolare di incarico di Struttura Semplice o di Alta specializzazione o, comunque, di tipologia C di cui all’articolo 27; b) valutazione comparata del curriculum prodotto dai Dirigenti interessati.
Tale incarico di sostituzione potrà avere una durata massima di sei mesi prorogabile per ulteriori sei mesi in attesa che l’Amministrazione interessata ponga in essere le procedure selettive per l’affidamento dell’incarico definitivo.
Sempre tale articolo 18, al comma 7, statuisce che qualora la sostituzione si protragga continuativamente oltre i primi due mesi al dirigente interessato competerà un’ulteriore indennità mensile, oltre a quelle percepite regolarmente di diritto, per l’incarico svolto.
Detto ciò, pare opportuno ricordare che nella maggior parte dei casi, per non dire praticamente sempre, la scelta del Dirigente cui affidare l’incarico provvisorio, risulta essere priva di qualsiasi motivazione con palese violazione dei canoni di trasparenza ed imparzialità senza alcun rispetto dei principi di correttezza e buona fede in capo alla pubblica Amministrazione, necessari per garantire il controllo e l’osservanza sia delle regole sancite dai CCNL di settore, sia dei sopra citati principi di carattere generale.
In tal senso, già la Corte Costituzionale ha enunciato il principio che la scelta dei Dirigenti cui conferire incarichi dirigenziali deve essere necessariamente ispirata ai canoni del giusto procedimento e dell’imparzialità anche mediante ricorso ad adeguati criteri nonché a giuste procedure comparative di scelta (cfr. Corte Costituzionale – Sentenze n. 275/2001, 233/2006, 103/2007, 104/2007).
Medesimo orientamento è stato indicato, anche, dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha statuito che il potere datoriale in materia di conferimento di incarichi dirigenziali, violerebbe l’obbligo di correttezza e buona fede, ove l’incarico fosse affidato in mancanza di un’adeguata ed attenta valutazione comparativa di tutti i possibili candidati (cfr. Cass. Sez. lavoro 14.04.2009 n. 9814).
La stessa Regione Campania, in relazione all’osservanza dei criteri cui deve attenersi l’Ente datore di lavoro per tali nomine, con deliberazione n. 314 del 2007, pubblicata nel B.U.R.C. serie speciale del 23.03.2007, ha stabilito specifiche linee guida di indirizzo, dettando i criteri generali per la valutazione comparativa curriculare e l’attribuzione degli incarichi dirigenziali, prevedendoli analiticamente in relazione a: titoli di servizio, titoli di studio, pubblicazioni ed attività formative e professionali.
Inoltre, tale atto deliberativo regionale prescrive che nei bandi di selezione indetti dalle Aziende dovranno essere richiamati i criteri generali approvati con esso e che questi, dovranno applicarsi anche per le procedure di selezione per gli incarichi di sostituzione ex articolo 18 CCNL per quanto concerne la Dirigenza medica e veterinaria.
Ed, ancora, va evidenziato che la Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con Sentenza n. 15764 del 19.07.2011 ha statuito che, anche, se l’atto di conferimento di un incarico è una scelta di carattere fiduciario di tipo negoziale, deve essere, comunque, coordinato con le esigenze di buon andamento della pubblica amministrazione atteso che, secondo il più recente orientamento della Giurisprudenza della Corte Costituzionale, il D. Lgs. n. 502 del 1992, articolo 15 ter comma 2, nel fissare l’obiettivo di “principio” della designazione del Direttore della Struttura Complessa del Servizio Sanitario Nazionale sulla base di una rosa di candidati idonei, selezionata da un’apposita commissione, statuisce che è sempre necessario adottare modalità procedimentali atte a garantire le condizioni di un trasparente ed imparziale esercizio dell’attività amministrativa (cfr. Corte Costituzionale Sentenza n. 181/2006).
La sopra citata Sentenza della Corte di Cassazione ha, altresì, statuito che la scelta del Direttore Generale deve essere ispirata al criterio del buon andamento e del buon funzionamento della Pubblica Amministrazionema, poiché nel caso di specie ci troviamo in un contesto di lavoro pubblico contrattualizzato, tale principio non potrà essere adottato come obbligazione sussidiaria e strumentale poiché in un tale contesto, l’obbligazione sorge per effetto dell’instaurazione di un rapporto contrattuale di lavoro che, peraltro, vieta pratiche discriminatorie, tutelando il dirigente al quale sia stato preferito altro candidato senza motivazione alcuna o in ipotesi, a titolo discriminatorio, da parte del Direttore Generale o, ancora, in totale dispregio dei principi di correttezza e buona fede, fondamentali in ogni rapporto obbligatorio contrattuale nel rispetto non solo degli articoli 1175 e 1375 del codice civile ma, anche, di un attuale ed univoco orientamento della Corte di Cassazione.
Purtroppo, fin troppo spesso, nell’ambito sanitario, le Aziende ovvero i Direttori Generali nel procedere alle nomine dei sostituti che dovranno provvisoriamente ricoprire gli incarichi di Responsabili di Strutture Complesse, nonostante vi sia ampia normativa e siano chiari i principi cui doversi attenere per procedere alle nomine, che si ribadisce non potranno essere di una durata superiore a dodici mesi (sei mesi prorogabili di altri sei mesi) e nonostante, in tal senso, vi sia ampia Giurisprudenza non solo della Suprema Corte di Cassazione ma, addirittura, della Corte Costituzionale, non applicano i suddetti criteri e non rispettano la durata massima dell’incarico che, in alcuni casi, si protrae addirittura per anni consecutivamente.