Isolamento, obesità e malattie cardiovascolari
13 Giugno 2020La quarantena necessaria a ridurre la circolazione del virus ha comportato ridotta attività fisica e dieta malsana, con effetti a lungo termine sulle malattie cardiovascolari.
I dati raccontano di una Campania che ha il 44% di bambini in eccesso ponderale, contro una media nazionale del 33%. Questo conferisce alla nostra regione il primato non invidiabile di essere la prima d’Italia. Questo significa che l’aumento degli obesi legato all’isolamento domiciliare qui ha prodotto danni ancora maggiori.
“I cardiologi si preparino ad affrontare il probabile aumento dell’obesità che seguirà alla pandemia” e gli Stati si preparino a “intraprendere un’obbligatoria azione globale a sostegno di una dieta sana e di un’attività fisica per incoraggiare le persone a tornare a corretti stili di vita”. Queste le conclusioni di un articolo italiano sul cosiddetto “Effetto Pandemia”, pubblicato sulla rivista European Journal of Clinical Nutrition (Gruppo Nature) e condotto da ricercatori dell’Università Modena e Reggio Emilia.
Nel 1918, immediatamente dopo la fine dell’epidemia di Spagnola, “i decessi causati da eventi cardiovascolari avevano superato quelli per altre cause, inclusa la polmonite sovrapposta”, e questo fenomeno potrebbe vedersi anche nel caso dell’epidemia Covid, si legge nell’articolo, che vede come prima autrice Anna Vittoria Mattioli. La quarantena necessaria a ridurre la circolazione del virus, infatti, ha comportato “ridotta attività fisica e dieta malsana, con effetti a lungo termine sulle malattie cardiovascolari”.
Una recente revisione di studi sull’impatto psicologico della quarantena ha riportato sintomi di stress post-traumatico, confusione e rabbia. “A causa dell’ansia della paura di carenza di cibo, durante una pandemia le persone tendono ad acquistare maggiormente alimenti confezionati e di lunga durata piuttosto che alimenti freschi. Ciò porta a un aumento di peso e a una riduzione dell’assunzione di antiossidanti” ovvero frutta e verdura fresche, la cui assunzione, tipica nella dieta mediterranea, contrasta l’ipertensione e l’aterosclerosi. Durante la quarantena, inoltre, “l’ansia e lo stress possono aver portato a mangiare peggio, un’associazione provata da diversi studi scientifici”. Tra gli effetti della quarantena nel lungo periodo, vi anche la riduzione dell’attività fisica che contribuisce, oltre all’aumento di peso, all’aumento dello stato infiammatorio nell’organismo, che a sua volta, “potrebbe innescare l’attivazione di placche preesistenti” di aterosclerosi. Nonostante le raccomandazioni di tenersi in allenamento anche a casa, infatti, “solo pochi lo hanno fatto”. E comunque, pur essendo disponibili “migliaia di video di allenamento in casa su Internet”, gli autori sottolineano che eseguire continuamente un esercizio fisico senza la supervisione di un esperto “può causare gravi lesioni a lungo termine”. Ad allarmare, inoltre, il rischio che tutto questo si cronicizzi. “Non possiamo escludere che i cambiamenti nello stile di vita persistano dopo la pandemia”, trainati dall’ansia e dallo stress connessi alla conseguente crisi economica, “portando ad un aumento del rischio cardiovascolare, principalmente nelle categorie socio-economiche basse”. In qualsiasi caso, concludono gli autori rivolti ai medici, dopo la quarantena “sarà necessario rivalutare il rischio cardiovascolare nei pazienti insieme a parametri metabolici incluso lo stato glicemico”.