Ipertensione arteriosa polmonare
9 Maggio 2019A partire da oggi, si terrà a Capri la tre giorni del V focus nazionale per parlare di una malattia rara che, statisticamente, colpisce in Campania dai 250 ai 300 pazienti.
I maggiori esperti internazionali si ritroveranno a Capri, da oggi sino a sabato, per discutere dello stato dell’arte e delle nuove frontiere dell’Ipertensione arteriosa polmonare. A rendere possibile questo rendez-vous di esperti è ancora una volta il lavoro di Michele D’Alto, responsabile del Centro per l’ipertensione polmonare della Cardiologia universitaria dell’Ospedale Monaldi di Napoli, coadiuvato da Emanuele Romeo e Paola Argiento.
“Combattiamo un nemico subdolo e per molti aspetti ancora sconosciuto – spiega D’Alto – ma in questi anni abbiamo portato a casa importanti vittorie. Parliamo di una malattia rara, che statisticamente colpisce in Campania dai 250 ai 300 pazienti. Una malattia che purtroppo ancora oggi viene diagnosticata con anni di ritardo, riducendo così le aspettative di vita di quanti ne sono affetti”.
In questo senso la Campania è però una regione all’avanguardia. Il Centro diretto da Michele D’Alto è uno dei primi in Italia, con pazienti che arrivano da tutto il territorio nazionale. “Trattandosi di una malattia rara – spiega il cardiologo – la strategia è quella di avere sul territorio nazionale una rete Hub and Spokes, questo ci permette di curare meglio i pazienti e garantire le migliori prestazioni oggi disponibili”.
L’Hub and Spokes, detto in maniera più semplice, è un modello organizzativo preso in prestito dall’aviazione civile americana, che parte dal presupposto per cui determinate condizioni e malattie complesse hanno bisogno di competenze specialistiche. Non possono quindi essere assicurate in modo diffuso e capillare su tutto il territorio. Per questo motivo l’organizzazione ottimale prevede la concentrazione della casistica più complessa in un limitato numero di sedi (Hub, o centri di eccellenza come quello del Monaldi), collegati a centri periferici (Spokes) dai quali vengono inviati i casi sospetti.
L’Ipertensione arteriosa polmonare è però un nemico insidioso, perché “presenta al principio sintomi molto generici come l’affanno o una stanchezza inspiegabile, sintomi che possono essere facilmente associati ad altre patologie cardiache e respiratorie. La malattia può colpire tutti, ma preferenzialmente compare nelle donne tra i 20 e i 50 anni. Esistono poi delle forme familiari che hanno un esordio in età pediatrica e che sono particolarmente aggressive”.
Ma in cosa consiste la malattia? “Le arteriole polmonari – afferma il responsabile – si restringono, il ventricolo destro trova così un ostacolo molto importante e dunque si dilata. Questo porta inevitabilmente ad uno scompenso. Non sappiamo cosa determini la malattia, ma negli anni siamo riusciti a migliorare di molto la sopravvivenza dei pazienti”.
Fino a 10 anni fa l’emivita (aspettativa di vita media) era molto bassa, oggi ad un anno è del 96% e a 5 anni ci si avvicina all’80%.
Per D’Alto la sfida è ora quella di “mettere in condizione i medici dei centri Spoke di sospettare la malattia e quindi di inviare i pazienti per ulteriori controlli e per una eventuale diagnosi. Per i medici di famiglia è un compito molto difficile perché ogni medico ha una probabilità nella vita di vedere al massimo uno o due pazienti con questa patologia”.
Se nei primi anni del 2000 la rivoluzione è stata rappresentata dalle nuove molecole, la conquista dei giorni nostri è stata quella di comprendere che la vera differenza è nell’approccio terapeutico. Il Congresso di Capri servirà anche e soprattutto a mettere a confronto i maggiori esperti del mondo e ad implementare così il network che consente lo scambio di conoscenze e la collaborazione internazionale. “L’unica possibilità di vincere la sfida – conclude D’Alto – quella di unire le forze e lavorare in squadra”.