Iperprescrizione, nessuna condanna se vi è necessità
17 Giugno 2019Una recente sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di Lecce assolve il medico prescrittore dall’accusa di non aver rispettato le Linee guida ministeriali.
La questione è controversa perché certamente l’iperprescrizione del medico curante non sempre trova giustificazione. È vero però anche il contrario per tutte quelle volte che il medico di famiglia, per evitare di iperprescrivere, finisce per andare nell’eccesso opposto. Come sempre la soluzione al dilemma sta nel guardare caso per caso, senza mai dimenticare che il terminale finale di questa scelta è la persona ammalata.
Intanto, dal tribunale di Lecce giunge un verdetto, in controtendenza rispetto ad analoghe pronunce, e decisamente favorevole al medico prescrittore.Il Giudice del lavoro, ha ritenuto legittimo il comportamento del professionista. Venendo alla fattispecie concreta, il medico si era visto togliere dallo stipendio 276 euro per 12 mensilità (complessivamente oltre tremila euro), per avere prescritto, tra il 2013 e il 2014, in favore di una sola paziente, su indicazione dell’Utic di Casarano, bombole di ossigeno gassoso, oltre le prescrizioni previste nelle linee guida in materia. I giudici hanno accolto il ricorso del medico, condannando la Asl a restituire l’importo oltre a interessi e rivalutazione.
“Al di là delle questioni relative al carattere cogente di tale linee guida e delle conseguenze derivanti da eventuali violazioni – si legge nella sentenza – si deve rilevare che esse sono finalizzate ad evitare sprechi, il che presuppone normalmente condotte reiterate e relative ad una pluralità di casi e di pazienti, apparendo invece difficilmente compatibile con prescrizioni nei confronti di un’unica paziente, tanto più ove si consideri che esse erano assistite da una espressa ‘autorizzazione utilizzo farmaco al di fuori delle indicazioni fornite dal ministero della Salute’”.
Dunque, per il Tribunale, “trattandosi di un unico episodio e dati gli importi certamente non elevati del presunto ‘spreco’, non vi sono elementi per ritenere che vi sia stato dolo o colpa grave”. Piuttosto è un altro aspetto a preoccupare il giudice: “Il medico potrebbe essere costretto a dover scegliere di non prescrivere un farmaco, pure ritenuto necessario o comunque utile per la cura di un paziente, per evitare trattenute sullo stipendio (così correndo però il rischio di eventuali azioni di responsabilità da parte del paziente)”.
“Ne consegue che una interpretazione così rigida e rigorosa del valore delle “linee guida” e degli effetti di eventuali violazioni delle relative prescrizioni o indicazioni – scrive il giudice – appare pericolosa rispetto alle esigenze di tutela del diritto alla salute – ex art. 32 Costituzione – potendo porre il medico di fronte a dubbi di difficile soluzione tra il timore di responsabilità nei confronti dei pazienti (con la possibilità di eventuali eccessi della cd. “medicina difensiva”) e rischi di trattenute sullo stipendio conseguenti a prescrizioni che egli ritiene necessarie nel caso di specie, ma non conformi alle linee guida”. “È evidente quindi – afferma ancora il giudice – che un qualche margine di discrezionalità deve essere lasciato al medico e che la sua responsabilità personale può essere ravvisata solo in caso di dolo o di errore grave conclamato”.